martedì, 01 aprile 2025
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La Striscia di Gaza è senza acqua e aiuti

Sos del Consiglio norvegese per i rifugiati

Raid aerei e tank in azione a nord come a sud nella Striscia, mentre in Israele crescono le proteste. Appoggio di Donald Trump al premier israeliano Benjamn Netanyahu, per aver posto fine alla tregua. Proteste contro il governo in Israele. Il mondo non condanna i nuovi venti di guerra, mentre ribolle il Medio Oriente. A 10 giorni dalla ripresa della guerra (notte del 18 marzo), si contano oltre 1.200 palestinesi morti. La tregua a Gaza sembra ormai un ricordo lontano.

Gli attacchi israeliani hanno preso di mira varie aree della Striscia di Gaza, da nord a sud, tra cui Jabalia, Beit Hanoun, Nuseirat, Deir el-Balah, Khan Yunis e Rafah.

Sono state attaccate anche aree designate dagli stessi israeliani come zone umanitarie sicure, tra cui quella di al-Mawasi. Situata a ovest della città meridionale di Khan Yunis. Al-Mawasi è una striscia di terreno agricolo sabbioso di circa 16 km che si estende lungo la costa mediterranea, con dune e una spiaggia e una pianura nell’entroterra, che ospita in tende e ricoveri di fortuna i palestinesi sfollati dalla guerra nella Striscia.

Gli attacchi si sono aggiunti alla crescente crisi umanitaria a Gaza, dove dal 2 marzo - scadenza della prima fase del cessate il fuoco -, Israele ha bloccato tutti gli aiuti umanitari. Non è consentito l’ingresso nel territorio di cibo, acqua, carburante e medicine, ed è stata interrotta la fornitura di energia elettrica.

Il taglio delle forniture idriche esterne da parte di Israele e la distruzione sistematica delle strutture idriche hanno ridotto la quantità di acqua disponibile per i palestinesi a Gaza a soli 2 litri a persona al giorno. Nel frattempo, le malattie trasmesse dall’acqua putrida stanno dilagando nei campi e ripari di fortuna, privi di fognature e servizi igienici.

Mentre le forze di terra israeliane espandono le operazioni nel nord e nel sud di Gaza, il ministro della difesa Israel Katz a più riprese minaccia di impossessarsi dei terreni nell’enclave costiera, come strumento di pressione sulla popolazione, affinché Hamas liberi tutti i prigionieri ancora detenuti nella Striscia.

Tra le poche ong internazionali presenti a Gaza, vi è il Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc) che tramite Ahmed Bayram, portavoce per il Medio Oriente, in collegamento da Amman, ci ha raccontato della grave crisi umanitaria a cui è sottoposta la popolazione già stremata di Gaza. La sanità, ci spiega, è al collasso. Scarseggiano i medicinali. C’è enorme carenza di sangue per le trasfusioni. Con la ripresa dei bombardamenti, le persone si spostano cercando aree “sicure”, e portando con sé quel poco che hanno.

Dopo una tregua di due mesi, i combattimenti sono ripresi a Gaza. Quali sono le condizioni di vita della popolazione oggi, intrappolata tra bombardamenti e mancanza di cibo?

Questo è un duro colpo per i palestinesi, che stavano cercando di rimettere insieme le loro vite dopo mesi di privazioni e sofferenze. Con la carenza di aiuti, carburante ed elettricità, Gaza precipiterà rapidamente in uno scenario di fame e catastrofe sanitaria. Ci sono enormi preoccupazioni umanitarie, mentre l’assedio di Israele continua: stiamo già vedendo gli impatti sul campo, il prezzo di frutta e verdura fresca è inizialmente triplicato, e ora sono completamente scomparse da alcuni mercati. Il costo di tutti i beni di prima necessità sta aumentando, poiché non ci sono più rifornimenti in arrivo.

La maggior parte delle infrastrutture idriche rimanenti di Gaza è stata danneggiata o distrutta, mentre continua il blocco delle forniture idriche esterne da parte di Israele. Cosa comporta tutto questo nella quotidianità di guerra?

La decisione di Israele di tagliare la linea elettrica diretta all’impianto di desalinizzazione nella Gaza centrale, il 9 marzo, ha ulteriormente esacerbato questa crisi. Mentre, in precedenza, l’impianto era in grado di fornire acqua potabile a più di 600 mila persone, ora funziona solo con generatori che dipendono da una fornitura di carburante in calo, producendo solo circa il 12% del volume di acqua rispetto a quando la linea elettrica diretta era ancora collegata. Nrc fornisce con autocisterne l’acqua a decine di migliaia di persone ogni giorno. Se questi tagli continuano, la crisi sarà catastrofica.

In oltre 15 mesi di bombardamenti anche le scuole, biblioteche, università sono state distrutte. Cosa fare per garantire l’istruzione?

L’istruzione a Gaza è stata danneggiata più e più volte. Molti bambini cresceranno senza genitori, case o scuole. Molti hanno perso i loro migliori amici. Nessun bambino dovrebbe passare attraverso questo. L’istruzione di un’intera generazione è ora a rischio. Israele ha danneggiato numerose scuole e diversi edifici universitari. Per quanto riguarda i centri educativi, in realtà sono tutti andati completamente distrutti. I bambini hanno perso due anni di istruzione, e la cosa peggiore è l’idea che anche il terzo anno possa passare senza istruzione, rischiando di incrementare l’abbandono scolastico. Ci sono alcune iniziative di e-learning, ma non sono utili per la mancanza di elettricità, internet e computer.

Oltre al ricordo della loro casa che non c’è più, cosa resta ai gazawi dopo che i documenti delle loro proprietà (catasto), ma anche della loro identità (anagrafe) sono stati distrutti?

A Gaza restano solo i loro vecchi ricordi e sfortunatamente manca tutto il resto. Il tema che ha ricordato è fondamentale e se ne parla troppo poco. Tutti cercano di trovare copie dei loro documenti ufficiali negli studi legali, per dimostrare il loro diritto alla proprietà e alla terra, ma anche il certificato di nascita o il titolo di studio.

Secondo lei, lo spostamento dei gazawi nei Paesi confinanti è un’opzione praticabile, come proposto dall’Amministrazione Trump?

La gente di Gaza non ha lasciato la propria terra sotto attacco e perdendo familiari e amici. Questa soluzione appare, pertanto, fuori da ogni realtà.

La pace sembra lontana. Quali sono le esigenze prioritarie della popolazione di Gaza oggi?

Le persone hanno bisogno di acqua, riparo, medicinali e cibo come priorità assoluta, soprattutto con il persistere del blocco nell’ingresso degli aiuti da parte di Israele.

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