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La storia: Maria Pilar, un “destino” nel nome

Nata a Talca, in Cile, attiva poi nel Gruppone missionario, una volta laureatasi come assistente sociale ha deciso di fare un’esperienza all’estero proprio nel Paese che l’ha vista nascere, dove 2,8 milioni di persone vivono in condizioni di povertà

Gli antichi romani dicevano che “nomen est omen”, cioè che il destino è nel nome o potrebbe, comunque, essere forgiato attraverso la volontà, la determinazione e la resilienza.

Maria Pilar Maronilli ha 28 anni, è nata a Talca e ha vissuto in Cile per i primi mesi di vita, quando i genitori prestavano servizio in missione; cresciuta a Zero Branco, poi è tornata in Cile, prima da volontaria in servizio civile internazionale e , più recentemente, per vivere e lavorare da assistente sociale nella Fondazione Crate legata al Gruppone missionario.

Pilar in spagnolo significa colonna: la basilica di Nostra Signora del Pilar a Saragozza, in Spagna, è uno dei più famosi santuari e secondo la tradizione è stata fondata da Giacomo il Maggiore dopo che Maria, ancora vivente a Gerusalemme, gli era apparsa non in spirito, ma nel suo corpo, seduta su un pilastro.
Tanto le è entrata dentro l’appartenenza al mondo cileno che ora, dopo meno di due anni di vita quotidiana a Molina, due ore a sud di Santiago, parla italiano con accento spagnolo e pensa in spagnolo.

Racconta di sé e della sua esperienza non senza pudore e qualche reticenza – il papà, Cristiano, me lo aveva anticipato passandomi il suo numero di cellulare -, ma anche con la convinzione che si tratta di una buona occasione per raccontare come si vive dall’altra parte del mondo.

Numerose le diseguaglianze sociali nel Paese, al quale, nel passato ci si riferiva come “miracolo cileno”. Ogni anno in America Latina un milione di ragazze tra i 15 e i 19 anni dà alla luce un bambino

Cile, terra di partenza

“Il mio legame con il mondo cileno parte davvero dalle mie origini – spiega – e mi ha accompagnato sempre, specie per quella dimensione legata all’attenzione sociale e al mondo del volontariato che mi contraddistinguono”.

Negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, Maria Pilar partecipa delle iniziative del Gruppone missionario; all’Università si laurea assistente sociale, presentando come argomento di tesi le seconde generazioni di migranti in Italia, e per la magistrale si specializza in “Lavoro, cittadinanza sociale e interculturalità”, porta uno studio sulla salute riproduttiva delle donne migranti. In piena pandemia, nel giugno 2021, sostiene l’esame di stato e si iscrive all’albo degli assistenti sociali.

“Desideravo vivere una esperienza all’estero e ho fatto domanda di servizio civile con la Comunità Papa Giovanni XXIII. Ma le frontiere erano ancora chiuse in quel periodo, così fino a ottobre ho svolto la mia attività di volontariato in una casa famiglia nel Coneglianese”.

Il fatto di essere nata in Cile ha snellito le pratiche per la partenza e all’inizio del 2022 Maria Pilar vola a Santiago.

Lì, tra i diversi servizi che l’associazione fondata da don Oreste Benzi garantisce, ci sono anche una mensa per persone senza dimora, un progetto post scuola per i bambini vulnerabili e un programma di prevenzione ai maltrattamenti in famiglia.

“Ho iniziato a conoscere la situazione sociale cilena da qui – prosegue -. L’incontro con queste realtà mi ha aperto gli occhi su un mondo diverso e mi ha insegnato a vedere e comprendere le cose con prospettive nuove, senza dare per scontato niente”.

Terra di cammino

Il Cile è uno dei Paesi più ricchi dell’America Latina, a cui in passato ci si riferiva parlando di “miracolo cileno”, ma è anche uno dei Paesi con le maggiori diseguaglianze sociali. Su 16,5 milioni di abitanti, 2,8 vivono in condizioni di povertà, con gravi criticità di ordine psicosociale oltre che economico.

La cultura capitalista e neoliberista sta sempre più evolvendo e le contraddizioni crescono.

Un esempio? L’acqua in Cile è un bene privato, unico Paese al mondo. Le bibite costano meno dell’acqua potabile.

“Le storie private della gente si intrecciano alla grande storia che ha segnato il Cile. Conoscerle significa innanzitutto comprendere senza giudicare. Il tema della dittatura è molto presente nei racconti, nelle proteste sociali, nella stessa volontà di partecipazione della gente”.

Maria Pilar torna per un breve periodo in Italia al termine del suo servizio civile e, poi, a dicembre 2022 parte definitivamente, destinazione Molina, vicino a Talca.

Ancora prima di concludere l’iter di convalida del titolo di studio già lavora con la Fondazione Crate come assistente sociale nell’ambito di una struttura di accoglienza per madri adolescenti.

L’America Latina ha il tasso di gravidanze precoci più alto al mondo dopo l’Africa subsahariana: ogni anno un milione di ragazze tra i quindici e i diciannove anni dà alla luce un bambino.

E’ un problema che ha conseguenze negative sulla salute, sulla parità di genere, ma anche sull’istruzione, visto che su dieci studenti che lasciano la scuola, tre lo fanno perché sono incinte o sono diventate madri.

A questo si associano situazioni di abusi e maltrattamenti, di povertà economica e culturale, di devianza e marginalità estrema.

E ad aggravare il fenomeno influisce anche la componente etno-razziale.

“Affianchiamo le mamme per cercare di sostenerle nella costruzione di un vita autonoma, per quanto possibile: di una casa dove stare, un lavoro, una rete di relazioni «buone». Ho incontrato giovani adolescenti che hanno subito violenze, che disperate lasciano i figli perché vadano in adozione; ragazze che ripropongono gli stili di vita nocivi nei quali sono cresciute; dipendenti da droghe, da atti di autolesionismo che reiterano, e purtroppo i casi piú difficili sono quelli in cui le ragazze madri non possono contare su nessun familiare”.

Maria Pilar lavora per accompagnarle nel difficile e doloroso percorso che solo ciascuna di loro, da sola, può compiere, verso la decisione di cambiare e di realizzare il cambiamento possibile. I progetti di educazione sanitaria, di sostegno genitoriale, di inserimento lavorativo sono fondamentali, ma complessi perché non dipendono solo dalla volontà della donna oppure dalle opportunità che si possono realizzare, o dalle reti attivabili, ma da variabili ogni volta diverse e non sempre prevedibili.

“Sta proprio qui la bellezza del mio lavoro - spiega -: essere consapevoli di fare insieme un pezzo di strada”.

Cile, parte di vita

“Qui in Cile oggi sto bene, mi sono integrata, sono contenta, sono riuscita a creare una rete di relazioni sana, grazie anche al mio fidanzato cileno, Felipe, che mi appoggia e mi aiuta a comprendere meglio questo mondo, se mi fermo a pensare mi sembra quasi impossibile essere riuscita a raggiungere tanti obiettivi in così poco tempo, pensando che sono arrivata in Cile solamente con due valigie, e oggi ho una casa dove vivere e un lavoro stabile che mi ha fatto crescere tanto, ho ricominciato a giocare a pallavolo e posso contare su persone importanti che sono diventate amiche fidate – racconta ancora -. Ma non escludo, tra qualche anno, di rientrare in Italia, specie se penso al mio desiderio di avere una famiglia, dei figli”.

Maria Pilar si definisce una giovane donna resiliente che riesce ad adattarsi alle situazioni, cercando sempre il lato positivo, cresciuta nella convinzione che agendo nel piccolo si possono generare cose grandi e che vale la pena spendersi fino in fondo per gli ideali in cui si crede.

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