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Il Vescovo alla messa del Crisma: “Nostro ministero è un dono grande”

”Amiamo la nostra diocesi perché è generata dalla chiamata, dal desiderio, dall’amore di Gesù Cristo. Vediamola come Lui la vede, amiamola come Lui la vuole”. Lo ha detto questa mattina, Giovedì Santo, in Cattedrale, il vescovo Michele Tomasi, presiedendo la messa del Crisma

”Amiamo la nostra diocesi perché è generata dalla chiamata, dal desiderio, dall’amore di Gesù Cristo. Vediamola come Lui la vede, amiamola come Lui la vuole”. Lo ha detto questa mattina, Giovedì Santo, in Cattedrale, il vescovo Michele Tomasi, presiedendo la messa del Crisma, concelebrata dall’arcivescovo emerito di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, e dai sacerdoti diocesani e religiosi, oltre che dai presbiteri stranieri che prestano servizio nelle nostre comunità. Una celebrazione nella quale i sacerdoti hanno rinnovato le loro promesse. Sono stati ricordati dal Vescovo, all’inizio della messa, i presbiteri che quest’anno festeggiano un giubileo di ordinazione, dai 75 ai 25 anni.

All’interno della celebrazione eucaristica c’è stato anche il ricordo dei sacerdoti, del vescovo Gardin e del diacono Giuseppe Zago, che sono mancati nell’ultimo anno.

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“Gesù ci chiama a condividere con Lui la celebrazione dell’Eucaristia - ha detto il Vescovo, facendo frequenti riferimenti alla lettera apostolica di papa Francesco Desiderio desideravi -. Egli ci attende. Attende questo momento, pieno di desiderio. La celebrazione dell’Eucaristia realizza ogni volta quest’aspettativa del Signore: è un tempo che Egli desidera trascorrere con noi, che vive volentieri, che lo consola profondamente, un momento di cui sente per così dire l’urgenza. Tutto l’amore di Dio si manifesta – gratuito, immeritato, immenso – nella condivisione di questo desiderio. Quella cena con gli Apostoli sta nel cuore stesso di Dio”.

Ha detto ancora mons. Tomasi, nel corso dell’omelia: “Quanto è bello, fratelli e sorelle, essere cristiani, membra vive della Chiesa. È un puro dono di grazia: immeritato, ma non per questo meno reale ed effettivo. Quale privilegio ci è donato, di poter entrare così in comunione con Lui e tra di noi”. Che bello “essere chiamati a servire Cristo e la Chiesa per rendere possibile questo incontro, questa convocazione, questa realizzazione dell’amore di Dio. La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con Lui di tutto il popolo santo di Dio. Da questa missione scaturisce ogni altro compito, impegno, ministero o incarico particolare, nostro e di tutti i fratelli e le sorelle in Cristo”.

Ha proseguito il vescovo: “Non esiste la Chiesa senza l’Eucaristia. Noi non siamo nulla senza questa cena, questa convocazione, questa celebrazione. E non esiste l’Eucaristia senza il ministero ordinato. È un dono grande. Immeritato. Un dono che nasce dal desiderio di Cristo di vivere la Pasqua con i suoi, che sgorga dall’amore di Cristo per la Chiesa. Un dono tutto orientato a servizio del desiderio universale di salvezza di Gesù, a servizio dell’annuncio e della missione, affinché ogni uomo ed ogni donna possano essere accolti al banchetto della vita. Un dono che mostra, attraverso la presenza dei ministri ordinati, la gratuità dell’azione di Dio nella storia”.

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Talvolta, ha aggiunto, “ci capita di vedere soprattutto le molte difficoltà nell’esercizio del ministero, in questo tempo di cambiamento, spesso confuso e faticoso, nella Chiesa e nella società nel suo complesso. Talvolta sembrano prevalere la rassegnazione o l’ansia, piuttosto che la fiducia o la speranza. Le difficoltà ci sono, così come le fatiche. C’è il rischio della solitudine, la fatica del sovraccarico di impegni, di fronte al numero di presbiteri che cala e le tante richieste che crescono da molte parti, a volte esagerate; in generale un certo smarrimento di fronte alla poca chiarezza sul ruolo del prete oggi, nella Chiesa e nella società. Tutto questo c’è, va preso sul serio, ne dobbiamo parlare e cerchiamo insieme risposte e soluzioni. Ma nulla potrà servire, se non riscopriamo, individualmente e tutti insieme, come presbiterio, la meraviglia a cui ci chiama l’amore di Cristo, il suo desiderio cioè di affidarsi a noi per farsi presente a tutti. La bellezza di essere incaricati di offrire “nel suo nome il sacrificio redentore” e di preparare per i fedeli “il convito pasquale”, il banchetto fraterno con il Risorto. La presidenza della celebrazione eucaristica non sia un’incombenza tra le tante, bensì la fonte della nostra vita stessa e il suo culmine, la sua meta”.

Ha concluso mons. Tomasi: “Ripartiamo da qui, torniamo sempre di nuovo qui. Non c’è responsabilità più grande, non c’è dignità maggiore, non vi è fonte più sicura di gioia. Non c’è fraternità più autentica con i fratelli e le sorelle in Cristo, non vi è servizio più essenziale da offrire al nostro mondo, al nostro tempo. Da qui riceviamo in dono ogni significato, da qui ha origine ogni carità effettiva, qui viviamo la realtà del Regno di Dio. Partiamo ancora e sempre di nuovo dal presiedere con gioia, umilmente e volentieri l’Eucaristia con le nostre comunità. Non scegliendo quella che ci è più affine, che ci sta simpatica, con cui andiamo d’accordo, in cui ci sentiamo a casa. Partiamo da lì dove siamo, assieme alle comunità così come sono, gustando la bellezza del fatto che proprio quelle sono state generate dal desiderio di Cristo di incontrarle, dal suo amore infinito. Imparando ad amarci dello stesso amore di Cristo. Amiamo la nostra diocesi perché è generata dalla chiamata, dal desiderio, dall’amore di Gesù Cristo. Vediamola come Lui la vede, amiamola come Lui la vuole. Ogni nostra scelta abbia come fine quello di diventare tutti più «eucaristici». Lasciamoci trasformare dall’amore di Cristo, fidiamoci di Lui, affidiamoci a Lui”.

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