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Burkina faso: In fuga dagli estremisti

La gente è costretta a lasciare quel poco che ha, in cerca di una zona più sicura e protetta
22/04/2024

Nella missione di Sandogò, dove sono arrivata alla fine di gennaio, in periferia di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, si stanno riversando molte persone che fuggono dal nord del Paese, a causa della violenza di gruppi estremisti che seminano distruzione e morte. Sono più di trecento da noi le famiglie sfollate. Alla fine di febbraio alcuni villaggi di frontiera verso il Mali e la Nigeria sono stati attaccati, mentre la gente era radunata per la preghiera, circa duecento persone tra cristiani e musulmani hanno perso la vita. La gente è costretta a lasciare quel poco che ha, in cerca di una zona più sicura e protetta. La periferia di Ouagadougou, con una popolazione di circa tre milioni di abitanti, si sta popolando, a macchia d’olio, con la costruzione di piccole case, dove una famiglia trova rifugio. Una donna, una rifugiata del nord che stiamo aiutando da un anno per pagare la retta scolastica per due nipotini, molto dignitosamente è venuta per ringraziare e ha portato un dono in natura, ma si capiva che aveva un’altra richiesta da fare. L’abbiamo incoraggiata e, con voce flebile, ci ha detto che quest’anno ci sono altri tre bambini, tre nipotini, che hanno compiuto sei anni e potrebbero andare a scuola. Evidentemente, non sono nipotini suoi, ma figli della grande famiglia del villaggio, che hanno perso il loro padre dopo che il loro villaggio era stato attaccato dai terroristi; nel fuggire, li ha presi con sé per salvarli. Sapere che questa donna povera, si è presa cura di questi bambini e che non è venuta a chiedere per sé, ma per i “suoi figli’’, ci commuove e ci interpella.

C’è, poi, la gioia di vedere una Chiesa giovane, non solo perché tanti sono giovani, ma anche per l’intenso lavoro pastorale per l’evangelizzazione. Sono ancora tanti i bambini non battezzati che fanno il percorso di catechesi, e ogni anno alla veglia pasquale si celebrano molti battesimi di adulti.

E’ bello, poi, cogliere nelle persone la cura per la propria Chiesa e un forte senso di comunità. Questo è anche frutto delle comunità ecclesiali di base. Anche nella nostra missione ci sono circa trenta comunità che si radunano per pregare e per sostenersi nella fede e nella carità, ogni mercoledì sera. Mi sto inserendo progressivamente in questa realtà, nella pastorale della nostra parrocchia dedicata a Santa Monica e composta di tre chiese. Sto cercando di imparare a esprimermi in lingua mooré, molto diffusa in questa parte centrale del Burkina, di cogliere usi e costumi, di scoprire i valori più belli e più forti del popolo burkinabé. I dolori e le ferite sono sempre più evidenti, ma una cosa mi colpisce positivamente: nei saluti, dove sempre ci si chiede “come stai” e “come sta la tua famiglia”, si conclude con un augurio, una forma di benedizione.

Il Signore risorto porti a tutti tanta pace: “Wend na n ko d laafi” (Dio ci doni pace e salute). (*missionaria comunità Villaregia)

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