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Referendum, operazione discernimento

Fissata dal governo la data: si voterà il 4 dicembre. In vista di questo importante appuntamento, tra le aggregazioni cattoliche le posizioni sono variegate. Ma con un comune invito ad approfondire la questione. Come accade alla Settimana sociale dei cattolici trevigiani con il dibattito di venerdì 30 settembre.

L’appuntamento adesso è stato fissato con precisione. Il referendum che dovrà confermare o bocciare la riforma costituzionale si terrà il prossimo 4 dicembre. Ma se ne parla ormai da molto tempo e così il dibattito si è già sviluppato anche al di fuori del circuito del Parlamento e dei partiti. Tra le aggregazioni cattoliche le posizioni sono variegate. C’è chi si schiera per il sì e chi per il no, chi non si schiera con una delle due opzioni di voto ma propone una riflessione di merito. C’è chi non intende pronunciarsi in modo ufficiale come organizzazione e chi ha in corso una riflessione che potrebbe dar luogo a un presa di posizione nelle prossime settimane. Una varietà che dipende non solo dalla legittima diversità di valutazione sul contenuto e, talora, sul metodo della riforma, ma anche dalla differente natura di ciascuna organizzazione. Si può dire, però, che al di là della proiezione nel dibattito pubblico, le realtà aggregative cattoliche siano state e saranno di qui al voto un luogo importante di approfondimento e di confronto.
Un’attività di grande rilevanza civile, radicata nei territori, tanto più preziosa in un momento in cui la dialettica politica ha assunto spesso toni esasperati e ai cittadini è chiesto di esercitare con consapevolezza personale la propria sovranità, avendo chiari “tutti gli elementi di giudizio circa la posta in gioco e le sue durature conseguenze”, come ha detto il cardinale Bagnasco nella prolusione al Consiglio permanente della Cei.
La prima a prendere posizione, e per il sì, è stata la Coldiretti, già a a fine maggio. Nella riforma costituzionale, ha affermato il presidente Roberto Moncalvo, “vediamo l’interesse delle imprese che rappresentiamo”. Secondo Moncalvo essa “semplifica i processi decisionali e il fattore tempo è fondamentale per qualsiasi impresa voglia stare sul territorio”.
Per il no si è schierato il Movimento cristiano lavoratori, che proprio la scorsa settimana ne ha discusso all’interno dell’esecutivo. Una scelta unanime che non si traduce però in un ordine di scuderia. “E’ un indirizzo politico – spiega il presidente Carlo Costalli – perché siamo un movimento, non una caserma”. Il Mcl, comunque, non aderirà a comitati di alcuno schieramento e non ne costituirà di propri. Il giudizio sulla riforma è negativo per il metodo con cui è stata approvata (Costalli ha parlato di un “forcing dell’esecutivo”) e per il suo contenuto: “Un testo ibrido, approssimativo e superficiale, che darà luogo a tante ambiguità e vuoti interpretativi” e che “riduce gli spazi di democrazia”.
La posizione ufficiale delle Acli sarà resa nota a breve, il tempo necessario per completare il serrato confronto a livello di base, ma al convegno nazionale di studi che si è svolto a Roma a metà settembre il presidente Roberto Rossini ha riferito che “attualmente l’orientamento va nella direzione di dare un giudizio positivo alle proposte di riforma”. “Eliminare il bicameralismo perfetto e riscrivere le competenze tra Stato e Regioni ci pare un bene, così come ci pare un bene intervenire su enti che appaiono poco efficienti, ridurre la spesa, dare più serietà all’iniziativa popolare referendaria”, ha aggiunto il presidente delle Acli. Secondo Rossini appaiono meno convincenti i passaggi della riforma sull’equilibrio dei poteri, che “sembrano dare troppo rilievo al governo soprattutto nel combinato disposto con l’attuale legge elettorale”, fermo restando che “abbiamo anche bisogno di stabilità, responsabilità e innovazione”.
La questione del referendum costituzionale è oggetto di riflessione anche nel movimento di Comunione e Liberazione che però, allo stato, non ha formulato una posizione ufficiale, anche perché – spiegano all’ufficio stampa – si attendeva comunque che la data della consultazione fosse prima effettivamente fissata. L’Agesci, tirata in ballo da un articolo agostano che arruolava l’associazione nel fronte del sì, ha fatto sapere che non intende assumere posizioni ufficiali e che ogni associato è libero di esprimere la propria posizione a titolo personale. C’è naturalmente un impegno formativo, come dimostra anche l’ultimo numero di Proposta educativa, la rivista per gli educatori dell’Agesci. Sulla formazione delle coscienze punta l’Azione cattolica italiana, come spiega il presidente nazionale Matteo Truffelli in un ampio articolo disponibile sul sito dell’associazione, intitolato “L’Ac e il referendum: l’importanza di generare processi”. “Il compito cui si sente chiamata l’Azione cattolica italiana in questo momento – scrive Truffelli – non è quello di ‘prendere posizione’ pro o contro la riforma costituzionale, accontentandosi così di ‘occupare spazi’. Perché le persone hanno più che mai bisogno, oggi, di essere aiutate a sviluppare una propria coscienza critica, sia individualmente che in maniera condivisa. Un compito che una realtà come la nostra associazione può assolvere, sia a livello nazionale che diocesano”.

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