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Viaggio di papa Francesco in Papua Nuova Guinea

Paese “vicino al cuore della Chiesa”

“Favorire ogni iniziativa necessaria a valorizzare le risorse naturali e umane, in modo tale da dar vita a uno sviluppo sostenibile ed equo, che promuova il benessere di tutti, nessuno escluso”. Papa Francesco arriva per la prima volta in Oceania e da Papua Nuova Guinea, un arcipelago con centinaia di isole dove si parlano più di ottocento lingue cui corrispondono altrettanti gruppi etnici, e fin dal suo primo discorso a Port Moresby, rivolto alle autorità, descrive il Paese “così lontano da Roma eppure così vicino al cuore della Chiesa cattolica” come un paradiso da tutelare, nelle sue immense ricchezze naturali, facendo appello “al senso di responsabilità di tutti, affinché si interrompa la spirale di violenza e si imbocchi invece risolutamente la via che conduce a una fruttuosa collaborazione, a vantaggio dell’intero popolo del Paese”. Migliorare le infrastrutture, affrontare i bisogni sanitari ed educativi della popolazione e accrescere le opportunità di lavoro dignitoso, gli obiettivi da perseguire. “E’ giusto che nella distribuzione dei proventi e nell’impiego della mano d’opera si tengano nel dovuto conto le esigenze delle popolazioni locali, in modo da produrre un effettivo miglioramento delle loro condizioni di vita”, le parole esigenti rivolte alle multinazionali per lo sfruttamento delle risorse.

“Pace, pace per le nazioni e anche per il creato”, l’appello senza confini pronunciato all’Angelus dopo la messa a Port Moresby: “No al riarmo e allo sfruttamento della casa comune! Sì all’incontro tra i popoli e le culture, sì all’armonia dell’uomo con le creature! Cessino le violenze tribali, che causano purtroppo molte vittime, non permettono di vivere in pace e ostacolano lo sviluppo”, l’altro appello su una delle piaghe che affliggono i papuani. “Ricomporre le rivalità, vincere le divisioni personali, familiari e tribali, scacciare dal cuore delle persone la paura, la superstizione e la magia; porre fine a comportamenti distruttivi come la violenza, l’infedeltà, lo sfruttamento, l’uso di alcool e droghe: mali che imprigionano e rendono infelici tanti fratelli e sorelle, anche qui”. Sono gli imperativi rivolti dal Papa ai fedeli della diocesi di Vanimo, e attraverso di loro a tutta Papua Nuova Guinea.

“Non siamo nelle mani del destino, non sono i malefici e le stregonerie che cambiano la nostra vita!”, ha esclamato Francesco nell’omelia della messa nello stadio di Port Moresby.

“L’amore è più forte di tutto questo e la sua bellezza può guarire il mondo, perché ha le sue radici in Dio”, ha ribadito il Papa a Vanimo, cittadina di 11 mila abitanti immersa nella foresta pluviale e dotata di uno dei tassi di biodiversità più alti del pianeta.

Essere vicini alle “periferie di questo Paese”, come hanno fatto i missionari che “non si sono arresi: questa è la vita missionaria, partire e ripartire”. E’ la raccomandazione ai vescovi, al clero e ai catechisti, incontrati nel santuario di Maria Ausiliatrice, a Port Moresby.

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