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Papa in Mongolia: “Tradizioni religiose a servizio del bene nella società”

“Se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la strada dell’incontro e del dialogo con gli altri, contribuirebbe in maniera determinante alla fine dei conflitti che continuano ad arrecare sofferenza a tanti popoli”. Lo ha detto oggi il Pontefice durante l’Incontro ecumenico e interreligioso svoltosi a Ulaanbaatar, in Mongolia, meta del suo 43° viaggio apostolico

Un incontro all’insegna del dialogo e del rispetto reciproco, con lo sguardo rivolto verso il cielo, nella consapevolezza di rappresentare “un formidabile potenziale di bene a servizio della società”. Questo il senso dell’Incontro ecumenico e interreligioso svoltosi domenica 3 settembre presso l’Hun Theatre di Ulaanbaatar, in Mongolia, meta del 43° viaggio apostolico di Papa Francesco. “Permettetemi di rivolgermi a voi così, come fratello nella fede con i credenti in Cristo e come fratello di tutti voi in nome della comune ricerca religiosa e dell’appartenenza alla stessa umanità” che – ha esordito il Papa – “nel suo anelito religioso, può essere paragonata a una comunità di viandanti che cammina in terra con lo sguardo rivolto al cielo”. Facendo quindi riferimento alle bellezze della Mongolia, raccontate da poeti e credenti (Guglielmo di Rubruk, Viaggio in Mongolia, XIII/3, Milano 2014, 63), il Papa ha paragonato le sue immense distese di terra e di cielo alle “due dimensioni fondamentali della vita umana: quella terrena, fatta di relazioni con gli altri, e quella celeste, fatta di ricerca dell’Altro, che ci trascende. La Mongolia ricorda insomma il bisogno, per tutti noi, pellegrini e viandanti, di volgere lo sguardo verso l’alto per trovare la rotta del cammino in terra”. Dopo aver ringraziato ciascuno e ciascuna per la presenza e per ogni intervento, il Papa ha individuato nell’”essere insieme nello stesso luogo” un primo importante messaggio dell’incontro: “Le tradizioni religiose, nella loro originalità e diversità, rappresentano un formidabile potenziale di bene a servizio della società. Se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la strada dell’incontro e del dialogo con gli altri, contribuirebbe in maniera determinante alla fine dei conflitti che continuano ad arrecare sofferenza a tanti popoli”.

A guidare la riflessione del Papa, anche stavolta è stato “l’amato popolo mongolo che può vantare una storia di convivenza tra esponenti di varie tradizioni religiose”. Facendo riferimento alla virtuosa esperienza “dell’antica capitale imperiale Kharakhorum, al cui interno si trovavano luoghi di culto appartenenti a diversi “credo”, il Pontefice ha indicato il valore dell’armonia, “una parola dal sapore tipicamente asiatico”, perché rappresenta “quel particolare rapporto che si viene a creare tra realtà diverse, senza sovrapporle e omologarle, ma nel rispetto delle differenze e a beneficio del vivere comune. Il Papa infatti, non ha mancato di sottolineare che la “valenza sociale della nostra religiosità si misura da quanto riusciamo ad armonizzarci con gli altri pellegrini sulla terra e da come riusciamo a diffondere armonia, lì dove viviamo. Ogni vita umana, infatti, e a maggior ragione ogni religione, è tenuta a ‘misurarsi’ in base all’altruismo: non un altruismo astratto, ma concreto, che si traduca nella ricerca dell’altro e nella collaborazione generosa con l’altro”, perché “l’uomo saggio si rallegra nel donare, e solo per questo diventa felice” (The Dhammapada: The Buddha’s Path of Wisdom, Sri Lanka 1985, n. 177; cfr le parole di Gesù riferite in At 20,35). “L’altruismo – ha proseguito – costruisce armonia e dove c’è armonia c’è intesa, prosperità, bellezza. Anzi, armonia è forse il sinonimo più appropriato di bellezza. Al contrario, la chiusura, l’imposizione unilaterale, il fondamentalismo e la forzatura ideologica rovinano la fraternità, alimentano tensioni e compromettono la pace. Le religioni sono chiamate a offrire al mondo questa armonia, che il progresso tecnico da solo non può dare, perché, mirando alla dimensione terrena, orizzontale dell’uomo, rischia di dimenticare il cielo per il quale siamo fatti”.

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Il Papa è tornato sui valori e sui costumi della Mongolia riaffermandone il valore e la bellezza. A cominciare dalla ger, l’antichissima abitazione dei popoli nomadi dell’Asia centrale, struttura, a detta del Papa, dal duplice significato. Da una parte “costituisce infatti uno spazio umano nel quale si svolge la vita della famiglia, luogo di incontro e di dialogo dove, anche quando si è in tanti, si sa fare spazio a qualcun altro”. Dall’altra, “insieme allo spazio umano, la ger evoca l’essenziale apertura al divino. La dimensione spirituale di questa dimora è rappresentata dalla sua apertura verso l’alto, con un solo punto dal quale entra la luce”. Un’immagine da cui trarre “un bell’insegnamento: il senso del tempo che scorre giunge dall’alto”, dove “l’umana convivenza che si attua nello spazio circolare è così costantemente rimandata alla sua vocazione verticale, trascendente, spirituale. L’umanità riconciliata e prospera, che come esponenti di diverse religioni contribuiamo a promuovere, è simbolicamente rappresentata da questo stare insieme armonioso e aperto al trascendente, in cui l’impegno per la giustizia e la pace trovano ispirazione e fondamento nel rapporto col divino”. Ed è da qui che il Pontefice è partito per ricordare che, come rappresentanti delle religioni, “la nostra responsabilità è grande, specialmente in quest’ora della storia, perché il nostro comportamento è chiamato a confermare nei fatti gli insegnamenti che professiamo; non può contraddirli, diventando motivo di scandalo. Nessuna confusione dunque tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo”. Il Papa ha quindi invitato i presenti a fare memoria delle “sofferenze patite nel passato per trasformare l’insipienza della violenza in saggezza di vita”, invitando i presenti, “discepoli entusiasti dei rispettivi maestri spirituali, ad offrirne la bellezza a quanti accompagniamo, come amichevoli compagni di strada. Sì, perché in società pluralistiche e che credono nei valori democratici, come la Mongolia, ogni istituzione religiosa, regolarmente riconosciuta dall’autorità civile, ha il dovere e in primo luogo il diritto di offrire quello che è e quello che crede, nel rispetto della coscienza altrui e avendo come fine il maggior bene di tutti”.

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