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Taglio fondi Usaid: abbandonati a casa loro







Preoccupato? Sì, e molto. Non lo nasconde don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm, a Treviso domenica 23 marzo per partecipare all’incontro “La sfida africana”, con Paolo Gentiloni, co-presidente della task force Onu sul debito dei Paesi africani. L’incontro, nell’auditorium di Santa Caterina, concludeva Città Impresa-Festival dei territori industriali.
Preoccupato, perché la chiusura dell’agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid), con conseguente e repentina sospensione dei fondi – come denunciato anche dal Catholic Relief Services, l’agenzia di aiuti internazionali dei vescovi americani – provoca un effetto domino che costringe a interrompere interventi vitali per le popolazioni locali.
“Ora in Sud Sudan, gran parte del personale dei 5 ospedali che stiano sostenendo, con circa 200 punti di pronto intervento sanitario, è angosciato. Ne va della sopravvivenza loro e della loro famiglia. Noi cerchiamo di portare avanti i contratti in essere, anche se le ambulanze rimangono ferme. Nel Paese più povero e martoriato del continente, circa un terzo del welfare sanitario si regge sui fondi Usaid. In Uganda gestiamo 4 ospedali: la sede Usaid di Kampala ha i telefoni staccati. Ora non sappiamo cosa riusciremo a fare e con che fondi. Dopo 24 ore, dalla firma di Trump, i nostri ospedali in Uganda non avevano più i soldi per le ambulanze, per le sale operatorie, per le trasfusioni”. La speranza è che questo decreto venga al più presto ritirato.
Ma c’è anche un’Africa che aiuta l’Africa è don Carraro ha voluto ben sottolinearlo: “In Sud Sudan, stiamo formando ostetriche e infermieri con docenti che provengono da Uganda e Tanzania, creando un modello di cooperazione «bottom up», dal basso all’alto. Questa è una cooperazione fatta bene, che si racconta poco, ma che è indice di un Continente che è cresciuto. C’è anche un aiuto che non è positivo, quello che si ferma al solo assistenzialismo. Se non accompagni questi aiuti nei progetti, è chiaro che non vedi futuro. Forse è su questi aiuti che gli Stati Uniti dovrebbero intervenire. Certo che un terzo in meno dei fondi dello scorso anno, in un Paese povero come il Sud Sudan va a impattare su obiettivi primari, che sono la lotta alla mortalità. Pensiamo a tutto il tema vaccinale. Nel Karamoja, regione poverissima nord est dell’Uganda, Paese dove siamo presenti dal 1958, grazie anche al sostegno di Usaid, siamo impegnati in due progetti, uno nell’ambito della salute materno infantile e cura del neonato e il secondo sulla tubercolosi per ridurre incidenza e diffusione. Purtroppo, dopo i decreti Usa di sospendere le attività e anche i pagamenti dello staff locale di Usaid siamo stati costretti a fermare ogni tipo di attività”.
Medici con l’Africa Cuamm da 75 anni si spende per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane, grazie a oltre 1.600 persone che operano in 41 Paesi, soprattutto in Africa, per portare cure e servizi anche a chi vive nelle località più lontane e povere.
Don Dante parla anche del positivo intervento avvenuto negli ultimi anni in Mozambico, con ambulanze e una piccola centrale operativa che raccoglie le richieste dei centri sanitari locali, tutti quelli della città di Beira,nella provincia di Sofala. Si occupano di trasferire le urgenze e le emergenze dalle unità sanitarie periferiche all’ospedale centrale della città, un servizio fondamentale iniziato subito dopo il ciclone Idai e che continua ancora oggi, anche grazie al progetto “Ur-Beira: rafforzamento dei servizi di emergenza urgenza medica nella città di Beira”.
L’intervento, finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, è implementato da Medici con l’Africa Cuamm, ed è stato possibile grazie alla collaborazione di diversi attori: la Regione Veneto, in partenariato con il Servizio distrettuale della salute della città di Beira, il Servizio di emergenza medica del Ministero della Salute del Mozambico, l’Ospedale centrale di Beira, l’Università Ca’ Foscari di Venezia e la Croce Verde di Padova. “Il ministro della Sanità, visto quanto fatto a Beira, ci ha chiesto perché non portarlo nella capitale, Maputo, e in un’altra città, a Nampula. Ora abbiamo presentato il progetto e, entro fine anno, dovrebbe partire il sistema collegato di ambulanze”.
Il Cuamm cura ogni anno oltre 2 milioni di persone in Africa e si rendono sicuri oltre 250 mila parti. Un intervento in otto Paesi dell’Africa centrale e sub sahariana che non può contare sull’aiuto indiretto degli Usa. “Ci sono varie strade che i governi locali stanno tentando: una di queste è il fondo monetario internazionale, un’altra sono partnership sempre più strette con Turchia, Cina, Emirati Arabi e Russia, Paese che è molto presente e lo è sempre di più - spiega don Dante Carraro - . Il Governo della Repubblica centro africana ha recentemente firmato un accordo ufficiale con l’armata Wagner che lì garantisce la sicurezza”. Ha raccontato, infatti, di un suo viaggio in auto, interrotto ogni due ore dai controlli dei militari della Wagner, lì presenti per le tante risorse a nord del Paese.
L’Europa, di cui è stato commissario Paolo Gentiloni, rimane il più grande donatore dell’Africa. La cooperazione allo sviluppo viene realizzata attraverso vari strumenti finanziari, il più importante dei quali è Fondo europeo di sviluppo (Fes), escluso dal bilancio comune dell’Ue. Si parla, in concreto, di 140 miliardi. “I rischi che gli aiuti non abbiano effetti positivi ci sono - dice Gentiloni -. Ma in nessun modo possono essere un alibi per quanto deciso da Trump. Noi ci occupiamo di cooperazione e tutti i tagli sono pericolosi. Nei vuoti lasciati, sappiamo che è possibile rafforzare la nostra posizione europea, nonostante il nostro passato colonialista non ci faccia ben vedere. Nei Paesi lasciati dalla Francia, si sono rafforzati ora Cina e Russia. Dobbiamo renderci conto che la partita in Africa diventerà sempre più fondamentale, in luoghi dove ci sono ricchezze di giacimenti straordinari, ma anche instabilità governative. Attorno alle risorse, scoppiano guerre per procura, incentivate da attori internazionali. In progetti comuni, invece, noi europei e italiani abbiamo molto da dire”. Non intervenendo in modo serio, con una cooperazione che coinvolga fin da subito i Paesi, si dà spazio a un rischio boomerang, con attori che continuano a depredare l’Africa, senza lasciarle modo di riscattarsi e gestire il proprio futuro.