Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Corsi senza professori, ma con l’Ia
Nel mese di settembre il nome del David Game College di Londra è rimbalzato nel media di tutti il mondo per l’originale scelta di aver affidato un corso di istruzione secondaria all’Intelligenza artificiale (Ia). “La prima classe senza professori”, “una scuola che rimpiazza i docenti con ChatGPT” hanno titolato le tesate online. In realtà si tratta di un progetto formativo sperimentale che coinvolge una ventina di studenti, basato su piattaforme adattive governate dall’Ia, che ha un costo di 27.000 sterline per ciascun iscritto. L’impianto didattico è estremamente interessante: tre ore di lezione al mattino che prevedono percorsi di apprendimento personalizzati dall’Ia, in base alle lacune di conoscenza individuali di ogni studente, e nel rimanente tempo della giornata workshop interattivi, attività formative e gite. L’apprendimento adattivo calibra il carico cognitivo in base alle capacità di ciascun discente, stimola la fiducia nelle proprie capacità, seleziona solo gli elementi utili a ciascun soggetto accelerando i progressi e liberando tempo utile. I docenti d’oltremanica hanno chiamato questo programma didattico “Sabrewing”, una specie di colibrì celebrata per agilità resilienza, adattabilità, indipendenza e senso dell’orientamento. Una chimera difficilmente riscontrabile nella didattica nostrana? Potremmo chiederlo, a fine anno, alle scuole salesiane del Nord Est che hanno consegnato a 950 docenti un modello avanzato di Intelligenza Artificiale oppure alle 15 scuole di Calabria, Lazio, Toscana e Lombardia che stanno sperimentando un biennio di integrazione dell’IAa su mandato ministeriale. Chi ha già avuto a che fare con questi progetti pilota (Perrotta e Selwyn, 2020) suggerisce l’adozione di un Ia specialist per ciascuna scuola, una figura intermedia che gestisca con proprietà gli algoritmi ma sappia anche mediare con docenti e studenti per evitare il rifiuto del carico tecnologico già sperimentato durante la pandemia.