Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
La vita non è una favola, siamo fragili
Quando si è giovani, belli e vincenti è più che naturale e facile innamorarsi e sposarsi con una cerimonia e una festa da favola. Le emozioni e i sentimenti ci sono, ci mancherebbe!
Emozioni e sentimenti che possono benissimo convivere non con un’unione d’interesse, ma certamente anche di interessi, come nel caso di C. e F. sì, sempre la coppia del momento. Al netto del fatto che sia possibile che stiamo semplicemente assistendo a una nuova puntata del reality cui ci hanno abituato, l’eventuale epilogo non li trasforma in una coppia simile a tante altre, poiché l’esposizione sfrontata, per anni, di grandi fortune e anche di riconosciuti talenti sta ora tornando indietro come un boomerang implacabile. E se l’Università di Harvard fece di lei un caso di studio e la rivista Forbes scrisse, a ragione, che era l’influencer numero uno al mondo, figurarsi quanti, dai loro coetanei in giù, e non solo, che si sono illusi di poterli raggiungere prendendoli ad esempio, ora infieriscono. Comprendiamo meglio che la frustrazione di assistere alle favole (=solo vittorie, nessuna fragilità) degli altri sui social crei in modo esponenziale rabbie e depressioni personali, oltre che hater sociali in quantità. Ora che la loro favola sta traballando sul “per sempre” del più glamour dei “e vissero felici e contenti”, emerge in alcune esternazioni il bisogno di una normalità non voluta a suo tempo e perduta da tempo. “Cosa succede, però, non verrò a dirlo a voi, non mi interessano le illazioni della gente”, pur lavorando grazie a questa gente.
“Non ho niente da dire, posso andare dalla psicologa in pace?”, dopo che nella loro docu-serie-tv erano andati in terapia di coppia assieme. “Io non gioco sulla pelle dei miei figli: sono la priorità della mia vita”, sicuramente, nonostante abbiano ampiamente sdoganato il modello genitoriale che se è tuo figlio puoi metterlo tranquillamente sui tuoi social, probabilmente compromettendone la privacy futura, oltre che presente. E ancora si comprende perché si dica “nella buona e nella cattiva sorte” e non solo nell’uno o nell’altro dei casi. C’è chi abbandona la nave quando le cose si fanno difficili, ma anche chi rosica per i successi del/la partner, quando le cose vanno a gonfie vele per la brezza di Sanremo o il red carpet di Cannes o chissà che altro.
Infatti, non manca neppure la stilettata “A parole diceva di sostenermi, nei fatti fingeva e godeva delle mie cadute”.
Come il resto della storia, anche la dinamica della caduta è stata forse anticipata nel monologo in cui lei diceva “Non sminuirti mai: noi donne ci facciamo piccole davanti a uomini duri”. Infine, l’umano dubbio e la scintilla di saggezza: “Non so se il mio è un lavoro che farò per tutta la vita o se vorrò raccontare la mia vita per sempre”.