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Editoriale: adorare Dio in spirito e verità

E’ evidente che il problema non è tanto quello del luogo o del tempio, ma dell’incontrare Dio e di adorarlo. Per noi cristiani il nuovo “luogo” nel quale si incontra e si adora Dio è ora Gesù, nuovo edificio spirituale del quale egli è la pietra angolare e ognuno di noi una pietra viva, così che la preghiera e il culto cristiano si praticano solo in Cristo, nuovo tempio che sostituisce ogni altro santuario, sia a Gerusalemme che sul monte Garizim, che altrove.

05/06/2020

Forse non abbiamo mai compreso come in questo tempo di lontananza dalle chiese e dalle strutture educative e caritative delle parrocchie la verità delle parole di Gesù alla samaritana: «Donna, credimi; viene l'ora che né su questo monte Garizim né a Gerusalemme adorerete il Padre… Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità» (Gv 4,19-24).

E’ evidente che il problema non è tanto quello del luogo o del tempio, ma dell’incontrare Dio e di adorarlo. Per noi cristiani il nuovo “luogo” nel quale si incontra e si adora Dio è ora Gesù, nuovo edificio spirituale del quale egli è la pietra angolare e ognuno di noi una pietra viva, così che la preghiera e il culto cristiano si praticano solo in Cristo, nuovo tempio che sostituisce ogni altro santuario, sia a Gerusalemme che sul monte Garizim che altrove. Possiamo anche non avere luoghi o chiese disponibili in cui pregare e celebrare il culto, ma non ci mancherà mai la presenza di Gesù che ci mostra e ci fa incontrare il Padre. Ciò che è essenziale per la fede non sono i luoghi sacri ma il tempo, in particolare la domenica, giorno del Signore risorto.

Forse non abbiamo mai compreso come in questo tempo di lontananza dalle chiese e dalle strutture educative e caritative delle parrocchie la verità delle parole di Gesù alla samaritana: «Donna, credimi; viene l'ora che né su questo monte Garizim né a Gerusalemme adorerete il Padre… Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità» (Gv 4,19-24).

E’ evidente che il problema non è tanto quello del luogo o del tempio, ma dell’incontrare Dio e di adorarlo. Per noi cristiani il nuovo “luogo” nel quale si incontra e si adora Dio è ora Gesù, nuovo edificio spirituale del quale egli è la pietra angolare e ognuno di noi una pietra viva, così che la preghiera e il culto cristiano si praticano solo in Cristo, nuovo tempio che sostituisce ogni altro santuario, sia a Gerusalemme che sul monte Garizim, che altrove. Possiamo anche non avere luoghi o chiese disponibili in cui pregare e celebrare il culto, ma non ci mancherà mai la presenza di Gesù che ci mostra e ci fa incontrare il Padre. Ciò che è essenziale per la fede non sono i luoghi sacri ma il tempo, in particolare la domenica, giorno del Signore risorto.

sinagoga, ma alla scansione del tempo sacro, a un giorno particolare: il sabato, che Dio santificò alla fine della creazione: “E Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò” (Gn 2,3).

Abbiamo talmente sacralizzato segni, tradizioni, templi e oggetti cultuali, al punto da litigare tra noi, accusandoci con disinvoltura o di essere poco cristiani, perché abbiamo ridimensionato certe tradizioni o “mondanizzato” le chiese oppure, al contrario, di essere così strenui e intransigenti difensori del passato e di certe prassi devozionali o cultuali, da arrivare al punto di contestare ogni apertura e novità introdotta dal Papa o dai vescovi. Dimenticando, invece, che siamo e dobbiamo rimanere un corpo unico e unito ai pastori della Chiesa, “la gente che Dio si è scelta, un popolo regale di sacerdoti, una nazione santa, un popolo che Dio ha acquistato per sé, per annunziare a tutti le sue opere meravigliose” (1Pt 2,9).

A volte, purtroppo, anche ai nostri giorni, i templi e il culto diventano, paradossalmente, invece che segni e vie per crescere nella comunione, luoghi per sancire le divisioni; segni di contraddizione e persino di inciampo per coloro che non credono o sono, più o meno consapevolmente, alla ricerca di Dio e di segni di speranza.

 

Il popolo santo è la casa di Dio

Al re Davide, che voleva costruire una casa a Dio, viene ricordato per mezzo del profeta Natan che sarà Dio stesso a costruirsi una dimora stabile ed eterna, continuando a vivere nella storia in mezzo al popolo che resta sempre e comunque la sua abitazione. La casa o la dimora di Dio non sono le chiese, ma il popolo santo che vive la fedeltà all’alleanza. Nel suo magistrale discorso all’Areopago Paolo annuncia agli ateniesi, che avevano edificato nelle vie della città templi e altari dedicati a tutte le divinità e persino a un dio ignoto, che colui “che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo” (At 17,24). Giustamente, perciò, papa Francesco, in una udienza generale, diceva che “ciò che era prefigurato nell’antico Tempio, è realizzato, dalla potenza dello Spirito Santo, nella Chiesa: la Chiesa (come popolo santo) è la “casa di Dio”, il luogo della sua presenza, dove possiamo trovare e incontrare il Signore; la Chiesa è il Tempio in cui abita lo Spirito Santo che la anima, la guida e la sorregge”.

 

Incontrare Dio nella prova

Ma dove e come incontriamo Dio quando abbiamo l’impressione che il buio avvolga la nostra vita e quella del nostro popolo; quando ci sentiamo lontani dalle cose, dalle esperienze e dai luoghi che danno sicurezza e sostegno alla fede? Forse una indicazione ci può venire dal profeta Elia (1 Re 19), costretto a entrare nel deserto per cercare di salvare la sua vita invisa alla regina Gezabele. Il momento più alto della rivelazione di Dio si dà alla fine dei giorni passati nella fuga e nella solitudine del deserto; alla fine del tempo della lontananza. Non prima o durante, ma dopo. Bisogna prima fidarsi e passare attraverso la “grande tribolazione”, che per noi può essere davvero una “grande purificazione”; accettare la prova e la lontananza investendo nella fiducia in Dio, certi che egli non mancherà alla fine all’appello del nostro amore.

Noi abbiamo chiese belle e imponenti, ricche di storia e di opere d’arte; possiamo anche costruire nuove strutture e santuari per le esigenze delle nostre comunità cristiane ma, se non viviamo la fedeltà a Dio e all’alleanza e non testimoniamo rigorosamente la carità potrebbe anche, come per il tempio di Gerusalemme, non rimanere pietra su pietra.

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