Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Gaza, L’importanza della richiesta di cessate il fuoco da parte dell’Onu
Ci sono voluti 170 giorni dal 7 ottobre perché il Consiglio di sicurezza dell’Onu arrivasse ad una risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza. Un tempo lungo, in cui alle responsabilità delle parti coinvolte (Hamas e lo stato di Israele) per le vittime e le distruzioni, nel quale purtroppo si è resa ancora una volta evidente le negligenze delle Nazioni Unite nel mantenere la sicurezza e la pace a livello internazionale. Fino ad ora in particolare il veto americano aveva impedito che venisse presa una decisione dal massimo organismo internazionale di una tregua delle ostilità.
La risoluzione adottata lunedì 25 marzo, con 14 voti favorevoli e 1 astensione (Stati Uniti), è la n° 2728 (2024). Essa chiede un cessate il fuoco immediato per il mese di Ramadan rispettato da tutte le parti e, contestualmente, il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi. Sottolinea inoltre l’urgente necessità di espandere il flusso di assistenza umanitaria e rafforzare la protezione dei civili nell’intera Striscia di Gaza. Al di là dei giochi dialettici della diplomazia arriva fuori il tempo massimo per gestire una crisi che non sembra avere vie di uscita.
La risoluzione non è infatti vincolante non rientrando sotto il capitolo VII della Carta Onu, quello che autorizza anche all’uso della forza per far rispettare una risoluzione del Consiglio. Inoltre arriva con un testo più volte limato al ribasso su sanzioni economiche a Israele così come su intervento di caschi blu nell’area.
In prospettiva di eventuali arbitrati post-conflitto e delle decisioni della Corte penale internazionale è tuttavia da sottolineare che il testo approvato “richiede che le parti rispettino i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale in relazione a tutte le persone detenute”, un primo richiamo alle responsabilità che sottostanno ai contendenti anche in tempo di guerra.
L’approvazione avviene nelle stesse ore in cui il Consiglio per i diritti umani discuteva il rapporto con gli aggiornamenti sulla Palestina dell’italiana Francesca Albanese, inviata speciale dell’Onu per i diritti umani nei territori palestinesi.