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Violenza di genere: attenzione alla mancanza di empatia e al narcisismo

Al di là delle lezioni formali nelle quali siamo tutti bravini, servono la persona, il tempo, la relazione, perché nessuno può accompagnare verso mete che non ha già vissuto e realizzato
11/12/2023

Sempre più, almeno dopo le tragedie, si parla di prevenzione attraverso l’educazione, trattandosi di situazioni che provengono da voragini emotive, valoriali, relazionali create da assenze e incompetenze e non da “colpi di matto”.

Il problema, macroscopico, riguarda ogni agenzia educativa e comunicativa (famiglia, scuola, sport, associazioni, media...) ed è la mancanza di capacità educative, dirette e trasversali, nell’attuale generazione adulta.

E non tiriamo fuori gli educatori di una volta, perché “una volta” non c’è più.

A casa, si accudiscono bambini e bamboccioni, ma non si educa. Si può “stirare una camicia e cucinare una cotoletta” ma non reagire se un figlio “dorme col peluche e minaccia il suicidio” semplicemente perché è stato mollato?

A scuola, si può costruire un buon progetto educativo se poi chi lo deve realizzare non è persona di solida sostanza per gli studenti? Si può avere adulti che strillano in continuazione, ma non ottengono nulla, mancando loro la cognizione di base “se il vigile non mettesse qualche multa ben pochi rispetterebbero i segnali stradali”?

E’ possibile comprendere che, al di là delle lezioni formali nelle quali siamo tutti bravini, servono la persona, il tempo, la relazione, perché nessuno può accompagnare verso mete che non ha già vissuto e realizzato, né coscientizzare oltre la propria coscienza?

Possiamo ammettere che smartphone e dispositivi vari fanno comodo al formatore demotivato e al genitore distratto, in particolare sostituendo la vicinanza vera del “Ho visto che qualcosa non va, non mi muovo da qui e ti ascolto” col patetico controllo delle spunte più o meno blu?

Piste su cui lavorare: formare gli educatori, perfino certi “esperti”.

E avere tutti occhio attento e talvolta lungimirante su: volere tutto e subito senza alcuna fatica (mancanza di motivazione e di resilienza); volere tutto come e più degli altri, sabotando questi altri (invidia e social-rivalità); mancata esperienza di sana frustrazione in educazioni senza regole e con troppo accudimento; no alla “fusionalità” prolungata (allattamento senza fine, lettone condiviso, taxisti per sempre...); no al mito della “coppia in simbiosi” cioè al prolungamento sul partner del legame primario e irrisolto con i propri genitori; no al mito, tutto italiano, del “bravo ragazzo” cioè del passivo-aggressivo che non rivela la rabbia che cova (esprimendola in modo appropriato); no al tutto dovuto in quanto maschio (patriarcato e gender gap); no al senso di colpa della ragazza “buona” che non è empatica se non porta pazienza, subisce e perdona; no agli audio-sos non riferiti immediatamente a chi deve proteggere; no al narcisismo, sbruffone o cucciolone: comportamenti da spegnere quando sono ancora fiammiferi senza mai più attendere l’incendio.

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