Questo tempo particolare, che ci vuole preparare nella duplice attesa del Natale del Signore e del suo...
Messa del vescovo all’autostazione: “Apprendiamo da Maria la cura”
Qualche centinaio di persone ha partecipato questa sera alla messa di Natale presieduta dal vescovo Tomasi alla stazione delle corriere di via Lungo Sile, alla corsia numero 8 degli arrivi e delle partenze degli autobus di linea. Insieme al Vescovo hanno concelebrato don Matteo Volpato, parroco di Fiera e Selvana e assistente spirituale del Ceis, don Bruno Baratto, direttore di Caritas tarvisina, don Stefano Moino, collaboratore pastorale a Quinto di Treviso e volontario in Caritas, don Marco Carletto, collaboratore nella Collaborazione pastorale di Treviso est, e don Filippo Facchin, parroco nominato di Tombolo.
Per il secondo anno consecutivo, dunque, un segno di presenza e di vicinanza in una zona marginale e delicata di Treviso, per ribadire la vicinanza ai soggetti più svantaggiati ed emarginati della città.
Mons. Tomasi ha ringraziato tutti i presenti, i rappresentanti delle istituzioni (erano presenti, tra gli altri, l’assessora Gloria Tessarollo, il presidente del Consiglio comunale di Treviso, Antonio Dotto e la presidente dell’Associazione dei Comuni trevigiani, Paola Roma), la Mom che ha offerto lo spazio e le realtà (Ceis, Caritas e Comunità di Sant’Egidio, con il patrocinio del Comune di Treviso) che hanno organizzato “la celebrazione del Natale insieme, qui, tra le strade di Treviso, la nostra città che tanto amiamo, alla quale vogliamo dare il contributo della nostra fede che anima la speranza e ci muove all’amore”.
L’omelia del Vescovo
Maria “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.
La madre Maria accoglie il figlio Gesù, lo dà alla luce e subito se ne prende cura, lo avvolge in fasce, lo depone nella mangiatoia. Non c’è posto nell’alloggio, le condizioni sono difficili e tanto faticose, ma noi vediamo – prima ancora e piuttosto che il disagio – la cura, la forza, l’amore di questa donna, di questa madre.
In questo gesto si manifesta la pienezza dei tempi, la pienezza dell’amore. Si rivela il frutto dell’amore di Dio che ci vuole donare la pienezza di vita. Con questo moto di tenera e forte delicatezza di Maria, Gesù entra nel mondo.
Contempliamo la tenacia della madre che con gesti antichi e sempre nuovi dà spazio alla vita, dimentica la sua fatica e il suo dolore e subito si mette semplicemente a servizio del bambino.
L’eterno è entrato definitivamente nella storia, nella nostra storia, a servizio della vita, della nostra vita. Nel modo più semplice e miracoloso, più scontato e più incredibile.
Nel nostro tempo confuso, senza più riferimenti saldi e sicuri, affidiamoci anche noi con tutte le nostre forze a questo gesto, a questo piegarsi della mamma sul bimbo, a questo semplice e fondamentale atto di cura, a questo rivoluzionario servizio alla vita.
Maria, Madre della cura, accogli questa sera, avvolgi nelle fasce e deponi nella mangiatoia, nel calore e nella quiete, nel centro della vita le tante persone smarrite, ferite, abbandonate, orfane di speranza.
Avvolgi, e deponi le persone sole, quelle che non hanno nemmeno più lacrime da piangere, e che si sentono lontane da tutto, lontane da tutti.
Avvolgi e deponi quanti sperimentano solamente porte chiuse, ottusi silenzi, sguardi indifferenti quando cercano aiuto e protezione e conforto.
Avvolgi e deponi gli sconfitti dalla vita, chi vive per strada, e sulla strada non incontra sguardi, braccia tese o saluti amici.
Maria, Madre della consolazione, accogli questa sera, avvolgi nelle fasce e deponi nella mangiatoia, nel calore e nella quiete, nel centro della vita le famiglie che provano a darsi relazioni di reciproco amore, ma che spesso raccolgono fatica e incomprensione, e che rischiano ogni giorno di dover dichiarare la propria resa.
Avvolgi e deponi chi piange un figlio, una figlia, strappati alla vita dalla violenza insensata, dalla fretta sconsiderata, da mercanti di illusioni e di morte.
Avvolgi e deponi i padri e le madri di figli piccoli e grandi feriti dalla vita, dalla malattia e da disabilità, che vegliano per loro in tutti i modi, ma che temono il giorno che sarà «dopo di loro».
Avvolgi e deponi, e ridona al mondo e al futuro, i giovani cui abbiamo rubato futuro e speranza, catturandoli in miti di falso successo e di vuota allegria.
Maria, Madre del coraggio, accogli questa sera, avvolgi nelle fasce e deponi nella mangiatoia, nel calore e nella quiete, nel centro della vita coloro che non riescono a tenere il passo del nostro mondo, del nostro tempo, e tutti coloro che ad essi dedicano tempo, impegno, creatività.
Avvolgi e deponi tutti quelli che sognano un tempo migliore e un mondo più giusto, che non si rassegnano alla disuguaglianza che cresce e costruiscono economie di fraternità, società della partecipazione.
Avvolgi e deponi tutte le relazioni e gli incontri tra chi ha bisogno e chi a quel bisogno vuole dare una risposta.
Avvolgi e deponi ogni incontro tra bimbi ed anziani, tra nonni e nipoti, tra deboli e forti, e aumenta ogni cura per chi ancora deve nascere e per chi giunge al passaggio dalla vita alla vita.
Maria, Madre della tenacia, accogli questa sera, avvolgi nelle fasce e deponi nella mangiatoia, nel calore e nella quiete, nel centro della vita le vittime della guerra, i suoi morti ed i feriti e tutti coloro che restano segnati nel profondo dall’odio e dal rancore, privati di fiducia, abbandonati dalla speranza.
Avvolgi e deponi, e rimetti al mondo miti e forti operatori di pace, fantasiosi artigiani di umanità, profeti quotidiani della dignità dell’uomo.
Accogli e deponi esseri umani puri di cuore, che riescano a vedere il sogno di Dio iscritto e fecondo malgrado tutto nel fango e nella polvere delle strade della vita.
Accogli e deponi il povero, l’orfano e la vedova, lo straniero e il carcerato, il migrante e l’ammalato, e avvolgili nel tuo abbraccio, e proteggili in te, sicuro rifugio.
Maria, Madre nostra, messa al margine della città dalle logiche dell’uomo, ma collocata al centro della storia dall’azione di Dio, aiutaci a sperare come te, in ogni situazione della vita, contro ogni speranza.
Fa’ che impariamo ad abitare questo nostro mondo come una casa sicura bella ed ospitale, preparata per noi dall’amore del Padre, un creato meraviglioso da custodire e condividere.
Fa’ che anche noi impariamo da te ad accogliere il dono di Dio, ad avvolgerlo nelle fasce che lo proteggano dalla nostra distrazione e dal nostro egoismo, e a deporlo nella mangiatoia, fatta di relazioni buone.
Quel bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia è stato il segno per i pastori, a lui hanno guardato nella loro lode gli angeli, e gli uni e gli altri sono stati avvolti dallo splendore di Dio.
Tutte le genti potranno oggi convergere, e fermarsi davanti a quel bambino che è nato per noi, a quel figlio che ci è stato donato.
Tutti potremo giungere a piegarci come la madre sul bambino che rinasce dalle macerie dei nostri fallimenti, dalle incomprensioni delle nostre superficialità e dalla barbarie della cieca violenza, e potremo prendercene cura, insieme, nello stupore per la potente sovrabbondanza della vita. Cura di chi incontriamo, cura di relazioni fragili e preziose, cura di un mondo che ci viene affidato.
La nostra quotidianità, i nostri percorsi di vita, le strade che percorriamo consapevoli e quelle che imbocchiamo senza quasi pensarci, i tempi del lavoro e della festa, gli incontri verso i quali continuiamo a metterci in cammino e ciò da cui fuggiamo (il luogo dove ci troviamo simboleggia tutto questo), i momenti dello sconforto e del dolore, come quelli della consolazione e della gioia: tutto potrà diventare centro del mondo avvolto dalla luce, abitato assieme a tanti compagni di viaggio accolti senza riserve, e lo sarà come allora lo sono stati quella mangiatoia, quella madre, quel bambino.
Potremo prenderci cura gli uni degli altri, e invocheremo ancora, stupiti e raggianti, Maria Madre della speranza.