Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Don Paolo Chiavacci, quel Grappa tanto amato
Ricordo domenica 8 aprile, a 36 anni dalla morte. Per chi l’ha conosciuto egli era un poeta, un sognatore e oggi i suoi sogni e i suoi progetti non si sono realizzati. Nel 2015 papa Francesco ha pubblicato l’enciclica Laudato si’ dove si ristrovano le idee profetiche di don Paolo di 45 anni prima.

Il 5 aprile 1982 alle ore 13, sotto un corniolo fiorito, moriva don Paolo Chiavacci. Era suo desiderio nascere alla nuova vita sotto un albero, abbracciando la terra, la “sua” terra del “suo” Grappa. Infatti morì con il viso sporco di terra, le mani ruvide e callose dal duro lavoro da “manovale del buon Dio”, come amava definirsi. Noi della Casa don Bosco lo ricorderemo domenica 8 aprile in un pomeriggio tutto particolare: alle 15.30 il prof. Cesare Lasen parlerà di Laudato si’, spiegando l’enciclica di papa Francesco come messaggio per il futuro del nostro pianeta, richiamandoci alle nostre responsabilità di credenti per la salvaguardia del territorio e per ricordarci della valorizzazione che don Paolo voleva dare al Grappa che, purtroppo, è rimasto ancora un sogno irrealizzato. La relazione di Lasen, “Maestro dei fiori”, sarà coronata da splendide foto di Valter Binotto e dal suono di un violino e di un’arpa.
Sono 36 anni che don Paolo ci ha lasciato. Per chi l’ha conosciuto egli era un poeta, un sognatore e oggi i suoi sogni e i suoi progetti non si sono realizzati. Nel 2015 papa Francesco ha pubblicato l’enciclica Laudato si’ dove si ristrovano le idee profetiche di don Paolo di 45 anni prima.
Infatti, nel 1974 don Paolo scriveva: “La mia vita di uomo è legata alla vita degli animali, della pianta, del filo d’erba; la vita della pianta, dell’animale, del filo d’erba è legata all’esistenza della Terra; l’esistenza della Terra è legata all’esistenza del sistema solare; l’esistenza del sistema solare all’esistenza del sistema sidereo: è tutta un’armonia che lega l’un l’altro gli esseri dell’universo.”
E papa Francesco scrive nell’Enciclica: “L’interdipendenza delle creature è voluta da Dio. Il Sole e la Luna, il cedro e il piccolo fiore, l’aquila e il passero: le innumerevoli diversità e disuguaglianze stanno a significare che nessuna creatura basta a se stessa, che esse esistono solo in dipendenza le une dalle altre, per completarsi vicendevolmente, al servizio le une delle altre”.
Il giornalista, scrittore, Giorgio Lago, quando don Paolo muore, sottolinea: “Era solo, quel giorno, e non avvertì nessuno che se ne andava. Morendo sotto un albero di corniolo, su una rampa di monte, don Paolo Chiavacci scelse la sua lapide. Incontrò la Natura fino all’ultimo istante.
Ha scritto molto don Paolo, sempre. Aveva tanto nel cuore e nella mente da non riuscire a trattenerlo: sentiva il bisogno di mettere nero su bianco, fissando i pensieri per sé e per gli altri. La sua vita appare a volte come un lungo diario…”.
E noi che cerchiamo di sfogliare questo diario facciamo parlare don Paolo.
Riferendosi al Grappa, don Paolo denunciava: “Il massiccio del Grappa è interamente Veneto, è al centro del Veneto, è il polmone del Veneto. Non solo il polmone che scandisce il respiro di tutto un palpitare di animali e di fiori, di piante e di paesaggi ma un polmone che ha una sua funzione idrografica e climatologica propria per la sua e nostra vitalità, un polmone che, già in parte mutilato e immiserito, ancora funziona, ma al quale non possiamo e non dobbiamo chiedere più di quanto può. Togliere il Grappa alla sua destinazione naturale di purificatore della pianura veneta potrebbe compromettere in modo oggi non valutabile le nostre popolazioni di domani.
Già le sue ricchezze sono state troppo saccheggiate...”.
Era quello che cantava san Francesco d’Assisi: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”, canto che così commenta papa Francesco: “In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia”.
Una richiesta, l’ultima, di don Paolo: “Buttate sulla mia tomba il più umile fiore, una sassifraga del Grappa e ditemi che siete andati a vedere il più bel panorama del mondo sul monte restituito alla funzione affidatagli da Dio e dalla Natura, il monte più caro al mondo”.
Un modo originale e fiorito per ricordare don Paolo Chiavacci, fondatore del Centro di spiritualità e cultura di Crespano del Grappa. Ricordare lui sarà anche l’occasione per ricordare tutti i suoi amici collaboratori che hanno condiviso il sogno di realizzare il progetto della Grande Speranza.