Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Inseguendo un pallone, per dare un calcio ai pregiudizi
Natali Shaheen è una giovane palestinese, di trent’anni, nata e cresciuta a Gerico, in Cisgiordania, finché la sua passione e la sua determinazione l’hanno portata in Italia, in Sardegna, dove l’abbiamo raggiunta perché ci anticipasse alcuni contenuti del suo libro “Un calcio ai pregiudizi. Dalla Palestina alla Sardegna dribblando ogni ostacolo”, che presenterà domenica 26 maggio alle ore 11, alla libreria Lovat di Villorba, insieme all’associazione Sport4Society.
Come entra lo sport, e in particolare il calcio, nella tua vita?
Andavo a scuola in un istituto privato, l’unico allora misto di Gerico. Nell’ora di educazione fisica si poteva giocare a calcio o a basket, io ero l’unica bambina a giocare a calcio. Avevo sei anni, era il periodo della seconda Intifada, non c’erano alternative. Il campetto di calcio era di fronte a casa mia. Mi sono appassionata e non l’ho più abbandonato.
Nel libro racconti di tanti ostacoli superati, culturali e materiali. Quali?
Per andare agli allenamenti a Ramallah, partivo da Gerico e non sapevo mai se sarei arrivata. Bisognava, infatti, superare un checkpoint dell’esercito israeliano. A volte veniva chiuso senza spiegazioni e non ci lasciavano passare. C’era un campionato, con partite e allenamenti programmati, ma spesso saltavano. Ci potevi mettere un’ora come cinque per arrivare a Ramallah...
Poi, c’erano anche i pregiudizi culturali.
A una donna palestinese non è proibito giocare a calcio, ma non è piacevole vederla in pantaloncini e maglietta, crescono i muscoli e le gambe storte, così non troverà mai marito. Questi sono i pregiudizi. All’inizio mi chiamavano “maschiaccio”, anche i miei compagni di classe mi criticavano, ma io sono sempre andata avanti per la mia strada, con il sostegno dei miei genitori e dei miei fratelli.
E come arrivi in Sardegna?
Dopo la laurea in Scienze motorie, nel 2015/2016 fummo invitati dall’associazione Ponti e non muri come società di atletica leggera, dove io mi allenavo quando non giocavo a calcio . Ho iniziato ad allenarmi con il Cus Sassari, con la squadra maschile e poi in squadre femminili. L’associazione mi segnalò che c’era un dottorato di ricerca in Scienze umanistiche e sociali. Ho partecipato e l’ho vinto. “Un calcio ai pregiudizi. Dalla Palestina alla Sardegna dribblando ogni ostacolo”, il libro, è la tesi di dottorato, che raccoglie interviste a calciatrici italiane e palestinesi sul loro rapporto con lo sport e con la difficoltà di praticarlo.
Tu sei attiva nell’associazione Ponti non muri, che vuole creare un ponte tra culture diverse ed è sensibile alla causa palestinese, e lavori ora nell’organizzazione The Athletes table, che si impegna per un accesso equo allo sport in Medio Oriente. Cosa organizzate?
I proventi della vendita del libro vanno a Ponti non muri, per organizzare degli open day, che scelgo io, per promuovere il calcio femminile, ad esempio, nei campi profughi. Recentemente ne abbiamo organizzati due in Giordania, a Madaba e uno al confine con la Siria, con 150 ragazze. Avrei voluto tanto organizzarne uno in Palestina, ma con la situazione attuale non è possibile. Con l’organizzazione americana The Athletes table, vogliamo dare la possibilità a tutte le bambine di praticare sport. Abbiamo iniziato da Gerico, con camp di calcio, basket e arti marziali. Tutti devono avere la possibilità di inseguire i loro sogni. E faremo un camp anche qui in Sardegna, a Bitti. Voglio essere un esempio, invitare tutte a non mollare, a continuare a fare sport.
L’INCONTRO
Domenica 26 maggio alle ore 11, alla libreria Lovat di Villorba, Natali Shaheen converserà con Luca Musumeci, presidente di Sport4Society, sul libro e sull’importanza dello sport come strumento di crescita individuale e sociale e per lo sviluppo della parità di genere. Le strade di Natali Shaheen e Sport4Society si sono incrociate lo scorso anno, quando Natali ha ricevuto il premio Sport e Diritti umani, riconoscimento che Sport4Society e Amnesty International Italia conferiscono annualmente a chi abbia contribuito alla promozione dei diritti umani.