Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
L'urgenza di staccarsi dal cellulare
Non sempre è sufficiente il buonsenso nell'uso del telefonino e nel pubblicare post e foto. Troppe volte manchiamo di attenzione verso chi ci sta davanti agli occhi
Netiquette, termine che unisce la parola inglese net con quella francese etiquette, è l’insieme delle regole che disciplinano il comportamento e le relazioni delle persone su Internet.
Seguirla significa non solo evitare di essere persone maleducate ma anche evitare di cadere nell’illecito con scelte e comportamenti le cui ricadute sono ampliate in modo esponenziale dal web.
Il concetto di netiquette, come quello di galateo, si evolve continuamente e come nella vita on-life, i principi dell’educazione riguardanti la vita on-line sono improntati al rispetto di sé e degli altri.
La regola d’oro è come sempre non pubblicare/inviare agli altri ciò che non vorresti fosse pubblicato/inviato a te.
Ma il buon senso non sempre basta, specialmente se si pensa a quella mancanza di attenzione e rispetto sempre più spesso praticata chiamata phubbing.
Anche questa è una parola recente nata dalla fusione dei termini phone e snubbing e si riferisce allo snobbare il proprio interlocutore perché concentrati sullo smartphone, visto che il cellulare è l’oggetto onnipresente nelle nostre vite e che molti hanno l’abitudine di tenerlo fra le mani per interagirci continuamente.
E così il phubbing avviene a scapito di due funzioni umane essenziali che sono la funzione “penso” (quando ad esempio non sto facendo nient’altro) e la funzione “mi relaziono” (con chi è con me qui ed ora piuttosto che con chi/cosa è on-line).
La ricerca ne conferma le implicazioni negative per cui il phubbing comprometterebbe in maniera significativa la comunicazione e la relazione tra persone.
Esso, infatti, minaccia alcuni bisogni umani fondamentali come quello di essere visti, guardati, riconosciuti, rispettati, riducendo inoltre il senso di appartenenza e di significatività verso l’altro.
Il phubbing si avverte quando ancora non si vede.
Se chi ti dovrebbe ascoltare non ti sta guardando negli occhi ma anzi sta guardando altrove, il messaggio mal celato è “Ciò che mi stai dicendo, e forse tu stesso, non ha più importanza di quel che sto guardando qui”.
Se stai parlando e ogni squillo o notifica ti passa davanti, bypassato da un ipocrita “Scusa”, inizia a rispondere “Non ti scuso”.
Dopo le due spunte blu, visibili o invisibili che siano, chi ti rispetta scrive “Grazie, ho letto e ti rispondo entro stasera con la calma necessaria”.
Se il tuo nome non è scritto con la maiuscola, puoi offenderti.
Se il vocale è una predica che ti fa perdere tempo, taglia corto.
Se ci sono bambini piccolissimi che non vedono l’ora di avere il loro cellulare è perché i genitori li allattavano guardando lo smartphone.
Se i genitori non avessero risposto alle chiamate di lavoro durante il pranzo, o ai parenti invadenti, ora i figli non preferirebbero stare a casa da soli ma col wi-fi, piuttosto che in qualche bel posto.
La terapia alla patologia è semplice ed efficace: silenziare, oppure modalità aereo o, meglio ancora, spegnere.
Soprattutto sotto l’ombrellone o davanti alle nostre montagne.