Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Testimonianza diretta da Malta: l’isola che ha bloccato gli sbarchi
Da un paio di settimane Roberta Metsola, maltese, è stata riconfermata presidente del Parlamento europeo. Nel suo discorso iniziale ha posto i due problemi più grossi per il futuro europeo: pace e immigrazione. Nulla di nuovo provenendo dal fronte del Mediterraneo. Ma qual è la realtà di questo bastione strategico di isola (poco più grande dell’isola d’Elba, con una popolazione di 542.000 abitanti) che si erge nel mezzo delle acque del Mare Nostrum, il Mediterraneo, ricca di storia e di continui mescolamenti di popoli?
Fondamentale punto strategico, occupata da sempre, dai Fenici ai Romani, e nel Medioevo per 300 anni dall’Ordine dei Cavalieri di Malta, fino agli ultimi, gli inglesi, che lasciarono l’isola nel 1964. Bastione roccioso sul mare, terra di passaggio, nel 60 d.c. vi naufragò anche san Paolo, oggi molto venerato da una popolazione che al 90% si dichiara cristiana-cattolica, e che ha ricevuto la visita di tre papi, da ultimo papa Francesco, nell’aprile del 2022.
Oggi, però, il naufrago san Paolo non sarebbe più accolto! Malta oggi non è, come invece Lampedusa, l’isola degli sbarchi. Accordi, siglati con Italia, Tunisia e Libia, hanno permesso di creare attorno un cordone di controllo navale molto forte. “E se nel 2024 via mare sono arrivati solo 48 migranti, tuttavia la sera del 2 febbraio scorso - mi raccontano Bath Cachia e Gabriel Schembri, del Jesuit Refugee Service Malta -, una motovedetta della Guardia costiera italiana, a 42 miglia da Lampedusa, in acque di competenza maltese, soccorreva un barcone al cui interno c’erano otto cadaveri. Cinque uomini e tre donne, una delle quali incinta. Il barcone era stato avvistato, nella mattinata del giovedì, da un peschereccio tunisino, che aveva lanciato l’allarme. Ma si era arrivati al tardo pomeriggio, prima che le autorità maltesi girassero la richiesta al comando generale della Capitaneria di porto di Roma, che a sua volta inviava sul posto una motovedetta. Era ormai tardi: gli otto erano già morti, di fame e di freddo, probabilmente. Vittime, loro malgrado, di una partita di ping pong tra Stati”. I grossi sbarchi, mi raccontano, sono avvenuti tra il 2020 e il 2022. Più di 2.000 persone sono arrivate tramite il salvataggio in mare, attuato da navi di ong umanitarie. Poi, lo stop assoluto da parte del Governo per chi cercava in Malta un “porto sicuro” . Gli “arrivati” sono stati portati tutti al famoso centro di Hal-Far (la città dei topi). Oggi qui ci sono “solo” (mi dicono dall’agenzia governativa Awas, Agenzia per il benessere dei richiedenti asilo) 400 migranti che vivono dentro file infinite di bianchi container, roventi d’estate e umidi d’inverno, nella campagna che pare Sicilia profonda, a mezz’ora dai locali di La Valletta, sotto la gestione di Awas. Sei migranti per container nei letti a castello, un anno per giocarsi il futuro, poi ti arrangi.
La storia di Mohamad
Ti arrangi come fa Mohamad, dalla Guinea Conakry. E’ riparato sotto l’unica ombra di un alberello che si trova nella rotatoria che porta ad Hal-Far. Mi fermo, non ho potuto avere, come giornalista, il permesso per entrare nel centro nemmeno per mezz’ora. Piano piano mi avvicino, tento di parlargli, ma un pick-up si ferma nella piazzola di sosta adiacente. Mohamad fa un balzo e, in men che non si dica, ha già raggiunto quel punto. Come lui altri quattro, sopraggiungono velocemente. Chissà dove erano nascosti fino a qualche istante prima. Si avvicinano al lato conducente – siamo a Malta, e la guida è a sinistra – farfugliano qualcosa, gesticolano. Ma alla fine la macchina se ne va, e loro si dileguano, mesti nella direzione da cui sono arrivati. Non è andata bene questa volta. “Niente lavoro quest’oggi”, afferma sconsolato. “Adesso non c’è tanto movimento qui, ma alle 6 di mattina siamo in molti, e arrivano tantissimi pick-up e furgoncini a caricarci”. Parla in italiano Mohamad, e ha uno spiccato accento romano che lascia trapelare un prolungato vissuto nella capitale. Non è l’unico. In tanti, come lui, qui a Malta, arrivano dall’Italia. Un viaggio a ritroso, dalla terra ferma all’isola. Hanno i documenti in regola, permesso di soggiorno e carta d’identità italiani, e prendono con dimestichezza i voli low cost che collegano l’aeroporto di La Valletta ai principali scali d’Europa. “Stiamo un po’ lì e un po’ qui - spiega Mohamad -. Io ho il curriculum in Italia, lo aggiorno e lo porto in giro per le agenzie, ma non mi chiama mai nessuno. Almeno qui possiamo lavorare e guadagnare soldi”. Certo è lavoro nero, sottopagato, soprattutto nell’edilizia e nei campi. E’ strano pensare come uno dei più piccoli stati al mondo, un’isola lunga appena 28 chilometri e larga 13, possa offrire più opportunità del Vecchio continente. Ma è così. Malta vanta la quarta economia più alta dell’Ue, in costante crescita. Il terziario è il settore più sviluppato: oltre un quarto del Pil è legato al turismo, ci sono poi i servizi finanziari (15%) e il gaming (12%). Ma anche l’edilizia è fiorente, ovunque si costruiscono nuovi edifici, è un Paese di gru e di cantieri aperti. E ha bisogno di manodopera. “Certo a Malta non vi è disoccupazione, mi conferma Arnold Cassola, ex europarlamentare green maltese, voce critica nei confronti di entrambi i partiti di governo -, laburisti e nazionalisti stanno portando il Paese alla catastrofe. Si è ancora vicini al clima che ha portato nel 2017 all’assassinio di Daphne Caruana Galizia (giornalista e blogger che combatteva la corruzione). Ora i governi di qualsiasi colore sono impegnati con l’immigrazione cosiddetta «legale». Se vai in giro per l’isola, vedi ovunque indiani, filippini, nepalesi. Tramite agenzie private dei Paesi di provenienza, che il Governo maltese non controlla, sono arrivate negli ultimi anni, 35 mila persone, impiegate nei lavori più bassi dei servizi turistici, nella raccolta rifiuti, perfino come conducenti di autobus, nell’assistenza. Entrano con un permesso di lavoro legale, ma se perdi il lavoro, entro 10 giorni, devi trovarne un altro, altrimenti sei rimpatriato. Hanno salari bassi e qui l’affitto di due stanze costa 900 euro mensili, per cui vivono in 9 /10 per appartamento”. E’ molto indignato, Arnold Cassola, con chi dirige il suo Paese che vive sulla sperequazione: da un lato gli sfruttati legali o illegali, dall’altro, grazie a una tassazione bassa, del 5%, Malta è un paradiso fiscale, ha 70 mila aziende registrate, ed è rifugio di magnati della economia russi, arabi o libici.
Mentre mi stacco dall’isola con l’aliscafo della Virtu Ferrries, mi giro per vedere a destra i bastioni del Forte di Sant’Elmo, dove, quattro secoli e mezzo fa, i cavalieri cristiani resistettero ventotto giorni filati al bombardamento dei mori. Di fronte, le grandi cisterne dell’acqua, da sempre preziosa, qui, sull’isola della croce a otto punte, e le mura medievali. Oggi non vi è più bisogno di mura, ma di un’Europa trasparente e inclusiva, per rendere concreta un’Europa dei diritti. Cara presidente Metsola, il lavoro da fare è enorme.