Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Lettera dei vescovi triveneti: ecco i punti caldi, è allarme educativo
In nome della “non discriminazione” stanno entrando in ordinamenti europei e nazionali misure discutibili in merito all’educazione sessuale dei bambini, degli adolescenti e dei giovani, arrivando anche a promuovere la “ricerca” di una propria identità di genere. Ampia la delega affidata alla scuola, con notevoli finanziamenti
Per non discriminare si arriva a promuovere. L’obiettivo è far cessare ogni discriminazione nei confronti delle persone che hanno orientamenti sessuali differenti da quello eterosessuale; o che sentono stretta una definizione puramente biologica della propria sessualità, e vogliono quindi scegliere il genere al quale appartenere: lesbica, gay, bisessuale, transessuale (per riassumerli tutti, gli inglesi usano la sigla Lgbt; qualcuno aggiunge anche “qi”: queer, cioè “eccentrico”, e intersessuale). Per ottenere questo scopo si vuole riservare allo Stato un’ampia delega nel campo dell’educazione sessuale dei bambini, degli adolescenti e dei giovani, arrivando anche a promuovere la ricerca di una propria identità di genere, secondo le teorie Lgbt, sotto la guida di attivisti di associazioni che si rifanno a quella cultura. Parallelamente, si cerca di modificare il diritto matrimoniale per adeguarlo a questi principi, fino a consentire l’adozione anche a coppie omosessuali.
E’ la cultura che, promossa in ambito europeo, ha ormai raggiunto anche il nostro Paese. Una cultura che è già diventata politica: sono molti ormai i documenti, le strategie, i disegni di legge che perseguono questi obiettivi, che si traducono nelle nostre scuole in corsi per i docenti e lezioni per gli alunni, oltre che nella rivendicazione della necessità di riconoscere nuovi tipi di famiglia.
La raccomandazione europea. Se i primi passi della cultura “gender” (termine inglese che significa appunto “genere”) risalgono alla fine degli anni Sessanta, è del 2010 la raccomandazione del Comitato dei Ministri europei che si richiama al principio in base al quale non può essere invocato nessun valore culturale, tradizionale o religioso, né qualsivoglia precetto derivante da una “cultura dominante”, per giustificare qualunque discriminazione, comprese quelle fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere. Agli Stati membri ha richiesto di rivedere le proprie leggi e promuovere nuovi interventi legislativi finalizzati a combattere in modo efficace ogni discriminazione e a garantire il rispetto dei diritti umani delle persone Lgbt, anche in ambito familiare. A scuola, in particolare, si chiede di adottare misure che comprendano anche “la comunicazione di informazioni oggettive sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, per esempio nei programmi scolastici e nel materiale didattico, nonché la fornitura agli alunni e agli studenti delle informazioni, della protezione e del sostegno necessari per consentire loro di vivere secondo il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere”.
La “costituzione” europea. La Carta dei Diritti Fondamentali dei cittadini dell’Unione europea (adottata nel 2000, con effetti giuridici vincolanti a partire dal 2009) contiene il divieto di discriminazione anche in base all’orientamento sessuale della persona umana e il riconoscimento generale del diritto di sposarsi e costituire una famiglia. Numerose sono anche le risoluzioni del Parlamento europeo che richiedono agli Stati membri il rispetto dei diritti e della dignità delle persone Lgbt e la parificazione di diritti in materia familiare e di accesso al matrimonio.
Una legge contro l’omofobia? L’ordinamento italiano contiene già norme contro la discriminazione basata sull’orientamento sessuale delle persone, in campo lavorativo, delle comunicazioni sociali, in materia di asilo. Il nostro parlamento non ha invece mai approvato una legislazione specifica per i reati di omofobia o transfobia. “La legge cosiddetta sull’omofobia, anche questa già approvata alla Camera ed ora in discussione al Senato, se approvata, creerebbe un quadro di intolleranza ideologica e, insieme al decreto suddetto, stabilirebbe nella scuola un clima culturale di completa estromissione della famiglia. Diventerebbe impossibile educare alla famiglia naturale”. A dirlo è l’Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan (www.vanthuanobservatory.org) sulla dottrina sociale della Chiesa, secondo il quale se per Papa Benedetto nel 2008 ci si trovava di fronte a un’emergenza educativa, oggi “bisogna ormai parlare di nuova emergenza educativa o, meglio, di allarme educativo”.
La questione matrimoniale. Quanto alle unioni tra le persone dello stesso sesso, la sentenza della Corte Costituzionale n. 138 del 14 marzo 2010 ha dichiarato l’inammissibilità dell’estensione del matrimonio anche tra persone dello stesso sesso; ma nel contempo ha riconosciuto che, sulla base dell’art. 2 della Costituzione, le coppie dello stesso sesso sono portatrici di legittime istanze di parità: sarà il Parlamento a dover scegliere lo strumento specifico per riconoscerne i relativi diritti e doveri.
Una questione delicata assume la “tipologia” di questo strumento. Spiega Maria Costanza sulla rivista Iustitia, la rivista dell’Unione Giuristi cattolici italiani: “Per i Giudici di Strasburgo discriminatoria è ogni norma che a cospetto di situazioni eguali o analoghe stabilisce trattamenti differenziati. Così si giudica non discriminatoria la preclusione agli omosessuali dell’istituto del matrimonio come concepito per le coppie eterosessuali, ma una volta ammesso dall’ordinamento il matrimonio degli omosessuali, allora non si potrà, senza incorrere nella discriminazione, escludere che le coppie omosessuali coniugate accedano, ad esempio, all’adozione allo stesso modo delle coppie eterosessuali coniugate”.
La “Strategia nazionale”. E’ in questo contesto che si inserisce la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013 -2015)”, compilata dal Dipartimento per le Pari Opportunità e dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali). Tale documento si occupa, oltre che di Comunicazione, Lavoro e Carceri, anche di Educazione e Istruzione (si veda il box in questa pagina).
Corsi, moduli e libri di testo. Vanno nella direzione di questa Strategia nazionale i corsi rivolti agli insegnanti dei nidi e delle scuole dell’infanzia, istituiti anche nel Comune di Venezia, per imparare a interagire correttamente con le famiglie omogenitoriali. E rispondono ai criteri di questa Strategia gli incontri per gli alunni organizzati da qualche scuola, a seguito di episodi di omofobia, affidati a esponenti di associazioni Lgbt, che mirano a promuovere la normalità di questi differenti orientamenti sessuali. E’ sempre la Strategia che prevede la “predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali”. Come si è tentato di fare nel Comune di Venezia.
Intanto, secondo l’Osservatorio Van Thuan, comincia anche ed esserci un allarme libri di testo: “Il governo ha fatto proprio un ordine del giorno che introduce il rispetto del codice delle pari opportunità nei libri di testo”.
Milioni per la formazione. Anche nelle “Misure urgenti per Istruzione, Università e Ricerca” (legge n. 128 dell’8 novembre 2013, che converte, con alcune modifiche, il decreto legge 12 settembre 2013 n. 104) vengono stanziati per il 2014 dieci milioni di euro per attività di formazione e aggiornamento obbligatori del personale scolastico in vista, tra le altre cose, anche dell’«aumento delle competenze relative all’educazione all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere». La piega che possono prendere questi interventi formativi (cosa si intende per “stereotipo di genere”? Quanto l’accezione è imparentata con “identità di genere”?) dipende naturalmente dall’ente cui verranno affidati.
Già le “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione” firmate dal ministro Francesco Profumo nel 2012, nel capitolo relativo alla scuola del primo ciclo si dice che la scuola “segue con attenzione le diverse condizioni nelle quali si sviluppa l’identità di genere, che nella preadolescenza ha la sua stagione cruciale”.
La “morale laica”. Insomma, l’Italia non è (ancora) la Francia, che dopo l’approvazione della “Charte de la laïcité” predisposta dal ministro Peillon, si prepara ad introdurre nei licei, a partire dal 2015, un’ora di insegnamento di “morale laica”, attraverso la quale lo Stato impone una propria religione civile ed una propria etica pubblica per formare i buoni cittadini, secondo gli insegnamenti di Rousseau. Ma in maniera meno plateale, più sotterranea, le premesse per raggiungere questo obiettivo, ispirato al pensiero unico, ci sono già tutte.