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Chiese aperte per Dante: successo dell'iniziativa tra musica, arte e lettura spirituale

A 700 anni dalla morte del sommo poeta, nelle chiese trevigiane, lo scorso 25 e 26 settembre, si è celebrata "un'esperienza di bellezza"

Una “esperienza di bellezza”: questo è stato domenica sera, 26 settembre, l’appuntamento con la cultura e la spiritualità nella chiesa di S. Francesco, a Treviso. Una serata dedicata a Dante Alighieri e a Francesco d’Assisi, promossa nell’ambito di “Chiese aperte per Dante” a 700 anni dalla morte del grande poeta.

Il giorno prima, sabato, c’è stato il successo delle letture dantesche tra musica e arte, che si sono svolte in cinque tra le più belle chiese cittadine, con la partecipazione di una cinquantina di persone a ogni appuntamento. La domenica, poi, la lettura del “canto di Francesco” tratto dal canto XI del Paradiso. Dopo il saluto di don Paolo Barbisan, direttore dell’ufficio diocesano per i Beni culturali, l’introduzione alla serata da parte dell’attore Davide Stefanato e la lettura del canto curata dall’attore Jgor Barbazza. Eleganti e puntuali gli interventi di Kalicantus ensemble, diretto da Stefano Trevisi.

Il commento spirituale al canto XI del Paradiso era affidato al vescovo, Michele Tomasi, che non ha nascosto la sua commozione per essere tornato a parlare in pubblico dopo oltre tre mesi dal suo incidente. Mons. Tomasi ha sottolineato la doppia “identità” di Dante, poeta e teologo, mettendo in luce l’unitarietà dei due aspetti, perché “bellezza e verità, ragione e sentimento, cielo e terra” non dovrebbero essere separati, perché “le separazioni feriscono il reale, e impediscono di vivere la vita come un cammino”. Mons. Tomasi ha tratteggiato la figura del santo mettendo in luce la storia d’amore tra Francesco e la Povertà. Povertà che è uno stile di vita per Francesco, a imitazione di Cristo, per amore suo. La vita di Francesco diventa così attraente per altri, i suoi frati prima di tutto: “Nel bene possiamo gareggiare e vincere tutti, vincere insieme” ha ricordato il Vescovo.
Nella povertà Francesco dimostra la sua regalità: “Ecco il paradosso grande della legge della croce, il contenuto più profondo della sua «imitazione di Cristo»” ha ricordato mons. Tomasi, fino alle stimmate, i segni “crudi e gloriosi” della passione di Cristo. “Giunto ormai al cospetto di “sora nostra morte corporale” Francesco può lasciare ai suoi l’eredità più ricca: Madonna povertà. Ancora una volta il paradosso della croce, il paradosso dell’amore”.

“Dante ha visto anche questo in san Francesco - ha concluso il Vescovo -, anche questo egli ha donato all’umanità con la sua penetrazione psicologica, il suo sguardo di fede, la sua poesia. E questo egli rilancia e consegna alla nostra vita, alla relazione con tutte le creature, ad ogni momento della nostra esistenza”.

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