lunedì, 01 luglio 2024
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Migranti: a Treviso una veglia con Sant’Egidio per ricordare chi è morto in viaggio

Il vescovo Tomasi, nella sua omelia, commentando il brano del Vangelo della Tempesta sedata, ha fatto appello a tutte e tutti, intimando di ascoltare il grido di queste persone, e richiamando ognuno di noi alle proprie responsabilità: “Quel grido deve passare nelle nostre orecchie. Non è nel nostro potere sedare la tempesta, ma impedire che quella barca sia luogo di morte, questo sì. Ciascuno e ciascuna con la sua esperienza, con la sua responsabilità. Non possiamo tirarci indietro”

Chiesa gremita, nella parrocchia di San Martino, in centro città, per la messa di preghiera in suffragio dei migranti morti durante il loro viaggio di fuga dai Paesi di origine. Organizzata dalla comunità di Sant’Egidio in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, lo scorso 21 giugno, la veglia era presieduta dal vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi. Presenti anche don Mario Salviato, parroco di San Martino e del Duomo, e padre Fabio Traversari, pastore di Venezia della Chiesa valdese. Molti i rifugiati e richiedenti asilo presenti. Oltre a diversi ospiti della caserma Serena, c’erano anche tre famiglie di rifugiati arrivati sul nostro territorio grazie ai corridoi umanitari promossi dalla comunità di Sant’Egidio e accolti nelle comunità di Monigo, di Ponzano e della stessa San Martino. Drammatico e commovente il momento in cui sono stati letti i nomi, quelli che si conoscono, delle vittime dei viaggi finti in tragedia nell’ultimo anno, tra i quali l’ultimo, che è costato la vita a oltre sessanta persone, tra cui ventisei bambini, a largo delle nostre coste.

Il vescovo Tomasi, nella sua omelia, commentando il brano del Vangelo della Tempesta sedata, ha fatto appello a tutte e tutti, intimando di ascoltare il grido di queste persone, e richiamando ognuno di noi alle proprie responsabilità: “Quel grido deve passare nelle nostre orecchie. Non è nel nostro potere sedare la tempesta, ma impedire che quella barca sia luogo di morte, questo sì. Ciascuno e ciascuna con la sua esperienza, con la sua responsabilità. Non possiamo tirarci indietro. Non è un problema della tempesta, del mare, è un problema di giustizia, di oppressione dell’uomo sull’uomo, dell’indifferenza rispetto alla vita dei fratelli e delle sorelle: basta che non li conosciamo, basta che non disturbino. E’ un problema di giustizia, permettere, a chi non vuole scappare, di vivere serenamente nel luogo in cui è nato”. (Man.Ma.)

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