Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
La novità: ecco il sidro a km0
Là dove c’era l’uva... ora c’è la mela. Anzi, le mele. Duecento varietà di mele crescono su un dolce declivio di 30 mila metri quadrati sopra il centro di Caerano di San Marco. Il podere, appartenuto per un paio di secoli ai monaci benedettini della Certosa del Montello, è ora gestito dall’azienda agricola Terre Cartusiae di Angelo Ceccato. La produzione non è però destinata al consumo diretto del frutto, cosa che avveniva anche fino al secolo scorso tra le famiglie contadine, ma alla realizzazione di due differenti bevande, il succo di mela e, soprattutto, il sidro.
“La mia famiglia - racconta il titolare - è qui da circa un secolo. L'azienda era gestita prima da mio nonno, poi da mio papà e, infine, da mio fratello, che qualche anno fa ha deciso di cambiare completamente mestiere. L’ho fatto anch’io, passando dal ruolo di consulente finanziario per un noto istituto bancario, a quello di imprenditore agricolo”.
I filari dei meleti sono ben protetti dalle reti antigrandine e coltivati con tecniche biologiche. Questa scelta, ma anche la natura stessa dell’albero, non garantisce una produzione costante e con le medesime caratteristiche di gusto e sapore che poi entrano nel sidro. “Qui ho circa 4mila piante, ma c’è spazio per piantumarne ancora. Ho deciso di eliminare tutte le mele più tradizionali che non sono resistenti, per passare a piante resistenti e di varietà antiche. Avevamo anche un po’ di prosecco, dato che questa è zona dell’Asolo-Montello Docg, ma si è deciso di fare una scelta drastica e puntare sulla biodiversità”. Ceccato si è avvalso del lavoro di ricerca realizzato dall’Istituto agrario “Alberto Parolini” di Bassano del Grappa, per analizzare resistenze a malattie fungine e per individuare le caratteristiche intrinseche delle mele prodotte (acidità, zuccheri, polifenoli). Le diverse varietà di mele sono state recuperate attraverso il contatto con diversi vivaisti italiani.
La passione e l’idea di produrre esclusivamente sidro (circa 10 mila le bottiglie prodotte al terzo anno di attività) deriva da un’esperienza diretta vissuta all’estero. “Per lavoro ho vissuto quattro anni a Dublino. E’ lì che mi sono appassionato a questa bevanda, apprezzandone il profumo, il sapore e la versatilità. Credo sia un’ottima alternativa ad alcuni vini frizzanti, che può essere utilizzata come aperitivo o anche durante il pasto, in base alla gradazione alcolica”. Solo vedere una accanto all’altra una piccola rappresentanza delle mele utilizzate per la produzione, fa capire quale ventaglio di colori e, una volta nel bicchiere, di odori e gusti possano uscire. Nessun frutto ha la perfezione o la lucentezza tipica delle mele che campeggiano su molte bancarelle. Molte sono tozze, ruvide, esteticamente poco accattivanti. Eppure sono buone, hanno e danno sapore a una bevanda che anche in ambito britannico è stata riconosciuta, nelle sue diverse gradazioni e tipologie, meritevole di svariati riconoscimenti in occasione delle ultime due edizioni dell’International cider challenge, che ogni anno si svolge nel West Sussex. “E’ sempre la mela che fa la differenza – spiega il sommelier Alessandro Favaro -, perché, a seconda del tipo di frutto che si usa, il risultato che esce è diverso. Così anche il gusto, il sapore. Per la produzione del sidro possono bastare una decina di giorni per la varietà media e dolce, ne servono un po’ di più per quello vivace, perché c'è bisogno di una doppia fermentazione”.
La cura dei meleti occupa tutto il tempo dell’anno, con particolare impegno per la raccolta tra settembre e ottobre. “Avere duecento varietà di mele diverse – sottolinea Ceccato – all’interno della stessa bottiglia, significa ottenere un prodotto che non ha eguali nel panorama del sidro, sia nazionale che internazionale. Averlo conosciuto e apprezzato all’estero mi ha fatto scattare la scintilla, quando un compaesano ne aveva prodotto con le sue mele. Assaggiandolo ho capito che era buono e che si poteva proporre, facendone anche un mestiere e non solo una produzione domestica”. Le fette di mercato sono ancora abbastanza ridotte, ma in crescita, non con l’obiettivo di soppiantare o fare concorrenza al prosecco, ma di proporre un’alternativa gradevole e altrettanto a chilometro zero. “Le bottiglie che produco le vendo a privati, a qualche Gruppo di acquisto solidale. Non è facile convincere i gestori dei bar. Di certo chi lo assaggia ne resta favorevolmente stupito. E’ ovvio che il sapore è diverso, perché ci sono le mele al posto delle uve. Ma proprio per questo può catturare un pubblico e una clientela differente”.
Sul mercato esistono già alcuni tipi di sidro di produzione “industriale”, che possono essere una via per avvicinarsi al tipo di prodotto e alle sue caratteristiche. “Arrivano a contenere una cinquantina di tipi di mele. Io non so dire – prosegue Ceccato – se le mie duecento vogliano dire tanto o poco. Alla fine ritengo di avere un prodotto che è unico e originale nel suo genere e che in più è diverso da anno ad anno. Non sappiamo, infatti, quante mele produce ogni pianta ogni anno. Potrebbe uscirne una qualità leggera, un gusto di profumi diversi. Questo non è un handicap dal mio punto di vista, ma è ciò che caratterizza ulteriormente il prodotto, rispetto a quello standard industriale”.
Il consiglio è che non sia consumato troppo freddo, per evitare di perderne troppo i profumi e i gusti. Il sidro, in generale, può essere proposto nel contesto di un aperitivo, accompagnato da qualche stuzzichino dolce, ma anche salato. Le gradazioni più alte posso essere abbinate a piatti di carne, anche parzialmente grassi, che fanno da contraltare alla presenza delle bollicine. “Si accompagna - aggiunge Favaro – anche ai primi con il pesce, oppure con i salumi, con i formaggi, anche con la pizza o i panificati in genere. La versione dolce può degnamente sostituire il moscato nel caso di panettoni o torte a fine portata.
“In soli due anni – conclude Ceccato - questa avventura ha preso forma e la nostra scelta di porre l’accento sulla biodiversità ha dimostrato di essere vincente anche in termini di gusto. Questa è la strada che vogliamo continuare a percorrere. Mi piacerebbe che Terre Cartusiae diventasse un vero e proprio laboratorio, un luogo in cui sperimentare soluzioni innovative e da condividere anche con altri produttori di mele. E’ una missione che abbracciamo con passione, desiderosi di dimostrare come sapore e rispetto per l’ambiente possano andare di pari passo”.