Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Editoriale: Per una partecipazione viva
Lo scorso 5 novembre si è spento il vescovo emerito Paolo Magnani che ha guidato la nostra diocesi per 15 anni, fino al 2003. Nel numero precedente di “Vita” abbiamo riportato alcune significative testimonianze sulla sua persona e sull’opera pastorale a Treviso. Personalmente ho potuto conoscerlo da vicino collaborando sul versante liturgico per il piano pastorale “Celebrare”, e successivamente per la diffusione e attuazione del Sinodo sulla “Parrocchia, centro di vita spirituale per la missione”. Ritengo che mons. Magnani si sia segnalato fin dall’inizio del suo episcopato in diocesi per le doti di governo che si manifestarono non solamente nell’impegno per dare uno svolgimento ordinato e “unitario” alla vita del centro diocesano e delle parrocchie, ma anche per la capacità di dare fiducia e spazio ai suoi collaboratori. La sua azione pastorale era soprattutto volta a promuovere la parrocchia come vero centro e fulcro della vita spirituale di un cristiano; lo spirito missionario; l’accoglienza dei migranti, la trasmissione della fede e la liturgia, sostenendo tutto questo con un costante interessamento e un puntuale e ampio magistero, fatto di discorsi, interventi e, in particolare, con il Sinodo frutto della Visita pastorale (1991-1999).
L’impegno liturgico
Se, come lui stesso ebbe a dire, aveva la pastorale nel sangue, un posto particolare vi occupava certamente la sua preoccupazione di promuovere la dignità del culto e la partecipazione viva alla celebrazione la quale, a suo avviso, aveva una duplice finalità: “L’incontro nella Chiesa con il mistero salvifico di Cristo e la partecipazione piena, attiva e consapevole dei fedeli” (Direttorio liturgico pastorale, p. 8). Apparteneva a quei pastori che hanno assunto il magistero liturgico conciliare e si sono impegnati a inserirlo nel cuore della vita pastorale del popolo di Dio (la cosiddetta “via italiana del Concilio”). In qualche modo si sentiva investito della missione di farsi interprete della lettera e dello spirito del Concilio, in particolare della costituzione sulla liturgia “Sacrosanctum concilium”. Pur essendo laureato in Teologia e avendo insegnato Dogmatica, ha sempre coltivato e studiato la liturgia, soprattutto nella sua declinazione pastorale.
Al di là del suo interesse per tutto ciò che aveva attinenza con la liturgia, esposto nei molti interventi e scritti raccolti nel 2013 nel volume: “La liturgia al cuore della pastorale” e nel 2016 in “Omelie in cattedrale”, ci sono due aspetti che mi sembra opportuno evidenziare.
Il Piano pastorale “Celebrare”
Anzitutto il piano pastorale quadriennale “Celebrare” (1989-1993) sulla partecipazione, la formazione liturgica e l’elaborazione da parte delle parrocchie di un progetto di pastorale liturgica. Per la verità, per molti di noi preti che avevano vissuto durante l’episcopato di mons. Mistrorigo, il tema della liturgia non appariva una grande novità. Anzi, dedicare ben quattro anni a questo aspetto rimescolando, per così dire, la stessa minestra ci sembrava, forse, un po’ troppo. Ben presto, però, ci siamo resi conto che l’intento di mons. Magnani andava oltre la preoccupazione, seppur necessaria, per la cura e la buona esecuzione dei riti e mirava a promuovere nel popolo di Dio sia la partecipazione “piena, attiva e consapevole” (SC 14), sia quella formazione quanto mai necessaria per innescare in tutti, preti, religiosi e laici, quel cambio di mentalità senza il quale non sarebbe mai stato possibile alcuno dei rinnovamenti pastorali auspicati dal Concilio, tanto meno in campo liturgico.
Il Direttorio liturgico pastorale
In secondo luogo segnalo la pubblicazione nel 1996 (con nel 2013 la II edizione), del “Direttorio liturgico pastorale” che egli riteneva dovesse caratterizzarsi per una “spiccata valenza pedagogica” (p. 8). Maturato durante l’attuazione del piano pastorale “Celebrare”, soprattutto alla luce degli oltre 200 progetti parrocchiali di pastorale liturgica pervenuti all’Ufficio liturgico diocesano, il Direttorio, nelle intenzioni di mons. Magnani, non mirava primariamente a fissare delle regole comuni per il culto, ma a promuovere una “corretta, attiva e dignitosa” celebrazione liturgica e una basilare conoscenza teologica della liturgia senza la quale si sarebbe rischiato di cadere (come purtroppo accade ancora oggi) in “forme esteriori, ritualistiche e arbitrarie” (p. 8).
Padre e fratello
Mons. Magnani non era certo “fissato” per la liturgia. Si è interessato, come è dovere di ogni vescovo, di tutti gli aspetti della vita della diocesi. Anche di farsi carico e premura dei preti, sforzandosi, a suo modo e con i suoi limiti, di essere per essi come un padre e un fratello che li ama, li ascolta, li corregge e, per quanto possibile, si adopera per il loro benessere umano e spirituale, secondo quanto gli chiedevano i testi magisteriali: “Il vescovo consideri i sacerdoti suoi cooperatori come figli e amici, come Cristo” (LG 28b), sia per loro “come un padre e un amico” (AS 76).