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C’è obbligo di intervenire contro la flavescenza dorata della vite

Per quanti vivono in campagna e, non da meno, per quelli della città corre l’obbligo di intervenire per arginare le epidemie di flavescenza dorata della vite. Primo intervento entro giugno
27/06/2024

Per quanti vivono in campagna e, non da meno, per quelli della città corre l’obbligo di intervenire per arginare le epidemie di flavescenza dorata della vite. È questa una pericolosa e grave malattia da quarantena che ormai da decenni imperversa nei vigneti, in particolare del Veneto, diffusa abbondantemente su viti allevate vicino alle abitazioni e che crescono in modo spontaneo su fossati, incolti e siepi. A tanti sarà capitato di vedere vigneti che a luglio – agosto presentavano viti disseccate: si tratta di piante ammalate che il viticoltore è stato costretto a tagliere e poi a dover togliere per evitare che la malattia si diffondesse ulteriormente, creando danni anche alle viti dei vicini. La flavescenza dorata, nome tratto dalla tipica colorazione giallastra del fogliame, mostra sintomi bene evidenti a partire dalla fase prefiorale della vite e che aumentano durante l’estate interessando contemporaneamente foglie, tralci e grappoli: le foglie ripiegano i bordi verso il basso, le nervature principali perdono il colore verde, la lamina diventa gialla o rosata a settori più o meno estesi; i tralci rimangono erbacei, si rompono facilmente e non lignificano, i grappoli si seccano interamente nel caso di sintomi primaverili o portano acini raggrinziti se danneggiati durante l’estate. Nel suo insieme la malattia può interessare l’intera pianta o una sua parte: ciò dipende principalmente dalla suscettibilità varietale, risultata maggiore su Chardonnay, Glera, Pinot grigio al punto che, nel volgere di pochi anni, grande parte delle viti deve essere sostituita. L’agente patogeno, un fitoplasma che entra in circolo nella pianta ove vi alberga per sempre, viene trasmessa prevalentemente da Scaphoideus titanus, una cicalina ampiamente diffusa nelle regioni settentrionali, che compie una sola generazione all’anno e che si nutre solo della linfa delle vitacee. In base alle norme previste per le malattie da quarantena, rese obbligatorie con decreti regionali, viticoltori e quanti detengono viti nei propri fondi e in aree di pertinenza a fabbricati devono provvedere all’immediato estirpo delle piante sintomatiche e ammalate e di effettuare almeno due trattamenti insetticidi specifici, anche di tipo biologico. Servizi di assistenza tecnica agronomica, studi e centri professionali, punti vendita di agrofarmaci possono essere di supporto e di indirizzo per ogni azione di profilassi fitosanitaria e di contenimento della malattia, che nell’ultimo decennio ha mostrato serie recrudescenze con aumento dei danni diretti e indiretti. Si tratta quindi di fare fronte comune ad una patologia sempre più grave e difficilmente redimibile, richiamando l’obbligo di eliminare tempestivamente le piante infette e, come previsto dal decreto regionale, di effettuare entro giugno il primo trattamento contro le forme giovani del vettore, intervento da ripetere dopo 10-15 giorni onde debellare la cicalina prima che possa trasmettere il fitoplasma su altre viti.

(Fitopatologo, già dirigente di ricerca al CREA-VE di Conegliano)

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