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Sacerdoti diocesani: nel territorio vitali e appassionati

Presentato uno studio demografico ai Consigli presbiterale e pastorale: calo numerico e invecchiamento i dati più evidenti. Sottolineato il valore di lavorare insieme nella complessità. Dal Vescovo l’invito a essere creativi e a interpretare queste analisi nella nostra vita diocesana

“Non semplifichiamo i problemi complessi, non scomponiamoli in frammenti, ma guardiamo all’intero quadro”: è un appello ad osservare da vicino una questione chiave e delicata per la Chiesa come la diminuzione del numero dei preti diocesani. Un appello che è arrivato, lunedì 20 novembre, dall’economista trevigiano Alessandro Minello, autore di uno studio demografico sulla popolazione presbiterale della nostra diocesi, commissionato dal Vescovo e presentato ai Consigli presbiterale e pastorale diocesano riuniti in seduta comune. Un’analisi dei dati degli ultimi 20 anni, con una proiezione sui prossimi 15-20, “numeri da interpretare e inserire nel cammino della nostra vita diocesana, per capire in che cosa ci sentiamo interpellati” ha detto il Vescovo introducendo la serata e presentando il relatore, docente a Ca’ Foscari e membro del Consiglio diocesano affari economici.

Con la collaboratrice Linda Baldan, Minello ha analizzato l’evoluzione del numero dei presbiteri dal 2000 a oggi, mettendo insieme e a confronto i dati delle ordinazioni, dei defunti, di chi lascia il ministero, ma anche la consistenza per classi di età e la distribuzione nel territorio. Una riflessione che anche altre diocesi stanno facendo, e che va ricompresa dentro un quadro generale di calo demografico e di invecchiamento della popolazione nel nostro Paese.

Non è stata una sorpresa scoprire che in poco più di vent’anni c’è stata una diminuzione del 30% nella popolazione presbiterale: dai 478 del 2000 ai 331 dello scorso 31 ottobre, e che la media degli ordinati è stata di 4 all’anno, mentre i defunti sono stati in media 11. La proiezione, mantenendo il trend di questi anni, potrebbe portare ad avere 200 sacerdoti diocesani nel 2043, ma non è uno scenario “irreversibile”, ha spiegato l’esperto.

L’invecchiamento del presbiterio diocesano è l’altra caratteristica evidente, dato il modesto “ricambio” generazionale, con le classi di età più consistenti che oggi sono tra i 50-59, 60-69 e 80-89 anni.

Diverse le considerazioni dell’esperto, che ha parlato di un quadro ancora di sostenibilità, ma sul quale fare delle riflessioni per il futuro, e scelte, per adattarsi continuamente, come richiede un sistema complesso. “Essere bravi non basta - ha sottolineato Minello -, serve più qualità che quantità rispetto alle cose che si fanno, e serve farle in comune, condividere competenze diverse. Il vero punto di debolezza, oggi, è l’individualismo, perché la complessità vitale è nell’intreccio”. Ecco il valore di un progetto come quello delle Collaborazioni pastorali, avviato da una decina d’anni nella nostra diocesi, e che altre chiese diocesane stanno mettendo in atto.

Uno studio che rappresenta un contributo importante per conoscere meglio alcune dimensioni fondamentali della nostra realtà diocesana, “che ci permetterà di incanalare energie verso direzioni che riteniamo più feconde” ha sottolineato il Vescovo nell’intervento dopo i lavori di gruppo dei consiglieri. “Al momento siamo in equilibrio e abbiamo una presenza ancora significativa di clero attivo - ha riconosciuto -, appassionato e vitale sul territorio. Per essere vitali ancora nel futuro dobbiamo combattere l’atteggiamento che ci fa guardare troppo a come eravamo o a come vorremmo essere. Possiamo riflettere sul numero dei preti, ma anche, senza contraddizione, su una Chiesa battesimale che dà vita a comunità attraenti, con diversi ministeri nell’unica Chiesa che è il popolo di battezzati pensato da Gesù Cristo, con una forma di sacerdozio ministeriale al proprio interno. E saremo attraenti per dei giovani che si sentono chiamati dal Signore al sacerdozio, anche oggi, in questo nostro tempo, in questa nostra terra. Come possiamo fare per essere una Chiesa così?”.

Per andare oltre una certa “resistenza” che ci farebbe sostanzialmente restare fermi, “dobbiamo essere creativi - ha sottolineato mons. Tomasi -, lavorare molto sulle strutture. Partire da analisi come queste e altre che potremo avere da una prosecuzione dello studio, ci permetterà una riflessione più approfondita e più veloce, perché supportata anche dall’intelligenza dei dati. La complessità può spaventare, ma è bella, le cose belle della vita sono complesse”. Di qui l’invito del Vescovo a tutti i presenti, e in modo particolare ai giovani, e ai giovani preti, a partecipare alla riflessione, a contribuire a questo cammino con idee, prospettive, visioni. Un modo per trafficare quei talenti di cui parlava il brano del Vangelo di Matteo proposto nella preghiera iniziale, per essere capaci di generare semi di speranza e di cambiamento e dare un volto bello alla Chiesa di Cristo.

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