martedì, 10 dicembre 2024
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Matrimoni religiosi in calo. Ma c'è un'attenzione nuova

Mille e sessantanove: sono le nozze celebrate in tutte le chiese della nostra diocesi nel 2018. E l’anno che sta per finire promette un ulteriore calo: forse si arriverà a 1.050, con la particolarità di parrocchie che, in un intero anno, non hanno mai visto celebrato un matrimonio. Centocinquantotto matrimoni religiosi in meno rispetto al 2017. Quasi la metà di quelli celebrati nel non lontano 2005. I dati diocesani confermano sostanzialmente il dato nazionale dell'Istat. Abbiamo provato a fare una lettura di questo fenomeno con don Tiziano Rossetto, da pochi mesi direttore dell’ufficio diocesano di Pastorale famigliare.

Mille e sessantanove: sono le nozze celebrate in tutte le chiese della nostra diocesi nel 2018. E l’anno che sta per finire promette un ulteriore calo: forse si arriverà a 1.050, con la particolarità di parrocchie che, in un intero anno, non hanno mai visto celebrato un matrimonio. Centocinquantotto matrimoni religiosi in meno rispetto al 2017. Quasi la metà di quelli celebrati nel non lontano 2005. La Cancelleria vescovile, inoltre, ha registrato che, tra i 1.069 matrimoni, 69 coppie si sono sposate in chiesa dopo le nozze civili.

I dati diocesani confermano sostanzialmente il dato nazionale, che l’Istat (l’Istituto nazionale di Statistica) mette in relazione a due fattori significativi: il calo delle nascite, avvertito significativamente dalla metà degli anni ‘70, che ha ridotto la popolazione tra i 16 e i 34 anni di un milione e 200mila persone negli ultimi dieci anni, e l’aumento delle libere unioni, come le chiama l’Istat, quadruplicate in vent’anni. Nonostante questi fattori, pure importanti, il dato che si registra è che il matrimonio non è più un “vincolo” attraente come nel passato, specialmente per i giovani. E a farne “le spese” sono soprattutto i matrimoni religiosi.

Abbiamo provato a fare una lettura di questo fenomeno con don Tiziano Rossetto, da pochi mesi direttore dell’ufficio diocesano di Pastorale famigliare, insieme ai coniugi Daniela e Andrea Pozzobon.

Quale lettura possiamo dare dei numeri?

L’interpretazione dei dati è complessa e deve tener conto di molteplici fattori. Più che trarre immediate conseguenze, trovo più utile riconoscere gli interrogativi che i dati propongono alla società e alle comunità cristiane. Possiamo certamente dire che non è venuto meno tra i giovani il desiderio di realizzare una vita a due, e questo lo riscontriamo incontrando tanti giovani delle nostre parrocchie, delle associazioni e dei movimenti. E non è venuto meno neanche il desiderio di genitorialità, nonostante le grandi difficoltà a «mettere su famiglia». Questo non ci stupisce, perché tali desideri sono insiti nel cuore di ogni uomo e di ogni donna.

E’ comunque un dato di fatto che ci si sposi sempre meno e che molto spesso si arrivi al matrimonio cristiano dopo una convivenza più o meno lunga.

La cultura pluralista tipica del nostro tempo fa sì che ciascuno percorra vie personali nella realizzazione dell’amore in una vita di coppia, avvertendo le forme istituzionalizzate come non più significative e spesso in antitesi con l’autenticità dell’amore. C’è da chiederci pertanto come mostrare che l’istituzione del matrimonio non è una formalità limitante, ma è proprio al servizio dell’autenticità dell’amore, che fin dal suo sorgere invoca solidità e si proietta in un orizzonte “per sempre”. Per noi cristiani tutto questo si realizza come dono ricevuto dagli sposi nel sacramento nuziale. Sarebbe bello far cogliere alle giovani coppie che il sacramento è capace di aprire la potenza dell’amore.

Il drammatico inverno demografico che l’Occidente, e il nostro Paese in particolare, sta vivendo ci interroga anche sulla difficoltà nell’apertura alla vita di tante unioni. Quale segnale di fiducia si può dare alle giovani generazioni?

Ogni amore nel suo crescere avverte connaturato il bisogno di esprimersi e diffondersi attorno a sé. Come sostenere, dunque, il desiderio di condividere la gioia dell’amore anche generando dei figli? La domanda si presenta come un appello alle istituzioni sociopolitiche, ma, in termini ancor più decisi, interpella la comunità cristiana, che è custode e serva di una speranza affidabile. Quanti giovani si chiedono se vale la pena seguire quel desiderio in condizioni di aumentata incertezza rispetto al tempo delle generazioni precedenti? Tenendo conto che, sulle scelte di vita, non ha effetto soltanto l’incertezza oggettiva, come ad esempio avveniva in tempo di guerra, bensì l’incertezza percepita, in un contesto e con parametri mutati.

Quale contributo possono dare le comunità cristiane alla riscoperta del sacramento del matrimonio?

Se le domande che emergono vengono avvertite come significative, e vengono assunte dalle comunità cristiane, esse possono costituire una base di riflessione e di confronto che può produrre una sensibilità e un’attenzione nuova nei confronti dei giovani nel loro percorso di scoperta e di scelta dell’amore.

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