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I morti dimenticati da tutti

La morte è “patrimonio dell’umanità” e unico limite esistenziale che ci accomuna tutti. Questo dovrebbe impegnare noi cristiani, ma anche ogni uomo e donna di buona volontà, ad abbattere il muro di divisione tra “i nostri” morti e quelli “degli altri”
25/10/2024

La morte ha la forza di farci riconsiderare le priorità della vita e, forse, di dare loro un po’ di ordine. Per questo è necessario che davanti alle tombe ci raccogliamo, non solo per qualche preghiera o per rinnovare gli affetti, ma anche per meditare sul senso e sul valore della vita. Essa vale la pena di essere vissuta bene e con profitto, quell’unico profitto indistruttibile che ha come base l’amore e la carità verso tutti, specialmente verso i più fragili e gli ultimi. I veri fiori che possiamo deporre sulle tombe dei nostri cari dovrebbero essere soprattutto quelli che nascono dal nostro rinnovato impegno a essere più buoni, giusti, caritatevoli, in una parola più umani. Quelli delle buone opere che ci rendono graditi e autorevoli presso gli uomini e sulle quali saremo giudicati dal Signore. Perché è proprio su queste cose che Dio esprimerà un giudizio inappellabile: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito...”.

La morte non sopporta differenze

La morte è “patrimonio dell’umanità” e unico limite esistenziale che ci accomuna tutti. Questo dovrebbe impegnare noi cristiani, ma anche ogni uomo e donna di buona volontà, ad abbattere il muro di divisione tra “i nostri” morti e quelli “degli altri”. La morte non sopporta distinzioni derivanti dalle proprie personali visioni politiche, etniche e ideologiche, perché non ci sono in sé morti buone o cattive, giuste o ingiuste. Questa visione ha portato nel corso della storia, ma anche ai nostri giorni, a provare soddisfazione per la morte degli avversari e dei nemici

e a ostentare il numero degli uccisi come trofeo

di guerra di cui vantarsi. Persino a provare odio

e una certa repulsione viscerale anche verso coloro che sono diversi per motivi culturali, politici, il colore della pelle o la nazionalità, fino a compiacersi, anche pubblicamente, se uno

di essi muore o viene ucciso. Noi sentiremo sempre la mancanza e proveremo la “pietas” cristiana per ogni persona che, per qualunque motivo, perde la vita.

I cimiteri delle guerre

In questi ultimi tempi assistiamo a due guerre che in qualche modo coinvolgono noi occidentali. Anzitutto quella russa-ucraina che ha diviso i nostri animi facendoci schierare e persino tifare per l’una o per l’altra parte. E’ una guerra che possiamo definire “tradizionale”, nella quale restano uccisi soprattutto i soldati, anche se non sono poche le vittime innocenti tra la popolazione civile.

Forse più lacerante ancora è quella che si sta combattendo nella regione mediorientale,

tra il Governo di Benjamin Netanyahu

e le organizzazioni militari palestinesi che

si trovano a Gaza, nel sud del Libano e in altri territori confinanti. In questa strana guerra, per stanare e neutralizzare i capi e i miliziani di Hamas ed Hezbollah non si bada “a spese”, nel senso che non ci si preoccupa delle migliaia di morti che si causano tra l’inerme popolazione civile, soprattutto di bambini caduti sotto la forza distruttiva delle armi, della fame e delle malattie (secondo l’organizzazione “Save the Children” sono finora più di 10.000 quelli rimasti uccisi e circa altrettanti i dispersi). Quella in corso è una guerra - seguita all’attacco di Hamas a città e villaggi israeliani del 7 ottobre 2023 - che potremmo definire “sporca” o anomala perché muoiono soprattutto i civili

e pochissimi soldati. A Gaza, infatti, si parla di circa 43.000 morti, quasi tutti civili, a fronte di 350 soldati israeliani caduti nelle operazioni militari. E’ evidente che gli “effetti collaterali” sono abnormi e sproporzionati agli obiettivi militari che si vogliono raggiungere.

Purtroppo, in questo tipo di guerre e guerriglie disseminate nel mondo (una cinquantina),

i cimiteri sono popolati soprattutto da civili.

In ogni conflitto, per segnalare lo stato delle operazioni, “contano” i militari morti e feriti

e quasi nulla i civili, dei quali pochi parlano.

Una commemorazione di tutti

La commemorazione del 2 novembre è di “tutti i fedeli defunti”. Essa è, pertanto, la giornata della memoria dei morti, in primis dei nostri cari e conoscenti, ma poi anche di tutti coloro che in ogni angolo della terra sono dimenticati e giacciono nei cimiteri in tombe anonime, o nelle tante fosse comuni, o sepolti nel Mediterraneo, ove nessun parente o congiunto può andare a versare una lacrima o a deporre un fiore. La nostra preghiera deve in questo giorno farsi veramente universale ed essere rivolta a Dio, affinché usi pietà e misericordia per le tante vittime innocenti delle guerre, dei massacri, della miseria e della nostra insensibilità e induca a conversione e a penitenza coloro che, per i più diversi motivi, uccidono o lasciano morire tante persone. Ma anche coloro, soprattutto noi occidentali, che per interessi economici o spinte ideologiche, continuano ad armare con sofisticati strumenti di morte le già sanguinanti mani dei violenti

e dei prepotenti.

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