Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Editoriale: scuola, una ripresa in salita
Siamo ripartiti (anche se non tutti) con un po’ di commozione e, soprattutto nei ragazzi, con il vivo desiderio di ritornare a sedersi sui banchi di scuola e rafforzare le buone relazioni con i compagni e i docenti. La scuola, pur con tutti i suoi limiti, rimane sempre un importante ambiente di vita. Essa, infatti, oltre che fare cultura e formare le nuove generazioni, è anche un grande fattore di socializzazione e di umanizzazione, necessari a tutti gli studenti e all’intera società.
Lunedì scorso, 14 settembre, sono riprese le lezioni scolastiche “in presenza”, dopo quasi sei mesi di chiusura delle scuole, durante i quali solo i più fortunati (non molti) hanno potuto seguire adeguatamente gli insegnamenti “a distanza”. Il Governo, di fronte alla diffusione del virus ha deciso, prima di ogni altra cosa, di chiudere le scuole e lasciare tutti a casa. Forse, al momento, era stata ritenuta la cosa più semplice da fare e meno “onerosa” per l’economia. Non ha nemmeno cercato, come ha fatto qualche Governo europeo, di tenerla aperta parzialmente o a regime ridotto e sotto rigorosi controlli. Di sicuro, per gli studenti e per le famiglie, si è rivelata una scelta dirompente e, per l’intero Paese, assai problematica, perché la scuola e la cultura sono fondamentali per la vita e il futuro dei giovani e di una nazione.
Riapriamo le scuole (tra le quali anche il collegio Pio X, di cui sono rettore) con tanta trepidazione e con alle spalle un’estate in cui si sono susseguiti decreti governativi, protocolli continuamente aggiornati o cambiati, chiacchiere, esibizioni e dichiarazioni, a volte ridicole, di ministri ed esperti, che ci hanno non solo scombussolato e fatto perdere tanto tempo per prendere misure, spostare classi, cercare edifici, ma anche irritato per tanta superficialità nel trattare un problema così serio come è e dev’essere ritenuta la scuola.
Essa, che ha patito più di tutti le conseguenze della pandemia, non si meritava anche la beffa di un’estate così tormentata e sconclusionata, durante la quale tutti i dirigenti scolastici aspettavano le indicazioni definitive del Ministro le quali, però, sono arrivare solamente ai primi di settembre.
Ora siamo ripartiti (anche se non tutti) con un po’ di commozione e, soprattutto nei ragazzi, con il vivo desiderio di ritornare a sedersi sui banchi di scuola e rafforzare le buone relazioni con i compagni e i docenti. La scuola, pur con tutti i suoi limiti, rimane sempre un importante ambiente di vita. Essa, infatti, oltre che fare cultura e formare le nuove generazioni, è anche un grande fattore di socializzazione e di umanizzazione, necessari a tutti gli studenti e all’intera società.
Sopra di noi responsabili e dirigenti scolastici aleggia, però, la paura che di fronte a qualche contagio, sempre possibile, intervengano le Ulss a chiudere la scuola completamente o in parte, lasciando di nuovo tutti a casa. Come istituzioni scolastiche abbiamo cercato di ottemperare ai protocolli, garantendo anche nelle aule, nelle ricreazioni e nelle palestre, distanziamento, mascherina e percorsi differenziati.
E’ evidente che una certa responsabilità grava sulle spalle degli insegnanti, i quali sono i primi a vigilare e monitorare ora per ora la situazione degli alunni e a dover fare osservare la corretta applicazione dei protocolli, attraverso richiami e adeguati interventi educativi e formativi. Sanno bene che il buon andamento e proseguimento dell’anno scolastico dipende in buona parte anche da loro. Per questo noi tutti dobbiamo essere loro grati e riconoscenti.
Responsabilità da parte dei giovani
Riteniamo, però, che lo stesso tipo di responsabilità e di serietà debba essere assunta anche dagli studenti e dalle loro famiglie, perché quello che avviene fuori della scuola, i comportamenti e le frequentazioni, possono mandare all’aria in breve tempo tutto quello che abbiamo fatto in questi mesi per poter ripartire in sicurezza.
Ai ragazzi e ai giovani ci sentiamo di rivolgere un appello particolare. Ne vediamo ancora troppi in giro o nei locali o nella movida serale senza mascherina e troppo appiccicati l’uno all’altro, oppure pronti a stigmatizzare i possibili pericoli di contagio. Il virus c’è, è ancora contagioso e può infettare chiunque. Ormai è risaputo che, se è vero che gli anziani o le persone con qualche “fragilità” sono i più a rischio e il contrarre il virus per loro può essere letale, è altrettanto vero che ormai sono i giovani a essere maggiormente contagiati e a rappresentare una delle principali fonti di diffusione.
Chiediamo a tutti maggiore responsabilità e disciplina, perché oltre alla scuola che frequentano, ne vanno di mezzo anche la salute di loro stessi e degli altri e il futuro e la pace sociale del nostro Paese. Non possiamo permetterci un altro lockdown.
Famiglie: impegno e comprensione
Anche alle famiglie ci permettiamo di chiedere impegno e responsabilità. Anzitutto attuando nelle loro case e nelle relazioni esterne tutte le norme prudenziali e cercando di non mandare a scuola i figli che hanno sintomi che possano far sospettare la presenza del virus. Ma anche ad avere tanta pazienza e comprensione verso gli insegnanti e i dirigenti scolastici i quali, pur facendo e attuando tutto quello che è previsto dalla legge, sanno per primi che ci vuole anche un po’ di buon senso nell’affrontare e risolvere i problemi. In questo particolare frangente assillare la scuola sollevando problemi, critiche e forse anche sospetti, non è certo di grande aiuto per la sua serena ripresa dopo mesi di chiusura. Nel ripartire dobbiamo tutti aver chiaro che le cose, la didattica e le varie attività scolastiche, saranno un po’ diverse e anche ridimensionate rispetto a quello che si faceva prima. Quello che è importante, per il momento, è l’aver riaperto le scuole e sperare che tutto possa andare per il meglio.