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Catechisti: incontro da celebrare

Dal convegno diocesano, molti spunti importanti per vivere l’annuncio

“Prima della nostra risposta al suo invito - molto prima - c’è il suo desiderio di noi: possiamo anche non esserne consapevoli, ma ogni volta che andiamo a Messa la ragione prima è perché siamo attratti dal suo desiderio di noi”. Questa citazione, dalla Lettera apostolica di papa Francesco sulla formazione liturgica del popolo di Dio Desiderio desideravi, ha fatto da sfondo all’intervento del vescovo Michele all’annuale convegno diocesano dei catechisti del 16 marzo, sul tema “Celebrare la Pasqua, celebrare la vita”. Il Vescovo ha incoraggiato i catechisti nel loro impegno per l’iniziazione cristiana dei ragazzi rendendoli consapevoli di un compito importante, “uno sforzo non inutile, ma la possibilità di rendere autentica la vita trasfigurata dallo Spirito”. Dalla Lettera apostolica, volendo significare l’importanza di una comunità che celebra e non solo di avere delle celebrazioni nelle chiese, riprendeva un significativo passaggio sulla comunità della Pentecoste che celebra nella certezza del Signore vivo, risorto dai morti, presente: “Da quel momento la celebrazione diventa il luogo privilegiato, non l’unico, dell’incontro con Lui. Noi sappiamo che solo grazie a questo incontro l’uomo diventa pienamente uomo”.

La perdita del riferimento sorgivo all’incontro con Gesù risorto e il mantenimento di apparati legati a forme convenzionali generano una preoccupazione pastorale che dobbiamo condividere tutti. Il rischio che corriamo e, in alcuni casi, ciò che constatiamo, è lo svuotamento del significato autentico dei sacramenti dei quali rimane una ritualità prestata a dei riti di passaggio, di fatto pagani. Questo dato ha sollecitato l’ufficio diocesano, i sacerdoti referenti dei Vicariati e i coordinatori laici della catechesi, ad aprire una riflessione con tutti i catechisti sul legame tra Pasqua di Gesù e Pasqua degli uomini, tra catechesi e celebrazione dei sacramenti per individuare gli elementi essenziali da non disperdere e gli spazi di creatività su cui muovere, senza finire col togliere dalla scena quello che più conta. Il tempo della pandemia ci ha costretti a volgere la nostra attenzione alle celebrazioni sacramentali, sacrificando gli itinerari. La perdita di risorse per la catechesi e la stanchezza di alcune comunità portano a volte a ridurre drasticamente la proposta catechistica e quindi l’annuncio, senza coinvolgere altri soggetti e offrire esperienze complementari. Alcune domande sono doverose: Quale spazio va riservato all’annuncio e alla catechesi in vista di una risposta libera? Chi deve stare al centro delle celebrazioni liturgiche? Cosa è utile per il coinvolgimento attivo dei ragazzi e cosa, invece, serve più a soddisfare gli adulti?

La risposta a queste e altre domande ci ha aiutato a trovarla il convegno, non solo attingendo a quanto emerso dal territorio (vd box nella pagina), ma consentendoci di fare nostro lo sguardo sulla vita dei ragazzi dal mondo della scuola, dello sport e della salute. La tavola rotonda ha posto in dialogo la pedagogista Barbara Armonti, il presidente del Csi provinciale, Lelio Raffaelli, e la pediatra Fabiola Pasqualato, che hanno delineato i volti e le storie dei ragazzi che incontriamo: conoscere la loro vita aiuta a renderci strumenti del desiderio di bene che Dio ha per la vita di ogni uomo. La sinergia con altre realtà migliora il nostro servizio che guarda alla formazione di una “vita cristiana”, chiama in causa il Vangelo, la mappa entro cui la vita può sbocciare, offre parole a una generazione che tende a impoverire il suo linguaggio, tesse relazioni, in contrasto con la tendenza a risolversi in se stessi, indica strade di risurrezione a chi deve imparare a confrontarsi con fragilità sempre più accentuate.

Ascoltare e incontrare oltre programmazione e funzionalismo è la prima direttrice rilanciata da Alessandra Augelli, pedagogista dell’Università Cattolica di Milano, a cui è stato affidato l’intervento conclusivo. Scoprire fatiche e desideri come facce della stessa medaglia, non risolvere l’iniziazione in spiegazione, ma impegnarsi nell’abbraccio, la comprensione, il tenere assieme, il riconoscimento di quello che ognuno è, significa entrare in una dinamica virtuosa nella quale gli adulti iniziano alla fede, ma sono a loro volta nuovamente iniziati. Interessante la traduzione del significato di coerenza che passa dal presentarci come persone perfette in ogni circostanza a persone in cammino, che possono anche non conoscere la risposta a ogni interrogativo, ma sono disposte a cercarla assieme. “La ricerca ha bisogno di margini bianchi, il buon lavoro di un catechista si vede dal fatto che i bambini fanno domande”, significa che non dobbiamo dire tutto, ma offrire gli strumenti perché la fede possa sbocciare.

Incontriamo bambini e ragazzi svogliati, sedentari, o iscritti a mille attività iperstimolanti che riempiono la loro settimana, in pochi casi anche ragazzi contenti. Possediamo un grande tesoro, una buona notizia da annunciare e la ricchezza della liturgia, esperienza che stimola a udire, vedere, sentire, gustare, toccare, tutti elementi in profonda crisi nella vita ordinaria dei ragazzi pervasi dalla tecnologia sin nella più tenera età. Abbiamo tante ragioni per esserci in questo tempo, a braccia aperte verso ragazzi e famiglie: è doveroso, è una necessità cui ci richiama il Vangelo che ci spinge ad amare la vita e a riconoscere il desiderio di bene che Dio ha per noi. (*Direttore dell’Ufficio per l’annuncio e la catechesi)

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