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STORIE DI SPERANZA: Mustau, dal Togo a Treviso accolto dalla Sant’Egidio

Con la Comunità trevigiana ha imparato a dedicare del tempo agli altri e ora aiuta ragazzini italiani e stranieri nel doposcuola
18/04/2025

Da Kétao, Togo, a Treviso sono poco più di 4 mila chilometri in linea d'aria, ma il viaggio di Mustau è stato sicuramente più lungo, e non solo in termini di qualcosa di scientificamente misurabile. “Sono arrivato in Italia senza scarpe, oggi vado a lavoro in macchina - racconta il ragazzo, quasi 30 anni compiuti -, scegliendo la strada che Dio mi ha messo davanti, sto vivendo questa vita. La speranza significa non mollare mai: oggi ho questo e domani forse avrò ancora più di questo”.

Attraverso il Mediterraneo

Mustau è arrivato in Italia alla fine del 2016: non un momento felice per attraversare le acque del Mediterraneo, ma in Libia di certo non si poteva stare. La fama dei centri di detenzione libici li precede e in questo racconto non vuole indugiare, nemmeno nel lungo viaggio che l’ha portato lì dal Togo. Con il suo diploma di elettricista in tasca, alle porte dell’Europa si è improvvisato in molti lavori per trovare i soldi per lasciare il continente. Poi la partenza, con nient’altro che la fede con sé, lo sbarco fortunato a Messina e, infine, il viaggio verso Treviso, nel giro di poche ore: allora non sapeva che, essendo arrivato in Italia in Italia, sarebbe dovuto restare, e non aveva idea che nella città di Treviso avrebbe trovato un luogo dalla giusta dimensione.

Dalla caserma Serena a Sant’Egidio

La sua strada Mustau l’ha costruita con tenacia e ha cercato di cogliere tutte le opportunità che gli si sono poste davanti. Arrivato a Treviso è stato sistemato alla caserma Serena, dove è rimasto per circa due anni e mezzo, sfruttando tutte le occasioni possibili per uscire e conoscere nuove persone, stringere nuove relazioni: “Lì dentro è stata molto dura” dice “per questo ho capito che dovevo farmi una mia strada”. Lo studio della lingua era un buon punto di partenza: le due ore a settimana di italiano proposte dal sistema, nonostante la buona volontà, non erano sufficienti per raggiungere un buon livello.

“Mi sono impegnato molto” spiega Mustau, e i risultati si sono visti: in quattro anni ha conseguito il diploma di terza media e di scuola superiore (al Palladio), frequentando le scuole serali. Proprio durante il suo percorso di studio della lingua ha incontrato la Comunità di Sant'Egidio e al suo interno si è sentito finalmente accolto.

L'incontro con la signora Gianna

Dal 2017, grazie a Sant’Egidio, Mustau ha cominciato a dedicare molto del suo tempo agli altri attraverso attività di volontariato. L’amicizia con le persone della comunità lo ha portato a conoscere molte altre persone, soprattutto gli anziani della casa albergo dell'Israa: “Avevano bisogno di chiacchierare e ci raccontavano le loro vite e le loro storie, poi chiedevano anche a noi di raccontarle e ascoltavano con attenzione e partecipazione. Giocavamo a carte, mi hanno insegnato molti giochi”, racconta. Ma c’era una persona particolarmente importante per Mustau, conosciuta proprio in quelle ore di volontariato: la signora Gianna, allora 87enne. Lei si era presa molto a cuore la storia del ragazzo, tanto da mandare una comunicazione al Prefetto di Treviso in suo favore, quando Mustau attendeva da tempo risposta sui suoi documenti di permanenza in Italia e anzi, rischiava di essere rimpatriato in un Paese vessato dalla guerra civile e nel quale era perseguitato per motivi religiosi. “Mustau è un bravissimo ragazzo. Mi sono affezionata, perché si comporta come un signore. Non merita di essere rimpatriato. Abbiamo bisogno di persone come lui, impegnate a fare del bene. Se lo mandate via, mi fate un dispiacere enorme”, ha spiegato la signora Gianna nella famosa nota. Epilogo: la Prefettura ha risposto positivamente e Mustau è rimasto con noi in Italia.

Da alunno a insegnante

Grazie alla sua forza di volontà e al sostegno della Comunità, oggi Mustau ha un lavoro come elettricista, una macchina e una casa. Non smette di dedicare tempo agli altri e, ora, nella sede della Comunità di Sant’Egidio, è impegnato alla Scuola della pace con i bambini del doposcuola, sia italiani che stranieri: “Mi trovo benissimo con i bambini, sono davvero speciali. Non sempre hanno tempo di giocare con qualcuno, nemmeno con la famiglia. Mi piace poter alleggerire un po’ la loro giornata, alcuni li ho seguiti fino alla prima superiore”, racconta con un pizzico di orgoglio. Non solo: fa scuola di italiano in comunità, due ore ogni sabato pomeriggio, ai ragazzi appena arrivati in caserma Serena.

“È bellissimo trovarmi a insegnare dove andavo a imparare, e mi piace poterli aiutare, spiegare loro quello che possono fare, come muoversi per potersi costruire una strada. Soprattutto, dico loro di avere pazienza e di non perdere mai la fiducia”.

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