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Trevisani nel mondo: voglia di incontrarsi

L’associazione ha festeggiato quest’anno cinquant’anni di attività accanto ai nostri emigranti, partiti in epoche lontane, ma anche vicini ai giovani che, sempre più numerosi, lasciano il nostro Paese per cercare esperienze e possibilità di realizzazione all’estero. Intervista al presidente Franco Conte

L’emigrazione è un fenomeno che non finisce mai e che richiede attenzione, sostegno.

Lo dimostra la storia dell’associazione Trevisani nel mondo che quest’anno è giunta al traguardo dei cinquant’anni di attività, seguendo i nostri emigranti partiti in epoche lontane, ma anche i giovani che partono adesso. E lo fanno in numeri sempre più consistenti.

Dal 2021 è presidente della Trevisani nel mondo Franco Conte, già sindaco di Resana, assessore provinciale, senatore, che nel 2021 ha scritto il libro “L’esile filo della memoria”, nel quale racconta – in oltre 550 pagine – la storia dell’emigrazione e della “Trevisani nel mondo”.

Presidente Conte, cosa ha rappresentato la Trevisani nel mondo in questi cinquant’anni?

Ha permesso un collegamento costante tra Treviso e i trevisani che sono presenti in tante parti del mondo. Un collegamento che avviene in particolare attraverso la rivista “Trevisani nel mondo”, che viene inviata mensilmente a tutti i soci e garantisce il legame con la terra d’origine. Nei primi tempi c’era una maggiore necessità di avere informazioni di vario genere, questa man mano è venuta meno, mentre rimane un attaccamento alle tradizioni, ai costumi, alle consuetudini della terra trevisana. E l’associazione ha portato avanti molte battaglie ai fini di una giusta rivalsa e della difesa dei diritti civili, per sollecitare l’approvazione di leggi importanti per la parità dei diritti del lavoro, per il riconoscimento della cittadinanza, per il diritto di voto.

Alla luce della sua esperienza e dei contatti avuti, qual è oggi la realtà dei trevigiani emigrati in giro per il mondo?

La gran parte dei trevisani che sono emigrati sono riusciti ad avere una vita dignitosa, tanti si sono affermati in particolare nel lavoro, alcuni anche in ruoli amministrativi politici. Ma ci sono anche eccezioni, di quelli che hanno difficoltà e problemi, in particolare in Argentina, in Venezuela, per i fatti accaduti in quegli Stati; mentre, invece, in Canada, negli Stati Uniti, in Australia si incontrano trevigiani che sono diventati grossi imprenditori nelle costruzioni, in agricoltura... Sempre con tanto lavoro e tanto sacrificio.

La storia, come anche le cronache, insegna che le migrazioni sono un fenomeno di ogni epoca e che prima o poi coinvolge tutti. Eppure resta sempre un tema spinoso, divisivo: secondo lei perché?

E’ visto come un problema. Però in questo io vedo tanta strumentalizzazione, perché nei telegiornali si parla tutti i giorni degli sbarchi... E ci sono anche tante contraddizioni: da una parte, al Nord, anche in provincia di Treviso, c’è tanta richiesta di manodopera, magari non specializzata; d’altra parte i nostri giovani vanno all’estero perché non trovano lavoro, mentre al tempo stesso ci opponiamo quando dei potenziali lavoratori giungono da noi dall’estero. Tutto questo crea tensioni che non sono positive e non sono utili per nessuno.

Ci vorrebbe maggior realismo, quindi?

Penso che si debba prendere atto della situazione che c’è e cercare di facilitare l’inserimento di queste persone. Mi capita spesso di parlare con imprenditori trevigiani, che hanno bisogno di lavoratori e hanno anche buone idee per l’inserimento, con concreti esempi positivi: per insegnare la lingua, per la questione abitativa. Diversa, invece, è la posizione che c’è da parte del mondo della politica.

Come ha accennato, l’emigrazione riguarda tanti che partono da qui, anche attualmente...

Sì, le condizioni oggi sono diverse, però l’esperienza che viene vissuta, di essere lontani dal proprio Paese, dalla propria terra, è la stessa delle epoche passate. Recentemente abbiamo avviato l’iniziativa di collegamenti online serali con nostri giovani che si trovano all’estero, per farci raccontare le loro esperienze: ci sono quelli che hanno successo e quelli che hanno difficoltà, ma tutti raccontano che a loro manca una vita di relazione dopo che hanno finito di lavorare. Per loro, come per tutti gli emigranti, la nostra associazione è diventata un punto di riferimento. C’è chi dice: “Per fortuna che ho conosciuto la Trevisani nel mondo, perché da allora, grazie alle iniziative e alle feste che vengono organizzate, ho cominciato a vivere, mentre prima sopravvivevo”.

Questo accade anche per i giovani emigrati in anni più recenti?

Sì. Negli ultimi 2-3 anni sono nate 3 nuove sezioni della Trevisani formate da tutti giovani: due in Brasile, formate da discendenti di quarta o quinta generazione di emigranti trevisani; una ad Arad, in Romania, dove ci sono trevigiani giunti là in seguito alla delocalizzazione degli anni Novanta. Ma abbiamo giovani emigrati in anni recenti che si sono iscritti singolarmente e si trovano un po’ dappertutto, persino in Cina.

Il 2023 è stato l’anno delle celebrazioni per i cinquant’anni della Trevisani: quale bilancio si può tracciare?

Abbiamo riscontrato che, reduci dal periodo difficile a causa del Covid, c’era tanta voglia di tornare a incontrarsi, a partecipare alle iniziative. E nei vari eventi nel corso dell’anno c’è stata grande partecipazione, grande entusiasmo. Anche per il raduno in Cansiglio, dopo anni in tono minore, tanti sono tornati da tutto il mondo. Inoltre abbiamo ripreso a fare incontri nelle scuole, con tante richieste; abbiamo indetto un concorso per le scuole superiori. Sono tutte iniziative utili per far conoscere il fenomeno migratorio e valorizzare le esperienze dei nostri emigranti.

Quali le prospettive della Trevisani dopo mezzo secolo di attività?

Per noi i cinquant’anni non sono un punto di arrivo, ma di ripartenza, tenendo conto dei forti mutamenti avvenuti, sempre con l’obiettivo di tenere i contatti con quanti sono emigrati e valorizzare le loro esperienze, muovendoci in più direzioni: continuare i legami con gli emigrati storici come anche con i loro discendenti; l’attenzione e il collegamento con le nuove forme di immigrazione; i rapporti con le scuole. Abbiamo anche modificato lo statuto per entrare a far parte del Terzo settore e poter fare altre iniziative, oltre a quelle tradizionali, ad esempio nel campo dell’editoria, per pubblicare libri, e con l’acquisto della testata dello “Schieson Trevisan”, importante tassello per conservare la cultura e le tradizioni trevisane.

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