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Primo maggio con san Giuseppe: "Il lavoro va difeso"

Alle celebrazioni ha presenziato il vescovo Michele Tomasi che si è unito alla comunità sandonatese per i festeggiamenti del santo patrono e dei cinquant'anni della parrocchia

06/05/2021

Partecipata celebrazione eucaristica, sabato 1° maggio, nella parrocchia di San Giuseppe Lavoratore a San Donà di Piave, in occasione della festa patronale.

“Tutto è avvenuto nel rispetto delle normative e del distanziamento sociale – ci tiene a precisare il parroco don Fabio Bertuola. Abbiamo predisposto numerose sedie sul sagrato della chiesa, che hanno così potuto accogliere ben più delle duecento persone che la chiesa può contenere”.

D’altronde una partecipazione così numerosa è comprensibile, perché si è trattato di un’occasione speciale: alla messa delle ore 10.30 era infatti presente vescovo Michele, venuto per manifestare la sua vicinanza alla comunità cristiana che festeggiava i primi cinquant’anni di erezione canonica della parrocchia, avvenuta appunto nel 1971. A tutto questo si è aggiunta la ricorrenza del primo maggio, con la presenza, in chiesa, delle presidenze Acli delle province di Treviso e di Venezia.

“La celebrazione è iniziata con una semplice processione dalla canonica alla chiesa – racconta il parroco -. Abbiamo invitato i sacerdoti nativi della parrocchia: don Alessandro Bellezza, don Silvio Caterino e don Maurizio De Pieri, che purtroppo non è però riuscito a partecipare. La messa è stata animata dal coro parrocchiale”.

Erano presenti numerosi sacerdoti della Collaborazione pastorale della città e padre Silvio Pranovi, che è stato anche parroco della comunità, in rappresentanza dei frati minori che hanno vissuto e guidato per tanti anni la parrocchia, fino all’arrivo nel 1994 di don Luciano Cervellin, primo parroco diocesano, poi prematuramente deceduto nel 2017.

“Dio ha bisogno di noi, e ciascuno di noi desidera, aspira ad avere un posto, che non è uno spazio da occupare, ma un luogo, una abitazione, un posto dove sentirsi a casa - ha affermato il Vescovo durante la sua omelia -. Ognuno di noi vuole essere ospitato nella vita, avere una casa, non sentirsi uno straniero. La parrocchia è questa casa per i cristiani di questa comunità parrocchiale, lo è da cinquant’anni di vita. Sono tanti, sono pochi? L’importante è che siano stati reale esperienza di vita comunitaria. La comunità cristiana non è un’agenzia educativa, ma presenza viva di un popolo in cammino, un posto buono per i cristiani che vi abitano e per coloro che bussano per entrarvi a farne parte, in unione solidale con tutti i cristiani nel mondo”.

Questo posto “ha a che fare con un lavoro - ha affermato ancora il Vescovo nella sua riflessione -. Il senso nella vita passa attraverso un lavoro, a cui dedicarsi con passione, lavoro come vocazione. Tutto ciò che fate, fatelo in nome di Gesù, con la consapevolezza di collaborare all’azione generatrice di Gesù. Non c’è un lavoro più importante di un altro, il lavoro è un’attività profonda della persona umana, dell’uomo e della donna, fatti e creati a immagini di Dio. Se il lavoro ha questa dimensione, ha questa dignità, allora questa dignità va protetta, va difesa, va promossa. Non esiste niente, né interessi economici, né scoperte tecnologiche, che possa essere più importante della dignità della persona che lavora!”.

Dopo la celebrazione eucaristica, il Vescovo ha avuto modo di benedire la statua di san Giuseppe presente nella chiesa parrocchiale, nella sua nuova collocazione, posizionata su un altarino e con un nuovo fondale. E cogliendo l’occasione che iniziava il mese di maggio, tradizionalmente dedicato a Maria, mons. Tomasi si è recato con il parroco presso una vicina edicola votiva, per benedire la statua della Madonna in essa contenuta.

“E’ stata un’iniziativa complessivamente ben riuscita – commenta in conclusione don Fabio -. Con gli incontri proposti nei giorni scorsi, abbiamo potuto cogliere di san Giuseppe sia l’aspetto della paternità, aiutati dalla riflessione di don Tiziano Rossetto, sia l’aspetto del lavoro, attraverso la catechesi tenuta dal Vescovo sulla dottrina sociale della Chiesa riguardo al lavoro, cioè come, da cristiani, si deve pensare e vivere il lavoro. Si percepiva un clima di festa della comunità per la propria esistenza da cinquant’anni e considerando che non si poteva fare molto di più, a causa delle limitazioni imposte dalla normativa per il contenimento del coronavirus, anche la partecipazione alla celebrazione eucaristica ha permesso di recuperare la dimensione più religiosa della festa patronale”. 

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