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“Costruiamo comunità”, il messaggio emerso dall’incontro con Zuppi per i 50 anni del Centro della famiglia

L’invito del cardinale è a vivere relazioni capaci di mostrare la bellezza di essere famiglia, specie ai giovani

Democrazia, pace, protagonismo giovanile, educazione, povertà, lavoro, ma soprattutto famiglia. Tanti i temi trattati lunedì 7 aprile, all’incontro “Famiglia, democrazia e pace. Dalla cura dei legami alla custodia del mondo” con il cardinale Matteo Maria Zuppi. Auditorium S. Pio X gremito di 500 persone, e molte altre collegate alla diretta streaming dell’appuntamento, per ascoltare l’arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana in dialogo con le organizzazioni del territorio.

L’appuntamento è stato promosso dal Centro della famiglia di Treviso in collaborazione con la Diocesi, Agesci Treviso, Fse Scout d’Europa, Azione cattolica, Comunità di S. Egidio, Giovani per la pace, Partecipare il presente, Cappellania universitaria “Oasi S. Bertilla”, Noi Associazione, Fondazione Efesto, Comitato italiano paralimpico - Delegazione di Treviso, con il patrocinio di Anci Veneto, Conferenza dei sindaci dell’Ulss2 e Forum delle associazioni familiari del Veneto, che hanno posto una serie di quesiti al cardinale. A condurre la serata la giornalista Maria Pia Zorzi; presente anche il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, che ha tratto le conclusioni della serata.

L’appuntamento rientra nel fitto calendario di iniziative dedicate ai 50 anni dalla fondazione del Centro della famiglia di Treviso. Fondato nel 1975 da don Mario Cusinato, ricercatore e docente di Psicologia della famiglia all’Università di Padova, il Centro della famiglia, Istituto di cultura e pastorale della Diocesi di Treviso, ora diretto da don Francesco Pesce, è un importante punto di riferimento nella comunità per la proposta di percorsi di sostegno e accompagnamento alle famiglie.

Importante il tema della pace, tra le questioni portate all’attenzione della serata. Una sottolineatura fatta anche dal sindaco, Mario Conte, nel giorno in cui si faceva memoria del bombardamento sulla città di Treviso, il 7 aprile 1944.

Il cardinale, sollecitato dagli interventi delle associazioni ha messo in luce elementi critici, ma anche molti segni di speranza per la famiglia oggi e per il suo ruolo nella Chiesa e nella società. “Sono molti i frutti delle intuizioni di questi 50 anni. Il mondo è cambiato moltissimo in questi anni, e i valori ai quali eravamo ancorati forse dobbiamo cercarli in altro modo, partendo dal presente, non dal passato, perché il bisogno di famiglia c’è moltissimo. Anzi, oggi c’è forse ancora di più, perché siamo sempre più soli, isolati, egocentrici: è una sfida bellissima. C’è sempre più bisogno di relazioni, per vivere quei valori, mettendoli nella vita, non in naftalina” ha ricordato il cardinale.

Commentando i recenti dati Istat sulla denatalità, con numeri che i demografi indicano come punto di “non ritorno” (1,18 figli per donna), il cardinale si è detto colpito dalla grande percentuale di persone che vivono sole, in particolare gli over 65 anni. “Ma la famiglia è più bella, anche se sembra che vendiamo un prodotto vecchio - ha ricordato -. E’ questa la nostra sfida. La Chiesa, come la società, ha nella famiglia la sua cellula. Questi dati ci devono preoccupare moltissimo e devono spingerci a ricostruire la rete, le relazioni, per diventare generativi. Questa dovrebbe essere la nostra «specialità», costruire relazioni, perché il Signore ci ha voluti insieme. Più la Chiesa è relazione, è famiglia, più saremo aiutati a vedere la bellezza di essere famiglia, senza manuali d’uso, ma vivendola”.

La partecipazione dei giovani alla vita della Chiesa e della società è uno degli aspetti forti emersi nella serata, sollecitato dalla domanda delle associazioni giovanili diocesane.

Facendo autocritica sull’atteggiamento di condanna morale, anche rispetto ai giovani, che spesso caratterizza l’ambiente ecclesiale, il cardinale ha detto con forza che “bisogna dannarci per salvare, non per mirare alla pagliuzza dell’altro”. E gli adulti devono essere punti di riferimento luminosi, credibili, coerenti - l’appello -, senza quella supponenza che irrita, che rende noioso e faticoso il Vangelo, per generare vita, anche se costa impegno, fatica. Aiutare i giovani a sperare, a guardare al futuro è “semplice”, se “vedono che noi guardiamo con fiducia al futuro, che noi adulti speriamo, con empatia verso gli altri, disponibili all’aiuto. Ma, soprattutto, dobbiamo credere di avere qualcosa di bello da trasmettere, che risponda alle domande dei giovani”, ha detto, ricordando la straordinaria testimonianza di fede di Sammy Basso. Una Chiesa che sa ascoltare, maestra perché sa essere madre, capace di salvare i suoi valori aprendosi al dialogo e all’incontro con gli altri. Una Chiesa chiamata a rilanciare il processo partecipativo delle persone, creando dei luoghi belli dove incontrarsi, conoscersi, dove vivere il servizio, il dono, e imparare a prendersi cura del bene comune. “Se c’è una sfida nostra, della Chiesa, è di essere comunità, è costruire comunità”.

Concludendo la serata, il Vescovo ha ringraziato il card. Zuppi per la passione e per la disponibilità con cui ha accettato il dialogo. Mons. Tomasi ha sottolineato la bellezza della presenza numerosa in sala per ascoltare il pastore, e del percorso che ha portato le persone delle varie associazioni a incontrasi, a dialogare, per proporre delle domande comuni: “Questo ci dice come potrebbe essere la nostra Chiesa, che trovo anch’io che stia bene: sta bene se si ricorda che nasce da Cristo, che ascolta il Vangelo e che è nella compagnia delle donne e degli uomini di questo tempo, una Chiesa nella quale ci si parla, ci si ascolta, si cammina insieme”.

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