martedì, 17 settembre 2024
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Famiglie formato Laudato Si'

Nel territorio diocesano una decina di nuclei familiari ha cominciato a registrare tutti i propri consumi e a sperimentare un “calcolatore di impronta ecologica”, elaborato dal prof. Pranovi, di Ca’ Foscari. Quindi si passerà alle strategie possibili.

Dalla teoria alla pratica. Iniziano a prendere forma con interessanti “esperimenti” i principi enunciati dall’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco, che indica come urgente e prioritaria la sostenibilità delle attività umane. E, tra tante, l’energia e la mobilità sono messe sotto osservazione, dovendo diventare al più presto - per alcuni ambiti già entro il 2020 - a emissioni zero e a bilancio di anidride carbonica nulla.
Così, accade che anche nel nostro territorio diocesano una decina di famiglie abbia cominciato a registrare tutti i propri consumi per vedere poi quanto “pesano” in termini di produzione di anidride carbonica e di altre sostanze che alternano gli equilibri del clima. Rientrano in una iniziativa promossa dal Gruppo Stili di vita del Patriarcato di Venezia, che da qualche mese sta testando il calcolatore di impronta ecologica.

Tre “presìdi” della Laudato Si’
“L’idea nasce dall’aver preso coscienza che la Laudato Si’ è un talento da far fruttare, non da relegare nelle biblioteche – spiega il prof. Fabio Pranovi, dell’Università di Venezia, coordinatore del progetto -. Per circa un anno ci siamo confrontati sulla possibilità di tradurre l’enciclica in azioni concrete e ad ottobre scorso sono partiti tre presìdi, luoghi in cui sperimentare”. Il primo è alla comunità monastica di Marango, che cura in particolare l’approfondimento del documento del Papa, il secondo è presso il cohousing di Rio Selva a Preganziol, dove si sperimenta l’agricoltura biologica e il rapporto rispettoso della terra; il terzo è nella collaborazione pastorale di Altino, Quarto e Portegrandi, frequentata anche da famiglie trevigiane. “La misurazione dell’impronta ecologica è una sperimentazione che può portare a rivisitare i propri stili di vita in una logica di sostenibilità ambientale allargabile poi alle comunità”.

Pesano trasporti, cibo ed energia
Uno strumento di lavoro, dunque, assolutamente perfettibile, costruito con l’intento di mappare i consumi di cibo, trasporti, energia, abbigliamento, elettronica e giornali. Che, già nelle primissime sintesi, ha fatto emergere come l’uso dell’auto incida per il 49%, l’alimentazione per il 28,5%, il riscaldamento e l’energia per il 18,5%. “Non sono ancora dati rappresentativi, ma alcune considerazioni possiamo già cominciare a farle – spiega Gianni Bellan, di Paese, che con la famiglia sta mappando l’impronta ecologica -, anche perché inevitabilmente molto dipende dagli stili di vita e dalle scelte già messe in campo”.
Per esempio, l’uso dell’automobile per spostamenti di lavoro incide in modo importante, oppure l’installazione di pannelli fotovoltaici o di stufe a pellet o caminetti a legna di ultima generazione con emissioni ridotte drasticamente. Anche l’alimentazione sembra contare parecchio per valutare l’emissione di co2, ma il peso dipende dalla carne rossa e dai latticini che hanno impronta elevata. D’altro canto, invece, i rifiuti sono solo lo 0,4% perché il compostaggio domestico e la differenziata spinta fanno si che l’impatto sia basso. “Per le famiglie è molto interessante potersi confrontare a partire da dati concreti – continua Gianni – prendere coscienza e approfondire la misura della propria sostenibilità e delle scelte che si possono attivare”. In effetti, finora, è stato il passaparola a far coinvolgere nel progetto le famiglie che, dopo questa fase di monitoraggio, saranno chiamate con creatività a trovare delle strategie possibili.

Riorientare le proprie scelte
Quali? “Educandosi alla coscienza di una origine comune, di una appartenenza alla comune famiglia e di un futuro condiviso” scrive papa Francesco, declinando poi così alcune azioni: “Evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili” e così via.“Questa è una esperienza trasversale - concordano Pranovi e Bellan - che ha bisogno di persone sensibili che si facciano carico dei processi e sperimentino soluzioni”. “La riflessione che maturiamo a partire dalla pratica ci porta a modificare i nostri stili di vita, che poi è anche un riposizionamento della propria spesa e dei consumi - conclude Gianni -. Il termometro che stiamo testando ci serve a questo: ad avere consapevolezza della nostra impronta ecologica e dei rischi a cui tutti siamo esposti; ci permette di coinvolgerci e di contagiare altre persone in buone prassi per un presente che sia più sostenibile.

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