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Franz Jägerstätter, l’obiettore beato e padre di famiglia

Ottant’anni fa, il 9 agosto, veniva ucciso dai nazisti uno dei testimoni della resistenza non violenta a Hitler. Il suo esempio è oggi seguito da alcune decine di obiettori, sia russi che ucraini, per questo finiti in carcere

Il 9 agosto 1943, nel carcere del Brandeburg an der Havel a Berlino – lo stesso dove furono uccisi il pastore luterano Dietrich Bohnöffer e il prete cattolico Max Joseph Metzger – veniva decapitato Franz Jägerstätter, uno dei testimoni della resistenza nonviolenta a Hitler.

Da 80 anni la figura del contadino-sagrestano di St. Radegund, poco a nord di Salisburgo, che si è rifiutato di arruolarsi nelle file naziste, pagando con il carcere e la vita, è un monito contro la guerra e la violenza per tanti giovani cattolici e non del mondo mitteleuropeo, ma è assai conosciuta anche in Irlanda e Regno Unito, molto meno in Italia, ad eccezione del Trentino-Alto Adige.

Per i trevigiani la sua figura si interseca con quella di Arrigo da Bolzano (meglio conosciuto come beato Enrico da Bolzano), boscaiolo altoatesino, vissuto anche a sud della città di Treviso e contraddistintosi per il suo impegno per i poveri, verso il quale Jägerstätter nutriva una profonda venerazione.

Una figura “straordinaria”. Nel luglio dello scorso anno papa Francesco così si era rivolto ai partecipanti alla “Eu Youth Conference” invitandoli a “conoscere una figura straordinaria di giovane obiettore, un giovane europeo dagli occhi grandi, che si è battuto contro il nazismo durante la seconda guerra mondiale, Franz Jägerstätter, proclamato beato da papa Benedetto XVI”.

Un obiettore da conoscere. Franz era un giovane contadino austriaco che, a motivo della sua fede cattolica, fece obiezione di coscienza di fronte all’ordine di giurare fedeltà ad Hitler e di andare in guerra.

Di fronte al suo rifiuto alla chiamata alle armi, perché riteneva ingiusto uccidere vite innocenti, dovette subire dure reazioni da parte della sua comunità, del sindaco, della mamma e anche di alcuni preti. Unica a rimanere al suo fianco, la moglie Franziska.

Primato della nonviolenza. Franz preferì farsi uccidere che uccidere. Riteneva la guerra totalmente ingiustificata. Il suo esempio è oggi seguito da alcune decine di obiettori, sia russi che ucraini, per questo finiti in carcere. E tra qualche giorno ricorderemo la memoria di un altro martire della nonviolenza (14 agosto), san Massimiliano Kolbe, morto ad Auschwitz per salvare un padre di famiglia, conosciuto in queste terre d’Europa che guardano verso oriente e dove continuano a soffiare venti di guerra.

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