martedì, 17 settembre 2024
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Antonella Stelitano racconta le fatiche delle cicliste in un mondo ostile alle donne

Il libro "Donne in bicicletta. Una finestra sulla storia del ciclismo femminile in Italia" è stato presentato in occasione della Settimana europea della mobilità alla libreria San Leonardo di Treviso

Le cicliste più vicine a Treviso erano presenti alla serata che ha presentato a un nutrito pubblico il libro “Donne in bicicletta. Una finestra sulla storia del ciclismo femminile in Italia” di Antonella Stelitano (Ediciclo, 20 euro). L’incontro promosso da Grande raccordo ambientale e Fiab di Treviso, alla Libreria San Leonardo, in occasione della Settimana europea della mobilità, ha reso giustizia alla storia del ciclismo femminile, in Italia, completamente dimenticato fino a pochi decenni fa e ancor oggi vissuto di riflesso al movimento maschile. “C’è ancora una strada tutta in salita da percorrere e sarebbe bello che donne e uomini pedalassero insieme. Perché non c’è democrazia senza la libertà e il rispetto dovuto alle donne. L’unica catena che ci rende liberi è quella della bicicletta”, è una delle riflessioni di Antonella Bellutti.

Il lavoro di ricerca di Antonella Stelitano è stato scrupoloso quanto complicato dalla mancanza di scritti ufficiali, reso prezioso dalle testimonianze dirette di numerose protagoniste che hanno aperto i loro cassetti per consegnare foto e ricordi personali. Il ciclismo è uno sport di fatica, soprattutto per le ragazze che per anni si sono viste private della possibilità di praticare la propria passione. “Eppure - ha riferito Stelitano - queste ragazze hanno contribuito in maniera determinante non solo ad arricchire il palmarès di medaglie del ciclismo italiano, ma anche ad abbreviare il lungo e faticoso cammino verso l’emancipazione femminile”.
Fatica, sacrificio e dedizione, sono queste le caratteristiche che le hanno portate a vincere l’ostruzionismo di chi pensava che il ciclismo non solo non fosse adatto alle donne, ma facesse loro male, privandole anche della loro grazia.

Una ostilità forse comprensibile nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, ma che è continuata fino a Maria Canins, volto che ha dato una svolta al settore, anche se ricordata più come “mammina volante” che come “campionessa”. Campionessa come Paola Pezzo, olimpica e mondiale, la cui immagine simbolo è quella cerniera chiusa solo al momento dell’arrivo che le valse un contratto di tutto rispetto negli Usa. Una delle protagoniste, arrivata alla presentazione vestita da ciclista, è Lucia Pizzolotto, ai massimi livelli del ciclocross, dove spera di aggiudicarsi un titolo mondiale. Tra le interessanti storie citate quella di Anne Londonderry Kopchovsky, ebrea lettone emigrata negli Stati Uniti, la prima donna a fare il giro del mondo in bici, nel 1894, per scommessa. E poi, nel 1924, Alfonsina Strada, iscritta al Giro d’Italia. Fino al presente, a Elena Cecchini, campionessa più spesso ricordata come fidanzata di Elia Viviani. La strada è ancora lunga ed è in salita.

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