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Don Paolo Chiavacci profeta dell'ambiente

Molte le voci intervenute per presentare il libro a lui dedicato, a Ca' dei Carraresi

Il 9 giugno a Ca’ dei Carraresi, a 40 anni dalla sua morte, con la presentazione del libro “Don Paolo Chiavacci, profeta dell’ambiente” curato da Francesco Chiavacci Lago e Umberto Folena, è stata ricordata la figura di questo sacerdote diocesano, fondatore, alle pendici del Monte Grappa, in una casera di famiglia, della Casa don Bosco, che dopo la sua morte diventerà il “Centro di spiritualità e cultura don Paolo Chiavacci” di Crespano del Grappa, di proprietà della diocesi di Treviso: attualmente una struttura di 23 ettari di terra, 8 dedicati a un prato riserva europea di biodiversità, con attività didattica, un orto botanico, la terrazza delle stelle con una specola e un planetario con tre telescopi, un parco geologico e, in collaborazione con l’Università di Padova, un esperimento di termocompost.

Don Paolo è stato ricordato prima di tutto dal nipote Francesco Chiavacci Lago: “Durante il lockdown ho voluto riprendere gli scritti lasciati da mio zio, ma mi sono reso conto che mancavano 40 anni di storia del centro. E così ho ricostruito, non solo la sua vita fino alla morte (1982), ma anche tutto il lavoro fatto dopo, per dare vita al Centro. Mi è stato subito chiaro, dopo la pubblicazione della Laudato Si’ di papa Francesco (2015), che don Paolo, geniale profeta, l’aveva preceduto”. Termina ricordando don Paolo con le parole del padre giornalista, Giorgio Lago, che così scriveva: “Don Paolo, un refolo di san Francesco alle pendici del Grappa che, con la passione nel cuore, ma la genialità della sua visione, ha deciso di legare alla Bibbia un tema straordinariamente angosciante per l’epoca moderna: l’inquinamento di massa e le sue conseguenze”.

Dino Boffo, già direttore di Avvenire e di Tv2000, profondo conoscitore di Chiavacci, scava nel suo pensiero e nella testimonianza di vita. “Non voglio fare nessuna forzatura, ma oggi ci è abbastanza chiaro che, per vie che solo la Provvidenza conosce, don Paolo ha anticipato l’enciclica Laudato Si’ e, ancora stupiti, ci chiediamo come abbia fatto”. Del pensiero di questo prete dal fascino irresistibile, caparbio profeta che passava dall’altare alla zappa, ricorda i tanti punti di contatto con l’enciclica: “Come per papa Francesco, è all’intera creazione che dobbiamo riferirci. Entrambi poi parlano del libro della natura, del giardino di Dio per l’umanità che richiede cura nella sua interezza. Per entrambi sono insopportabili l’inquinamento, la deforestazione, la perdita di biodiversità, il pericolo dell’esaurimento delle risorse e in particolare dell’acqua, mentre il degrado naturale e umano procedono insieme”. Boffo ricorda ancora che don Paolo si appellava ai politici per il raggiungimento del bene comune. Bisognava creare una riserva naturalistica per risarcire il Grappa dalle devastazioni della guerra.

Silvia Favero, sua allieva, narra don Paolo nella sua concretezza, perché a lei e alla sorella fu chiesto di gestire a Crespano il primo nucleo “della casa di cura delle anime” fatta nascere nella amatissima casetta di famiglia. Lo ricorda alle prese con una miriade di progetti all’avanguardia, come l’accoglienza estiva degli anziani più poveri. Lo ricorda alle prese con la sofferenza, prima fisica, “ma mai si lamentava”, e anche psicologica quando, nella sua visionaria radicalità, si arrabbiava perché non capito.

Più di tutti lo conosce don Giovanni Scavezzon, oggi presidente dell’associazione “Incontri con la natura per la salvaguardia del Creato - don Paolo Chiavacci”, che lo incontrò piccolissimo quando lui con tante famiglie si trovava nelle caserma di Dosson, come sfollato dopo la guerra, dove don Paolo faceva servizio. Don Giovanni ha ricordato i 5 anni in guerra di don Paolo, tra Albania, Grecia e Italia, il “deserto” che ne seguì e come, in questo deserto, Dio gli venne incontro, facendolo diventare prete, che seppe trasformare il suo essere stato “contro”, con il fucile in mano, in un incontro “continuo con Dio, la natura, l’uomo e i grandi quesiti che essi pongono”. Per don Paolo, “non uccidere non significava solo non sparare contro un uomo, ma anche non inquinare, non distruggere l’habitat in cui gli esseri viventi vivono. Amatevi come io vi ho amato, è il comandamento valido non solo per l’uomo, ma anche per il creato”.

Il vescovo Michele Tomasi ha ricordato i due pilastri che uniscono il pensiero di don Paolo alle encicliche Laudato Si’, Evangelii Gaudium, Fratelli Tutti: “Tutto è connesso” e “La conversione ecologica”. Due principi “su cui ancora oggi non si è arrivati, né la politica, ma nemmeno la Chiesa nella sua pratica quotidiana”. Attualissimi i passi letti dal Vescovo, del libro sulla speranza scritti da don Paolo, dove, a fronte di un individuo che, nella sfrenata corsa al benessere diventa sempre più solo e povero, questo geniale sacerdote chiede una “comunità oasi di fraternità, senza tentazione di potere, autoritarismo, una comunità che possa essere nell’amore, nella vera libertà, nell’ordine, nello spirito di preghiera, nel canto”. E, ribadisce il vescovo “dopo questa sera dovremmo essere custodi attivi, i suoi temi sono affidati a noi. Tocca a noi continuare a rendere vivi i suoi messaggi”.

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