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Per stare a questo mondo: abitare lo spazio e vivere il tempo

Gli spazi sono sempre carichi di significato. La nostra città, la casa dove abitiamo, la nostra camera, il nostro ufficio, la chiesa della nostra parrocchia, quel posto in montagna o al mare sono connotati simbolicamente e affettivamente. Sono “spazi vissuti”. In ogni esperienza o relazione, la dimensione spaziale e quella temporale s’intrecciano in una stessa configurazione qualitativa

14/01/2021

Come lo spazio, così anche il tempo non è un semplice contenitore di cose ed eventi. Se così fosse, basterebbe l’orologio per definirlo e adottare alcune strategie per controllarlo, ordinarlo, gestirlo e viverlo al meglio.

Già Sant’Agostino riportava il tempo alla vita interiore, al vissuto della coscienza, all’attenzione, alla memoria, all’attesa. Per certi versi, noi stessi siamo tempo. Da come viviamo il tempo possiamo capire chi siamo. D’altra parte, è il nostro modo di vivere il tempo a svelare a noi stessi e agli altri la nostra identità: la motivazione, la coscienza, il sistema valoriale di riferimento. Il tempo non è nemmeno una pura successione di momenti, non è oggettività che prescinde dalla nostra esperienza. Il tempo è sempre “tempo vissuto”. Con la nostra libertà, infatti, lo orientiamo, assumiamo e scegliamo. La libertà è la risposta umana al tempo. L’abbiamo ricevuto. Vivere è generarlo e ri-generarlo negli altri quale dono essenziale alla vita. Amare qualcuno vuol dire dargli tempo. Far nascere un essere umano è donargli tempo. Perdonare una persona è darle il tempo di rinnovarsi. Educare l’altro è, in fondo, dargli tempo, aprirgli una prospettiva, offrirgli un futuro. Ora, se il tempo ci viene dalla relazione con l’altro, giacché è l’altro che ce lo offre e insegna, allora il modo più sensato di spenderlo è donarlo a qualcuno, amandolo.

Ma qual è il nostro rapporto con lo spazio e il tempo? Da molti anni a questa parte si parla e si scrive parecchio sui non-luoghi e i non-tempi. È possibile che anche nella nostra vita vi siano spazi e tempi solo in apparenza pieni di incontri, relazioni ed esperienze, in realtà vuoti, impersonali, anonimi. A volte non abitiamo lo spazio, ma solo lo occupiamo. In certe situazioni ci sentiamo in prestito. In alcuni ambienti ci stiamo mal volentieri, in altri è come se non ci fossimo mai stati veramente. Altre volte siamo talmente di corsa da non accorgerci neppure del cambio di scena, dell’inizio e della fine di un fatto o di un incontro. Siamo assenti in presenza. Con il corpo siamo qui, ma con la testa e il cuore siamo da un’altra parte.

E’ davvero paradossale: desideriamo vivere intensamente il presente, ma, senza rendercene conto, esistiamo altrove o proiettati in un futuro che non sappiamo se mai ci sarà.

Qual è la qualità delle nostre relazioni? Ci sono persone che vanno perennemente di fretta. E’ molto difficile rapportarsi con chi è sfuggente e dà la sensazione di non avere voglia di lasciarsi incontrare. Il fatto è che se lo spazio di una relazione non si nutre della presenza di ciascuno dei due diventa non-luogo.

Anche il nostro corpo, intreccio visibile di spazio e tempo, può diventare non-luogo e non-tempo. Potremmo perdere il contatto con il nostro corpo e viverlo come vuoto e disabitato. Qualcuno lo trascura, qualche altro, al contrario, lo esibisce. C’è chi non abita il proprio corpo a tal punto da usarlo come se fosse un qualcosa d’altro rispetto a sé. In realtà, noi non abbiamo solo un corpo, perché noi siamo anche il corpo che abbiamo. Uno dei peggiori non-luoghi in circolazione è un corpo che si getta via. Capita a chi non riconosce dignità al corpo proprio, né a quello altrui, a chi lo vive come semplice pezzo di carne e pura esteriorità.

Per vivere bene qui e adesso lo spazio e il tempo dobbiamo “esserci”, stare, sostare, rimanere. Gesù di Nazaret abita in modo del tutto singolare lo spazio e il tempo con l’interezza della sua persona. E’ per questo che il deserto e la montagna, la città e il lago diventano per lui occasione propizia d’incontro e comunione. Gesù abita anche la notte e il buio, il silenzio e la solitudine, la sofferenza e la morte. Chi lo incontra sente che c’è. Quando arriva, il tempo si compie. Dov’è, lo spazio si riempie, la relazione s’invera, il gesto si fa eloquente, la parola si realizza.

A rendere abitati e densi di significato il nostro spazio e il nostro tempo, il nostro corpo e le nostre relazioni vi è soprattutto la presenza reale di Dio in noi e tra di noi. Il Signore stima ogni persona a tal punto da abitarla, qui e ora. Egli ama la storia tanto da sceglierla come sua residenza. Ha piantato la sua tenda in mezzo a noi. Il suo mistero si dispiega nel tempo. Ogni istante, condizione e situazione della nostra vita sono il tempo e il luogo dell’incontro e della relazione con lui. Celebrare la sua presenza per vivere in sua compagnia e sotto il suo sguardo è ciò che ha il potere di umanizzare in pienezza la nostra vita e il nostro mondo, ben al di là di ogni nostro desiderio.

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