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Editoriale: Il pericolo delle ricchezze

Purtroppo, i ricchi per nascita o per fortunata carriera o per illecito guadagno, non sanno proprio come spendere o sprecare i soldi. Addirittura, alcuni di loro si dimenticano facilmente, o vogliono cancellare dalla memoria, lo stato di povertà da cui provengono.

20/07/2023

Oltre a scrivere di tante cose serie, i giornali, forse per alleggerire l’impatto che certe notizie possono avere sull’umore dei lettori, si premurano di offrire anche delle pillole di gossip. Si tratta spesso di facezie, cose irrisorie e persino ridicole, che riguardano per lo più scorci di vita di certi personaggi ricchi e famosi che appartengono al mondo dello spettacolo, dello sport, dell’economia e della politica. Ad esempio, da circa un mese veniamo “informati”, con fior di dettagli, dei problemi che ora devono affrontare i cinque figli del defunto Silvio Berlusconi, rimasti eredi di un patrimonio enorme fatto di aziende, società, ville, opere d’arte, macchine e talmente tanti soldi che noi, comuni mortali, non siamo nemmeno in grado di pensare o immaginare.

Ho sempre pensato che una persona ricca, per poter frequentare il sofisticato mondo dei vip, dovesse necessariamente dotarsi di certi costosissimi status symbol, come una macchina di lusso, una villa, forse uno yacht e, al massimo, un paio Rolex. Totti, invece, di Rolex da esibire ne avrebbe ben otto: gioielli, questi, assai costosi, da non meno di 20.000 euro l’uno, ma molto meno cari (sempre secondo il gossip) di quello da 400.000 euro posseduto da Cristiano Ronaldo.

Ritengo che, per non rimanere vittime del demone del denaro e dell’ostentazione delle ricchezze, non ci sia altra strada che la condivisione. Per un imprenditore, potrebbe essere quella di ripartire parte degli utili con i dipendenti che con il loro lavoro hanno contribuito al buon andamento dell’azienda. Per tutti, aiutando i poveri e sostenendo istituzioni benefiche di tipo filantropico. Come già stanno facendo, senza suonare troppo le trombe, alcuni personaggi ricchi e famosi. Senza mai dimenticare, però, che per non perdere la giusta e saggia misura della realtà, oltre a fare beneficenza, è pure necessario frequentare il mondo dei poveri e degli ultimi, sporcandosi qualche volta le mani.

Al di là del bene che uno può fare, per una persona ricca rimane, poi, il dovere di non ostentare quello che possiede e di non vivere e rapportarsi con gli altri con la spocchia o la puzza sotto il naso. Ogni esibizione di ricchezza o parola di troppo sono un affronto ai poveri e alle famiglie che faticano a tirar su i figli e farli studiare. Come è successo di recente con Flavio Briatore allorché, dal suo piedistallo, si è permesso di dire che i figli dei falegnami (ma lo stesso degli idraulici, dei carpentieri, degli elettricisti) dovrebbero fare i falegnami, invece che andare a scuola. Per qualche intellettuale, difensore d’ufficio dei ricchi e dei potenti, si sarebbe trattato solo di una sparata dadaista e surreale, che voleva mettere in evidenza un problema, quello della carenza di certi mestieri e professioni. Penso, però, che chiunque stia bene e magari sguazzi nel lusso, certi discorsi o considerazioni così provocatorie possa farle solo tra i colleghi vip, nei loro artefatti salotti, e non alla gente comune da una trasmissione televisiva. Lo studio, che spesso Briatore sottovaluta e tende a denigrare, qualunque sarà il mestiere che un giovane farà nella vita, è importante per conoscere maggiormente se stessi, le proprie potenzialità e acquisire quella cultura che può consentire a una persona di collocarsi con coraggio nella società e non farsi sottomettere da coloro che detengono, per estrazione sociale o per cultura, il potere delle parole. Le nostre famiglie hanno fatto sacrifici per consentirci di studiare perché credevano alla scuola e alla cultura come strumento privilegiato di promozione e, forse, anche di riscatto sociale.

Le ricchezze possono essere davvero una brutta bestia, perché possono rovinare una esistenza, farla allontanare dai veri valori, dal buon senso e dal rispetto vero delle classi sociali povere o meno agiate.

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