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Stati Uniti: il grande duello

Il 5 novembre la scelta tra Donald Trump e Kamala Harris

Il 5 novembre 2024 circa 244 milioni americani andranno alle urne per scegliere il prossimo presidente degli Stati Uniti. Vincerà Donald Trump o Kamala Harris?

I candidati

Per il Partito Repubblicano il candidato è l’ex presidente-tycoon Donald Trump. E’ la terza volta che si candida alla Casa Bianca. Attualmente, è sotto indagine per crimini sia a livello federale che statale, con quattro accuse e una condanna già emessa. Trump respinge tutte le accuse e, nonostante i problemi legali, continua a mantenere un ampio supporto. A luglio, ha scelto il senatore JD Vance, dell’Ohio, come suo vicepresidente.

Per il Partito Democratico la candidata sarà, invece, l’attuale vicepresidente, Kamala Harris, dopo aver preso il posto di Joe Biden, ritiratosi dalla corsa il 21 luglio. La sua candidatura è storica, in quanto prima donna nera a concorrere per la presidenza degli Stati Uniti; se eletta, diventerebbe la prima donna a ricoprire la carica di presidente. Ha scelto il governatore del Minnesota, Tim Walz, come suo compagno di corsa.

Il vincitore rimarrà alla Casa Bianca per quattro anni a partire da gennaio 2025.

Chi è in testa

Secondo la maggior parte dei sondaggisti, i due candidati sono attorno al 48%, risultando testa a testa nei sette Stati chiave (Michigan, Georgia, Wisconsin, Pennsylvania, Arizona, North Carolina, Nevada) quelli che decideranno - secondo la matematica elettorale americana - la corsa verso la Casa Bianca. Nonostante la grande partecipazione al voto anticipato e il sostegno pubblico di attori e musicisti, la candidata democratica continua a essere considerata “underdog” (un’outsider, di fatto, leggermente sfavorita).

I 7 Stati dove si giocano le urne di novembre - con gli altri 43 considerati, nei fatti, non competitivi, “in tasca” all’uno o all’altro partito - sono l’ago della bilancia anche per la preferenza di minoranze etniche, capaci di determinare l’esito in un sistema che premia chi emerge vittorioso non nel voto popolare nazionale, ma nei singoli Stati.

Come più volte capitato, la corsa alla Casa Bianca, che si regge su un meccanismo di voto che vuole equilibrare rappresentanza popolare e geografica, potrebbe essere vinta da un candidato, in realtà, sconfitto nel conteggio totale dei voti.

I principali temi

Storicamente, le elezioni americane sono più concentrate sulle questioni interne al Paese (dall’economia all’immigrazione, dalla sicurezza nazionale alle armi, all’aborto) e meno sulle scelte di politica estera. In un mondo segnato dalla crisi e sempre più frammentato, la politica estera potrebbe essere in questa tornata la chiave per raccogliere il voto degli indecisi e dei giovani. Su questa parte dell’elettorato (millenials e generazione Z) pesa, comunque, l’insicurezza economica

Le elezioni presidenziali Usa 2024 saranno, però, prima di tutto, una sfida tra due idee diametralmente opposte di America: da un lato Donald Trump e dall’altro Kamala Harris. Entrambi d’accordo che l’economia sia la priorità assoluta in queste elezioni, l’approccio che propongono è molto diverso: Trump promette di ridurre drasticamente l’inflazione; Harris, invece, punta su politiche a sostegno delle famiglie lavoratrici e l’espansione del welfare. 

Sul fisco, Trump è a favore di radicali tagli fiscali, soprattutto a beneficio delle aziende e dei ceti più abbienti. Harris sostiene, al contrario, un aumento delle tasse sui redditi più alti, per finanziare programmi sociali come l’istruzione e la sanità.

Sul commercio, Trump è propenso ad attuare politiche protezioniste, tra cui l’imposizione di tariffe sui beni importati, in particolare dalla Cina, per proteggere le industrie americane e promuovere la produzione nazionale. Harris, invece, ha posizioni più miti e aperte al commercio globale, con regole che tutelino i diritti dei lavoratori e l’ambiente. 

Per quanto riguarda l’aborto, Trump ha una posizione ambigua, mentre Harris sostiene con forza il diritto ad abortire.

La politica estera

Assai meno divergenze sulle scelte che chi vincerà sarà chiamato a prendere in politica estera, campo in cui comuni sembrano le priorità, tra il fronte mediorientale, l’indo-pacifico e quello russo-ucraino.

Anche se la storia indica che questioni più lontane da casa non hanno deciso le elezioni, tuttavia, gli analisti avvertono come queste elezioni siano rilevanti per il futuro del sistema internazionale.

Con una guerra prolungata in Ucraina e una guerra sempre più estesa in Medio Oriente, entrambe in cui gli Stati Uniti hanno speso molto e in cui sono sempre più coinvolti, oltre a preoccupazioni legate alla politica estera come l’immigrazione e il cambiamento climatico, che sono in cima alle priorità di molti elettori, è chiaro che l’economia non sarà l’unico fattore a determinare il voto degli americani.

Se Trump si dice da sempre favorevole a una politica isolazionista in ambito estero, che metta fine al ruolo degli Stati Uniti come garante del sistema internazionale, Harris è intenzionata a impegnarsi nelle alleanze globali, in primis Onu e Nato, continuando a dare sostegno militare all’Ucraina. Entrambi sostenitori di Israele, seppur con delle sfumature, e della necessità di contenere l’ascesa cinese a livello globale. Diverso sarebbe l’approccio verso l’Africa con il primo che proseguirebbe la dismissione diplomatica e militare degli Stati Uniti, e la seconda che cercherebbe di migliorare i rapporti con il continente, anche in ottica anti-cinese.

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