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Guerra in Ucraina: conflitto minato senza via d’uscita
Le mine antiuomo non aspettano certamente i bla bla della politica per una prossima ricomposizione del conflitto ucraino-russo. E nemmeno l’utilizzo di missili americani a lungo raggio Atacms (acronimo di Army tactical missile system) da parte di Kiev sul suolo russo, per far fronte all’avanzata di Mosca nelle province russofone. Soprattutto nel Donbass, proprio da quando è iniziata l’operazione sulla linea del fronte di Kursk, l’esercito di Kiev ha perduto molte posizioni e quello russo è avanzato celermente lungo varie direttrici, verso i centri di Pokrovsk e Kostantinivka (regione orientale del Donetsk), snodi fondamentali verso Pavlograd e Dnipro a ovest e Kramatorsk e Sloviansk a nord.
Se i missili serviranno a colpire le basi russe da cui partono droni e colpi di artiglieria per l’avanzata da terra, le mine avrebbero l’obiettivo di ostacolarla o indirizzarla verso imbuti dove saranno possibili gli agguati. Nel mezzo, un Paese dilaniato da una lunga guerra e il cui futuro appoggio occidentale a oltranza resta incerto.
Una vera svolta?
Dopo oltre mille giorni di guerra e il terzo inverno alle porte, la decisione del presidente uscente Biden si inserisce in un binario imboccato da mesi, vista la limitazione geografica dell’utilizzo dei missili che potrà essere revocata, ma che, al momento, non indica una definitiva escalation. Dal punto di vista strettamente militare, alla luce dell’andamento della guerra, è evidente che sino a ora non ci sono state forniture di armi occidentali che abbiano cambiato il corso del conflitto, che si siano dimostrate, cioè, al di là della narrazione dei politici europei o della Nato, veramente dei punti di svolta: non lo è stato con i vari carri da combattimento Abrams o Leopard, né con i caccia F16, né con i missili a lungo raggio già utilizzati. Né con le batterie antimissile e i proiettili da cannone forniti dal nostro Paese.
L’allargamento del conflitto
Aumentano i costi per gli armamenti, che andranno a gravare sulla ricostruzione dell’Ucraina. Le mine antiuomo rappresentano, però, un cambio di passo o un segnale che gli aiuti militari non saranno infiniti. Un missile costa circa come 100 mila mine antiuomo, che possono essere impiegate in diversi attacchi su larga scala. Da più parti gli analisti convengono come il conflitto si stia allargando in almeno due direzioni.
La prima è il coinvolgimento sul fronte russo dei soldati della Corea del Nord, a fronte della crescente demotivazione tra i coscritti interni di ambo le parti. Di questi giorni la notizia del reclutamento di centinaia di yemeniti per combattere in Ucraina, una mossa che evidenzia i crescenti legami tra Mosca e gli Houthi, movimento filo-iraniano di fede zaydita che controlla ampie zone dello Yemen tra cui la capitale Sana’a.
La seconda il palese svuotamento dei fondi di magazzino delle fabbriche di armi occidentali, dopo aver ridotto per mesi la fornitura a Kiev, più volte sbandierata e rivendicata da Zelensky, a favore di Israele.
Non esistono mine intelligenti
La fornitura di mine antiuomo, capaci di uccidere e mutilare indiscriminatamente militari e civili, come ultimo atto dell’Amministrazione Biden fa indubbiamente discutere. Anche se Washington ha precisato che le scorte che intende inviare a Kiev saranno “mine antiuomo non persistenti”, una tipologia che dovrebbe diventare innocua dopo un periodo di tempo prestabilito e che richiede l’alimentazione a batteria per esplodere.
Anche nella loro versione tecnologicamente avanzata, queste mine rappresentano una minaccia per i civili, sia durante che dopo il conflitto, secondo la Campagna internazionale per la messa al bando delle mine (Premio Nobel per la pace nel 1997) che proprio in questi giorni ha reso pubblico il proprio rapporto annuale.
“Si possono firmare accordi di pace e cessare le ostilità, ma le mine antiuomo e i residuati bellici esplosivi sono un’eredità duratura del conflitto. Le mine antiuomo sono armi intrinsecamente indiscriminate, il che significa che, per progettazione, non è possibile che la mina venga utilizzata per colpire una persona specifica”, si legge nel rapporto. “Quindi, possono verificarsi vittime tra chiunque inneschi la mina, che sia un bambino o un soldato, così come chiunque si trovi nelle vicinanze”. L’utilizzo di questi ordigni contraddice il principio fondamentale del diritto internazionale umanitario: proteggere le popolazioni civili dai rischi della guerra.
Il rapporto evidenzia come l’anno scorso ci siano state più di 5.700 vittime nel mondo, ma che le cifre effettive sarebbero più elevate in quanto non tutti i decessi e i feriti causati dalle mine antiuomo sono documentati.
Divieto all’uso delle mine: non per tutti!
Washington, così come Mosca, non ha firmato il trattato di Ottawa del 1997, accordo internazionale che vieta l’uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di mine antiuomo. Ragione per cui si sono sentite fin qui libere di utilizzare e commercializzare queste armi.
Secondo alcune fonti di informazione, quelli che arriveranno in Ucraina con molta probabilità saranno sistemi a proiettili Adam (acronimo di Area denial artillery munition), della stessa famiglia di armamenti degli oltre 60mila proiettili Raam (Remote anti-armor mine) ricevuti ad agosto da Kiev ed equipaggiati con mine anticarro M741 e M718 che si attivano al passaggio di mezzi pesanti. Paradosso della storia: questo tipo di proiettili è stato sviluppato durante la Guerra Fredda, quando l’Unione Sovietica aveva più carri armati della Nato!
Le nuove forniture saranno equipaggiate con mine antiuomo a lunga durata M67 e a breve durata M72, che una volta atterrate dovrebbero detonare solo tramite impulso elettrico, entro un tempo di autodistruzione impostato al momento della fabbricazione.
Costi umani insostenibili di lungo periodo
L’uso di mine antiuomo ha un impatto devastante sulle comunità locali, spesso lasciando una scia di morte e mutilazioni che persiste ben oltre la fine delle ostilità. Secondo Human rights watch, anche le mine “non persistenti” rappresentano un rischio significativo per i civili, a causa di malfunzionamenti o mancata autodistruzione. La promessa di bonifica post-bellica avanzata nei mesi scorsi dagli Stati Uniti e dalla Nato suona come uno schiaffo al popolo ucraino, considerando le difficoltà e i costi enormi delle operazioni di sminamento in scenari post-conflitto. Si ritiene che a oggi almeno un quarto del territorio ucraino dovrebbe essere bonificato dalle mine anticarro o antiuomo che siano. Per sminare l’Ucraina si stima, al momento, servano almeno 34 miliardi di dollari.