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Epifania: Durante la messa dei popoli, il mandato missionario a don Giuseppe Danieli

“I Magi rappresentano la piena gratuità della risposta di un’umanità che sa guardare al cielo e riesce a scrutare il mistero profondo della vita, e che si mette in cammino per portare doni gratuiti alla gratuità assoluta di Dio, che si coinvolge pienamente con la storia degli uomini creati e salvati, solo per amore”

Lunedì 6 gennaio, solennità dell’Epifania, il vescovo Michele ha presieduto in Cattedrale l’Eucaristia con le comunità cattoliche di lingua straniera. Dentro a questa stessa celebrazione c’è stato anche l’invio missionario dato a don Giuseppe Danieli, che partirà a breve nella missione condivisa con le diocesi di Padova e Vicenza in Amazzonia, ai confini con il Venezuela. È la prima volta che la Chiesa di Treviso vive un invio in missione durante la celebrazione del 6 gennaio. Questa scelta aveva inizialmente sollevato qualche perplessità, eppure, a mio parere, i due momenti - comunità cattoliche di lingua straniera in festa e invio in missione di un prete diocesano - fanno parte della stessa realtà missionaria della Chiesa. Realtà da scoprire sempre di più e con la quale dialogare, entrare in comunione e da apprezzare. Nella sua omelia, il vescovo Michele ha proprio approfondito il legame che c’è fra tutti i credenti e l’umanità, come i doni che i magi hanno portato al bambino Gesù. Oro, incenso e mirra, perché “siamo uno scambio vivente di doni, pagine di Vangelo scritte nell’esistenza quotidiana di tanti uomini e donne che, mossi dall’amore di Dio e dalla Parola, si mettono in cammino per essere testimonianza di vita pienamente umana, dignità infinita nel tempo e per l’eternità - ha ricordato il Vescovo -. Siamo Chiesa vivente che invia e che riceve doni, doni che sono persone mosse e animate dalla disponibilità alla rinuncia di sé, senza condizioni. Schiera innumerevole di messaggeri di liete parole e di vita nuova. Oggi don Giuseppe, appena ieri don Edy, assieme ai tanti e alle tante partiti fino ai confini della terra, e ai tanti che accoglieremo tra noi”.

Oltre un migliaio le persone che hanno gremito la cattedrale. Presenti anche le autorità, dal sindaco di Treviso, Mario Conte, al presidente del Consiglio comunale, Antonio Dotto, dall’assessora Gloria Tessarollo alla consigliera Antonella Tocchetto, e poi il vicario del Questore, Domenico De Maio, e il viceprefetto aggiunto, Giacomo Toma.

Le comunità cattoliche di lingua straniera. Da gennaio 2024, il vescovo Michele sta compiendo una visita pastorale alle comunità di lingua straniera presenti in diocesi. Per me, abituato all’esperienza come fidei donum in Ciad, questa visita del Vescovo e questo prendere contatto con fratelli e sorelle provenienti dai diversi continenti e residenti qui in diocesi di Treviso, mi sta aprendo a un mondo in parte sconosciuto e anche a una riflessione che penso siamo chiamati a fare. Dall’America Latina, passando per l’Africa, l’Asia e l’Europa dell’est, sono più di una trentina i Paesi del mondo con cattolici che li rappresentano e che vivono qui da noi, per lavoro, per vita familiare, per trovare un futuro per sé e per le loro famiglie. Questi fratelli e sorelle hanno attività e casa, e fanno parte del mondo della migrazione regolare che non conosciamo molto. Molti di loro hanno figli nati qui in Italia (che senso ha chiamarli stranieri?!), che frequentano le scuole, pensano al futuro, sono giovani come gli altri, talvolta divisi fra due mondi, due lingue e modi di vita diversi. Queste famiglie la domenica vanno alla messa. Sentono il bisogno di ritrovarsi celebrando il culto nella loro lingua (con il rischio di rimanere un po’ chiusi), ma alcuni migranti si sono integrati sempre di più - perché qui in Italia anche da oltre 50 anni - con le comunità cattoliche locali. Cercano di essere fedeli al Vangelo di Gesù. Ma noi li conosciamo? Li frequentiamo? Stiamo facendo dei passi per inserirli nelle nostre comunità, parrocchie, gruppi e Consigli pastorali? Noi che pensiamo spesso ancora alla missione solamente come invio da parte nostra, siamo capaci di farci raccontare il Vangelo da chi viene da altri Paesi e terre del mondo e camminare assieme?

L’invio in Brasile. Don Giuseppe ha detto “Sì” un’altra volta alla missione ad gentes. Infatti, è già stato in Paraguay alcuni anni fa. Ora parte per il Brasile, lì dove la Chiesa di Treviso è in missione con le Chiese di Padova e di Vicenza, a servizio della chiesa latino-americana. Lì dov’era, e dove è morto, il nostro caro don Edy Savietto. Già questa partenza, in collaborazione con altre chiese sorelle del Triveneto, dovrebbe farci riflettere, come anche il fatto di rispondere a una Chiesa di frontiera, che si trova a vivere una situazione di estrema difficoltà, ai confini fra il Brasile e il Venezuela. Questo invio è certamente il frutto di una disponibilità personale, che ci ricorda che ogni prete è ordinato per la missione universale, ma è anche il frutto dello scambio e della collaborazione fra le Chiese, dove le necessità, i bisogni e le disponibilità di ogni comunità si confrontano guardandosi negli occhi, dialogando fra Chiese ed équipe missionarie, in una logica di scambio di doni e di carismi di cui ogni Chiesa ha bisogno. Quando inviamo qualcuno in missione dovremmo, infatti, sempre chiederci: quali sono i nostri bisogni affinché non venga mai a mancare nelle nostre comunità l’annuncio del Vangelo di Gesù?

In quest’anno giubilare della speranza, siamo chiamati ad aprire le porte per far entrare il Signore che viene a incontrarci e a darci speranza. Egli si fa presente anche nei fratelli e sorelle che vengono in Italia per trovare casa e lavoro e nei fratelli e sorelle che da qui vanno in altri Paesi, e negli incontri di ogni giorno perché, come dice il prefazio I/A del tempo dell’Avvento, se siamo in attesa del Signore che verrà “ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno”.

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