Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Restauro a San Nicolò per l'affresco di San Michele arcangelo
L’opera, risalente al 1348, è attribuita ad un artista minore vicino alla bottega di Tommaso da Modena. A sponsorizzare i lavori l’associazione non profit internazionale Round Table, che raggruppa giovani imprenditori con meno di 40 anni,
Hanno preso il via ufficialmente lo scorso 22 giugno i lavori per il restauro dell’affresco di san Michele Arcangelo che uccide il diavolo, all’interno della chiesa di san Nicolò. A sponsorizzare l’opera l’associazione non profit internazionale Round Table, che raggruppa giovani imprenditori con meno di 40 anni, con la comune passione per il servizio alla comunità a carattere filantropico.
L’associazione, come ha spiegato il suo presidente Giulio Marchesoni, ha potuto finanziare il restauro per mezzo di una raccolta fondi e delle donazioni di alcuni sponsor. Il dipinto riceverà nuova luce grazie all’operato della restauratrice Benedetta Lopez Bani, che nel prossimo mese e mezzo si adopererà per pulire l’opera dalla polvere e per far riemergere colori e dettagli scomparsi nel tempo, visto che l’ultima manutenzione risale al 1997. Rimarranno alcuni danneggiamenti storicizzati, come i graffi e le scritte sul corpo del diavolo, che venivano incisi dai fedeli alla fine delle messe. Don Paolo Barbisan ha presentato l’opera, risalente al 1348 e attribuita ad un artista minore vicino alla bottega di Tommaso da Modena. E’ stato commissionato dopo il lascito testamentario di una nobildonna trevigiana e rappresenta l’iconografia classica del bene che sconfigge il male.
Profondamente affascinante l’esecuzione, che si può inscrivere nella corrente del gotico internazionale, con uno stile elegante con abbondanza di finiture e particolari, come l’acconciatura dei capelli di san Michele, raccolti in ciocche e adornati da perle. Decorati con perizia e minuziosità di dettagli sono anche la corazza e il mantello dell’arcangelo. Interessante infine l’accenno di prospettiva empirica data dalla cornice che dà profondità e il movimento dei capelli che rende l’opera dinamica.
“Un’opera – ha concluso don Paolo – segno della nostra identità e delle nostre radici religiose, ma anche culturali; un cantiere che è qualcosa di importante per il patrimonio dei beni ecclesiastici di Treviso che hanno sempre bisogno di cura”. Il lavoro concluso sarà poi presentato al pubblico il prossimo settembre.