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Grazie a Istresco riconosciuti due nuovi giusti tra le Nazioni

Sono i coniugi Gioacchino Campagnolo ed Erminia Caon, i loro nomi verranno incisi sul Muro d'onore, all'interno del Giardino dei Giusti al memoriale dell'Olocausto di Gerusalemme

“Siamo lieti di annunciare che la Commissione responsabile ha deciso di assegnare il titolo di «Giusto fra le Nazioni» a Gioacchino Campagnolo ed Erminia Caon”. La lettera è arrivata nella casa del figlio Giacomo, classe 1943, a Pezzan di Carbonera, qualche settimana fa. Il fatto ha reso felici i tre figli ancora in vita e anche l’Istresco, presieduto da Chiara Scinni, che ha costruito, a partire dal 2021 il dettagliato dossier da presentare alla Commissione dello Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme. Il figlio Giacomo sarà presto ricevuto dall’Ambasciata israeliana a Roma per la consegna della medaglia e del certificato d’onore. Quindi, i nomi dei due nuovi giusti trevigiani verranno incisi sul Muro d’onore, all’interno dei Giardino dei Giusti allo Yad Vashem, dove si ricordano i non-ebrei che hanno agito in modo eroico, a rischio della propria vita e senza interesse personale, per salvare ebrei dal genocidio nazista della Shoah. Come hanno fatto Gioacchino e la moglie Erminia.

Gioacchino Campagnolo era un contadino originario di Resana che, nel 1932, si era trasferito con la sua numerosa famiglia a Carbonera, a coltivare delle terre di proprietà dell’Ospedale di Treviso. Qui visse con i suoi otto figli. Il minore, Giacomo, del 1943, ha custodito la memoria del padre, facendo opera di divulgazione nelle scuole e la comunità.

Sul finire del 1943, Gioacchino venne contattato da don Angelo Dalla Torre, forse anche tramite il fratello, don Gaetano Campagnolo, come persona degna di fiducia, per ospitare persone ebree, nonché capace di mantenere il segreto. Per altro, ulteriori garanzie per una sicura clandestinità venivano dall’isolamento della sua abitazione, posta in via Boschi a Carbonera, in aperta campagna, e dal fatto che Gioacchino, immigrato da poco più di dieci anni, non era molto conosciuto in paese. Anche la moglie venne tenuta all’oscuro, tanto che le due donne (madre e bambina, mentre il padre era stata catturato e deportato ad Auschwitz) vennero presentate come parenti provenienti dall’Alsazia. Si trattava di Esther Lina Bergman, cantante lirica, poliglotta, e della piccola Diane Gruenewald, che si adattarono alla povera, ma generosa ospitalità del contadino, cercando di imitare le altre donne di casa anche nei comportamenti esteriori religiosi. Per due anni, dal 1943 al 1945 rimasero in quella famiglia, dove Diane volle tornare per altri due mesi, dopo la liberazione, tanto la considerava casa sua.

Per lunghi anni Esther e Diane mantennero corrispondenza con la famiglia Campagnolo e anche con don Angelo Della Torre, come provano i numerosi biglietti augurali da lui conservati e che ora si trovano nella Biblioteca del Seminario vescovile di Treviso. Poi i contatti si fecero più rari, fino al giorno in cui Diane, che vive negli Stati Uniti, tornò in Italia per la presentazione del libro di Louis Goldman “Amici per la vita”, dove viene raccontata la loro storia.

“Ho sentito tante volte mio padre riferire le vicende di quel periodo e anche don Angelo Dalla Torre, che mi ha lasciato uno scritto dove narra tutta la storia, tanto che mi sembra di averla vissuta”, anche se non ha ricordi diretti, perché era molto piccolo. Ma una cosa ricorda bene, quando il padre lo portava nei campi e gli raccontava di quella volta in cui fu catturato dai tedeschi che gli chiesero di scegliere l’albero a cui voleva essere appeso. Gioacchino continuò per dieci ore a dire di non essere a conoscenza di nulla, sospettando che lo avessero scoperto. In realtà i tedeschi si riferivano a un’altra vicenda accaduta vicino a casa, a cui lui era proprio estraneo e così gli risparmiarono la vita. “Mio padre aveva una grande fede e ha sempre aiutato il prossimo, non aspettandosi nulla in cambio. Fu anche presidente dell’Eca, l’Ente comunale per l’assistenza dei poveri”. Un uomo mite e buono che ora, grazie anche alla tenacia del figlio, e dei ricercatori dell’Istresco, Lucio de Bortoli e Francesca Meneghetti, conquista gli onori della cronaca.

Con Gioacchino ed Erminia sono 27, su 59 nel Veneto, i giusti tra le Nazioni trevigiani, un primato di cui andare fieri. Ora, da Israele, si attende una risposta positiva anche per don Daniele Bortoletto, prevosto di Montebelluna dal 1939 al 1971.

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