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Lavoro: i numeri della violenza economica di genere, anche nella Marca

Parlare di parità di genere significa anche parlare di salario e di lavoro, ambiti in cui la strada da percorrere verso l’uguaglianza è ancora molto lunga
23/04/2024

Parlare di parità di genere significa anche parlare di salario e di lavoro, ambiti in cui la strada da percorrere verso l’uguaglianza è ancora molto lunga, tanto a livello internazionale quanto a livello locale. Se n’è parlato approfonditamente lo scorso mercoledì 17 aprile all’auditorium Sant'Artemio della Provincia di Treviso in un incontro che rappresentava la quinta tappa veneta della campagna regionale “Equamente al lavoro” (realizzata in collaborazione con Veneto Lavoro) e organizzato grazie al supporto della Consigliera di Parità di Treviso e con il Patrocinio della Provincia di Treviso e del Comune di Treviso.

Promuovere i contenuti della Legge Regionale 3

Scopo della campagna itinerante è quello di promuovere i contenuti della Legge Regionale 3 “Disposizioni per la promozione della parità retributiva tra donne e uomini e il sostegno dell'occupazione femminile stabile e di qualità”, approvata dal Consiglio regionale del Veneto il 15 febbraio 2022, la quale si propone di andare ad arginare quel gap economico – in gergo Gender pay gap – che vede le donne non solo protagoniste dei contatti di lavoro più precari, ma anche lavorare meno ore (i part time riguardano soprattutto loro), ricoprire meno poltrone apicali, avere una retribuzione più bassa e di conseguenza anche una pensione più bassa. Un tema su cui urge lavorare per molteplici motivi: innanzitutto perché stando alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa nel 2011 e a oggi firmata da 46 Paesi, la violenza economica – perché di questo si tratta – viene considerata alla stregua della violenza sessuale e psicologica. In seconda battuta perché la mancanza di uguaglianza e pari opportunità continua a gravare anche sugli uomini, individuati dalla cultura dominante come colonna portante della famiglia e quindi meno liberi di agire e anche di fallire; infine perché secondo alcune stime solo in Italia colmare il Gender pay gap comporterebbe un aumento del 10% del Pil. In altre parole, un vantaggio per tutti quanti.

Donne con un reddito nettamente inferiore agli uomini

Ma non si tratta solo di gap salariale: è importante andare a guardare anche il reddito. Ragionando sul reddito, infatti, si nota che le donne hanno un reddito nettamente inferiore agli uomini anche perché lavorano meno ore (escludendo ai fini del ragionamento il monte ore di lavoro casalingo e di cura, che, tuttavia, non è meno faticoso e impegnativo) grazie al largo uso del part time. Inoltre il gap reddituale tiene conto anche delle scelte di carriera di uomini e donne: su di esso incide il fatto che in alcuni settori (come il lavoro di cura) in cui c’è sovrarappresentazione femminile le tabelle retributive sono più basse rispetto a dove c’è sottorappresentazione (ad esempio nel settore economico-finanziario).

Sul tema salariale e della presenza nei ruoli apicali, secondo il Rapporto sulla situazione del personale nelle aziende con oltre cinquanta dipendenti (2020-2021) curato dalla Regione del Veneto, su 3272 aziende venete la percentuale di donne occupate è del 44,9% (42,7% in provincia di Treviso), con il 33,9% di donne dirigenti (35,4% nel trevigiano). Se poi si analizza nello specifico il gap retributivo del campione, si evince che in tutte le province venete lo stipendio medio delle donne è inferiore a quello degli uomini: Treviso e Rovigo, i due territori in cui la busta paga femminile è leggermente più alta, vede un gap uomo-donna più contenuto, ma, comunque, pari al 3,3%. Ricordiamo, però, la limitatezza del campione da cui sono stati estrapolati questi dati, ovvero aziende con più di 50 dipendenti (quota non maggioritaria delle imprese venete).

Qualche soddisfazione per le donne nel settore pubblico

In termini di ruoli ricoperti, nel settore pubblico si ha qualche soddisfazione in più. Su un campione di 30 Comuni della Marca, le posizioni apicali vedono un 53% di donne e un 47% di uomini – trend confermato dalle stesse sindache, 24 (25,5%) nei 94 Comuni della provincia – però anche in questo caso con una media di stipendio del 2,8% più basso. In generale nel settore dell’Amministrazione pubblica, la quota di donne occupate è pari al 73% sul totale occupati, eppure gli uomini prendono in media all’ora 13 euro lordi in più delle loro colleghe.

Sulla violenza economica di genere lavorano quotidianamente figure come l’assessore o il consigliere alle Pari opportunità, con la consapevolezza che il cambio di passo è prima di tutto culturale: è necessario indurre i cittadini e le cittadine – compresi i datori di lavoro – a riflettere sui propri comportamenti, nonché sulla nascita e trasmissione degli stereotipi di genere, e in particolare formare le donne all’educazione finanziaria, per essere consapevoli della propria situazione e per poter essere vere e uniche amministratrici dei propri guadagni. Equamente al lavoro significa che donne e uomini svolgono lo stesso lavoro, con lo stesso impegno e con la stessa retribuzione, svincolata da privilegi di nascita.

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