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Treviso: al festival 4passi si è parlato di Palestina

In una terra senza pace, muoiono a migliaia i civili innocenti
02/11/2023

“Palestina, una terra senza pace”: un incontro promosso da 4Passi festival e deciso molto prima che gli eventi del 7 ottobre sconvolgessero questa zona già martoriata. L’evento, sabato 28 ottobre, nel museo Santa Caterina a Treviso, ha avuto un successo enorme, segno del bisogno e della volontà dei cittadini di informarsi su temi così controversi.

A trent’anni dagli Accordi di Oslo, le condizioni di vita nei Territori occupati sono, infatti, sempre più difficili e le notizie provenienti dalla striscia di Gaza e da Israele sono sempre più preoccupanti. Il tema è stato introdotto da Anna Maria Selini, giornalista esperta di Palestina, in collegamento con Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, e Mohammed Hmidat, produttore palestinese delle filiere di commercio equo e solidale.

Anna Maria Selini ha introdotto l’incontro esponendo i fatti, a partire da quel 7 ottobre, quando il braccio armato di Hamas ha attaccato in maniera pesantissima Israele, provocando la morte di 1.300 israeliani. Da allora è partita una rappresaglia durissima da parte del Governo e delle forze armate israeliane e attualmente si parla di 7.500 vittime palestinesi nella striscia di Gaza.

Francesca Albanese ha, poi, continuato: “E’ una situazione strutturalmente violenta e la violenza si è ormai diffusa in modo sistematico. Questa violenza va, però, contestualizzata e ciò non significa giustificare, condonare o minimizzare l’efferatezza dei crimini commessi da Hamas. C’è una inchiesta in corso per fare verità sulla questione da parte della Commissione dei diritti umani, ma ciò che non si deve dimenticare è che si parla di un conflitto armato tra un gruppo non statale e uno Stato. La risposta di Israele, una controffensiva su Gaza, è stata giustificata dal diritto di difesa, ma ciò è scorretto perché il diritto all’autodifesa può essere invocato solo in risposta a un attacco proveniente da uno Stato. Lo Stato palestinese c’è, ma è sotto occupazione militare Israeliana. Israele non può, quindi, invocare l’autodifesa e avrebbe certo diritto di difendersi, ma non in questi termini. Anche invocando il diritto all’autodifesa, l’attacco avrebbe dovuto essere proporzionale e non mirare ai civili. Sono stati uccisi 7.500 cittadini palestinesi e ci sono almeno mille persone ancora sotto le macerie, per la maggior parte bambini. Il 50% delle case a Gaza è stato distrutto, sono stati bombardati ospedali, chiese, mercati, moschee. Non c’è una necessità militare che giustifichi queste azioni, quello che sta succedendo si chiarisce con le dichiarazioni di questi giorni. Israele ha annunciato che vuole eliminare gli «animali», come sono stati chiamati gli abitanti di Gaza dal capo della Difesa israeliano, bisogna «rompergli la schiena», come ha detto il moderato presidente israeliano Herzog, «non ci sono civili, neanche i bambini sono civili, sono tutti terroristi», ci dice Natalie Bennett, membro della Camera dei Lord del Regno Unito. Ecco come si è disumanizzata la popolazione di Gaza. Ma i crimini e le atrocità non sono un fatto, sono un processo, si comincia con questi termini per giustificare poi le morti. La popolazione di Gaza è per una buona percentuale popolazione palestinese cacciata dalle terre occupate. E’ il momento, questo, di stringersi intorno a israeliani e palestinesi, se non riusciamo a vederli come esseri umani aventi diritti, tutti e due, svecchiando il modo di vedere questo conflitto, non riusciremo mai ad accompagnarli in un processo di pace che si basi innanzitutto sul diritto internazionale. Deve cessare questa idea di negoziazione tra le due parti, che non sono in grado, da sole, di negoziare, e bisogna adottare uno sguardo imparziale che possa aiutare a trovare la pace”.

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