Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Premierato: obiettivo stabilità
“L a madre di tutte le riforme? Certo che lo è. Potrà darci quella stabilità di governo che il nostro Paese non ha mai avuto”. Si dice pienamente d’accordo con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il senatore Alberto Balboni. Tocca proprio a lui, tra i fondatori di Fratelli d’Italia, fedelissimo della premier, in quanto presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, far compiere i primi passi in Parlamento al disegno di legge costituzionale che introduce l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, prevedendo dei meccanismi che rendono impossibili, o molto ardui, cambi di maggioranza o Governi tecnici (anche se il premier eletto potrà essere sostituito, ma solo una volta, “in corsa”).
L’esame del testo, infatti, passerà, in primo luogo, proprio per la Commissione presieduta da Balboni.
Senatore, questa riforma è davvero così importante?
Sì, il primo obiettivo è la stabilità di Governo, insieme al fatto di garantire il diritto che gli elettori hanno che il loro voto venga rispettato nel corso di tutta la legislatura, senza ribaltoni o cose del genere. Aggiungiamo il fatto che la stessa economia potrà trarre giovamento dalla stabilità. Chi investe, vuole sapere gli orientamenti politici dei prossimi anni, non dei prossimi mesi. E chi fa le leggi di bilancio, deve poter avere una prospettiva di legislatura, e non essere costretto a cercare un consenso immediato, come è stato fatto per esempio con i bonus.
Gli italiani saranno d’accordo?
I primi sondaggi affermano che il 57-58% degli italiani è favorevole all’elezione diretta del premier. Mi ha colpito quanto sosteneva qualche giorno fa il politologo Giovanni Orsina, secondo il quale la crescita dell’astensionismo è anche dovuta al fatto che il cittadino ha finora percepito che il suo voto non contasse nulla. I due grandi balzi della percentuale di astenuti li abbiamo avuti dopo il Governo Monti, più 5 per cento, e dopo il Governo Draghi, più 9 per cento.
Di sicuro la proposta non piace a gran parte dell’opposizione...
Partiamo da un presupposto: su eventuali migliori soluzioni tecniche, siamo aperti al dialogo, a partire dalla Commissione. Per esempio, sull’autonomia differenziata abbiamo appena approvato 80 emendamenti, in gran parte presentati dalla minoranza. Certo, devo fare presente che noi eravamo per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, sul modello del semi-presidenzialismo francese. E’ stata l’opposizione a chiederci di non toccare i poteri del Capo dello Stato. Quindi, ci siamo messi sulla strada del premierato. Questa soluzione, lo ricordo, era nel programma del Governo Prodi. Una proposta di questo tipo fu presentata dal senatore Cesare Salvi durante la Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema.
Alcuni critici fanno notare che si elegge direttamente un Presidente del Consiglio che conserva gli attuali poteri, senza averne di nuovi e più ampi. Come mai non avete toccato questo aspetto?
Su questo aspetto siamo sicuramente disponibili. Se la sinistra propone emendamenti ben fatti sui poteri del premier, perché non li dovremmo votare? Ma secondo lei, li presenteranno? Io non credo.
Solitamente, nei sistemi parlamentari il premier è “indicato”, non direttamente eletto. Come mai questa soluzione?
Come dicevo, una volta preso atto che non c’era convergenza sull’elezione diretta del presidente della Repubblica, non restava che l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Che facciamo, arretriamo ancora? Non mi pare che sia possibile.
Meloni vuole comandare, dice il Pd.
Se è per quello, noi in questo momento abbiamo una solida maggioranza e la prospettiva di un Governo di legislatura. Credo, invece, sia nell’interesse di tutti consolidare il bipolarismo, che ritengo sia la forma matura della democrazia.
Finora, in Italia, chi si è cimentato nelle riforme si è “rotto le ossa”. Meloni ha un bel coraggio, non crede?
Lei di coraggio ne ha avuto sempre da vendere. Siamo partiti con la sfida di Fratelli d’Italia 445 giorni prima delle elezioni, ci hanno preso per pazzi. Figuriamoci se ci spaventa un referendum.