Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Tecnologia digitale ed età evolutiva
L’utilizzo di smartphone, internet e social network modifica la materia bianca cerebrale, e per il cervello in età evolutiva il rischio dipendenza è triplo rispetto agli adulti. Il digitale altera il concetto di tempo, accelerandolo e consumandolo, e di spazio, riducendo e annullando le distanze. Rende più impulsivi nell’iniziare le cose, ma più lenti a terminarle.
Il comprensibile timore di fare scelte sbagliate nei confronti di figli e nipoti, assieme alla paura dell’impopolarità, spinge gli adulti a delegare sempre più decisioni a bambini e ragazzi. Se poi si aggiunge il senso di colpa che “il mio sia diverso e perciò tagliato fuori dagli altri” perché ad esempio non gli ho ancora comprato lo smartphone, ecco confezionato il vuoto educativo che non lascia liberi di decidere, ma soli nelle scelte.
Le implicazioni di cose apparentemente minime possono essere notevoli. Pensiamo ad esempio alla crescita esponenziale degli incidenti stradali provocati dalla distrazione. Da varie ricerche emerge che buona parte degli adolescenti non ancora patentati ritiene pericoloso l’uso dello smartphone durante la guida, perché ciò significa staccare gli occhi dalla strada per incollarli sullo schermo del cellulare. Fin qui, gli adolescenti interpellati si rivelano bravissimi.
Gli stessi adolescenti, però, sono convinti che girare a piedi, in bici o in monopattino con cuffiette e musica sparata a palla non impedisca di accorgersi in tempo di ciò che accade sulla strada. Conosciamo la spiegazione biologica: gli adolescenti non riescono a valutare tutti i comportamenti rischiosi non per voglia assoluta di trasgredire o negligenza, ma perché il loro cervello non ha ancora maturato la corteccia prefrontale. Quando poi quest’ultima subisce sin dalla più tenera età gli effetti della tecnologia digitale, le funzioni cognitive implicate nel discernimento sono ulteriormente penalizzate. Con buona pace di chi crede ancora che i device (smartphone, tablet, computer...) rendano i ragazzi di oggi più svegli quando invece è l’esatto contrario: l’uso della tecnologia digitale in età evolutiva pregiudica lo sviluppo fisiologico del cervello, proprio quando dovrebbero definirsi le reti di connessione neurale che consentono di acquisire le abilità cognitive, emotive, affettive e relazionali che poi servono per la vita.
L’utilizzo di smartphone, internet e social network modifica la materia bianca cerebrale, e per il cervello in età evolutiva il rischio dipendenza è triplo rispetto agli adulti. Il digitale altera il concetto di tempo, accelerandolo e consumandolo, e di spazio, riducendo e annullando le distanze. Rende più impulsivi nell’iniziare le cose, ma più lenti a terminarle.
Affidare al cellullare o a internet sempre più informazioni riduce drasticamente le capacità di memorizzazione e problem solving. Utilizzati prima del sonno, i device alterano il ritmo sonno-veglia e pregiudicano il recupero neurologico.
Le mille notifiche in arrivo frammentano le attività in corso e causano - alla meglio - il disturbo dell’attenzione. Inoltre, l’esposizione ai videogame basati sull’incentivo a raggiungere il livello successivo rende i ragazzi dipendenti dalla ricompensa esterna e quindi incapaci di motivazione intrinseca.
Queste sono alcune delle conseguenze neurologiche all’uso dei devices, senza nemmeno considerare le implicazioni etiche e relazionali. Bambini e ragazzi lasciati con lo smartphone in mano scelgono la tecnologia come soluzione inconsapevole alle difficoltà della vita e, apparentemente tranquilli, entrano in crisi d’ansia e depressione nel momento in cui la tecnologia non è più a loro disposizione.
E’ importante saper riconoscere i segnali che richiedono un intervento immediato, e quelli per cui è sufficiente modificare il proprio stile educativo. Il come concreto esiste e inizia quando siamo noi educatori a riporre il nostro telefonino e a guardarli negli occhi.