lunedì, 16 settembre 2024
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Associazioni cattoliche dicono no a eutanasia. Sì a cure palliative

Per papa Francesco essa appare come una una scelta di libertà personale, ma è in realtà basata su una visione profondamente utilitaristica dell'individuo. “Non intendiamo giudicare nessuno - spiega Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici, vogliamo piuttosto avere autentica compassione per tutti quelli che soffrono a causa di malattie inguaribili o disabilità importanti”.

L’ultimo monito di papa Francesco risale a qualche giorno fa. “La pratica dell’eutanasia, divenuta legale già in diversi Stati, solo apparentemente si propone di incentivare la libertà personale; in realtà essa si basa su una visione utilitaristica della persona, la quale diventa inutile o può essere equiparata a un costo, se dal punto di vista medico non ha speranze di miglioramento o non può più evitare il dolore”. Parole senza sconti quelle rivolte ai membri dell’Associazione italiana oncologia medica (Aiom) ricevuti il 2 settembre in udienza in Vaticano, accompagnate dalla sottolineatura dell’importanza delle cure palliative: “L’impegno nell’accompagnare il malato e i suoi cari in tutte le fasi del decorso, tentando di alleviarne le sofferenze mediante la palliazione, oppure offrendo un ambiente familiare negli hospice, contribuisce a creare una cultura e delle prassi più attente al valore di ogni persona”. Si avvicina il 24 settembre -  termine indicato al Parlamento dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 207/2018 per modificare la norma sull’aiuto al suicidio, ossia l’art. 580 del Codice penale - e in quella data, in assenza di atti del Parlamento stesso, è attesa una pronuncia della Consulta in materia di suicidio assistito. Lo scorso 13 luglio il cardinale presidente della Cei Gualtiero Bassetti aveva espresso “profondo turbamento di fronte alla possibilità che anche nel nostro Paese si aprano le porte all’aiuto al suicidio, tramite una legge o attraverso le sentenze di tribunali ordinari o della Corte Costituzionale”, e aveva esortato la politica a mettere “al primo posto un concreto accesso per tutti a cure adeguate, a partire da quelle palliative e dalla terapia del dolore”.
E proprio un intervento del card. Bassetti ha costituito il momento cardine dell’incontro di riflessione “Eutanasia e suicidio assistito. Quale dignità della morte e del morire?” l’11 settembre a Roma per iniziativa del “Tavolo famiglia e vita” istituito presso la Cei e composto da Aippc, Amci, Forum associazioni familiari, Forum sociosanitario, Movimento per la vita e Scienza & Vita che lo scorso luglio hanno pubblicato un documento congiunto per ribadire un fermo “no” ad eutanasia e accanimento terapeutico e per chiedere una maggiore implementazione delle cure palliative su tutto il territorio.
“Non intendiamo giudicare nessuno - spiega al Sir Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici, che auspica da parte del nuovo governo maggiore attenzione per questi temi - ; vogliamo piuttosto avere autentica compassione per tutti quelli che soffrono a causa di malattie inguaribili o disabilità importanti”. E la risposta da offrire a chi teme di essere abbandonato o di costituire un peso è fatta di accoglienza, prossimità, accompagnamento. Un abbraccio che disperda le tenebre dello sfinimento e della disperazione perché cure palliative e terapia del dolore offerte con competenza e umanità prevengono la domanda di essere aiutati a morire. Per questo la richiesta di garantire a tutti l’accesso a queste cure non è una “questione cattolica”, ma una battaglia di civiltà per superare una disuguaglianza che colpisce malati in condizione di estrema fragilità. Diversamente, avverte il giurista Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita, “sarebbero soprattutto le persone più deboli a essere spinte verso forme di interruzione della propria esistenza prima del suo spirare naturale”.

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