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Tre dipinti fanno ritorno nella chiesa di Selva del Montello

Emblemi di una fede sincera della popolazione e simboli di una memoria storica  verranno presentate sabato 9 giugno alle 21, nel corso di una serata a cui parteciperanno tutti coloro che hanno collaborato, in vari modi, al  restauro dei quadri che erano in custodia presso la Soprintendenza di Venezia, dopo il tornado che colpì la chiesa di Selva nel 1930.

Era il 24 luglio 1930 quando un violentissimo tornado colpì l’area montelliana provocando morte e distruzione. L’antica chiesa di Selva fu sventrata e sotto le macerie dell’edificio furono sepolte parecchie opere d’arte di notevole valore. Così, dopo questo terribile evento, la Soprintendenza di Venezia prese in custodia le opere, molte delle quali gravemente danneggiate.
“Nel corso degli anni buona parte di questi dipinti hanno fatto ritorno a Selva - ci confermano Maria Teresa Stefani e Remo Barbisan, a nome della parrocchia –, dato che si è sviluppato un positivo lavoro di collaborazione tra realtà locali, istituzioni e privati. Ora altri tre pregevoli dipinti, anche questi emblemi di una fede sincera della popolazione e simboli di una memoria storica che non deve andare dispersa ed essere dimenticata, rientrano a Selva, affidati in deposito dalle Gallerie dell’Accademia (sono di proprietà demaniale) e potranno essere ammirati in chiesa, perfettamente restaurati a cura della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Verona e delle Gallerie dell’Accademia”. Tutto questo è stato possibile specialmente grazie all’impegno appassionato, paziente e tenace della parrocchia, dell’associazione Selva Nostra, di istituzioni pubbliche e private.
“Si tratta di tele di gran pregio che – sottolineano Barbisan e Stefani - verranno presentate sabato 9 giugno alle 21, nel corso di una serata a cui parteciperanno tutti coloro che hanno collaborato, in vari modi, al certosino restauro dei quadri, al loro impegnativo trasporto, alla realizzazione di bellissime cornici decorate a foglia d’oro, fatte con maestria da un artigiano locale. Stiamo parlando della Decollazione di San Giovanni di Pietro Damini (1592-1631), un olio su tela di un 1 metro e 40  per 2 metri e 60 e dei Due profeti di Palma il Giovane (1544 circa – 1628) di 76 centimetri per 1 metro e 76”. Un quarto dipinto di Antonio Ricchi, raffigurante Sant’Agnese, anch’esso affidato in deposito alla parrocchia dalle Gallerie dell’Accademia, sarà invece restaurato a breve in loco.
L’edificio religioso, prima del ciclone  del 1930, annoverava un cospicuo patrimonio artistico per merito del parroco del tempo, don Giovanni Saccardo, che guidò la comunità cristiana di Selva per oltre 50 anni. Infatti il sacerdote, animato da una grande sensibilità artistico-culturale, rese la piccola chiesa del paese uno scrigno ricco di opere dei principali pittori della nota Scuola Veneta. Attingendo anche a risorse economiche della propria famiglia, acquisì dalle dismissioni del periodo napoleonico molte opere pittoriche e preziosi altari di marmo, dei quali è rimasto poco. Pertanto Selva non fu più soltanto una povera comunità contadina, perché ospitava nella sua chiesa una ricchezza di arte, cultura e bellezza di cui tutti potevano godere in egual misura. Anche oggi la chiesa è una sorta di piccola pinacoteca che ospita, oltre alle tele di Palma il Giovane, del Damini e del Ricchi, l’Icona trecentesca di Paolo Veneziano, la Crocifissione del Tintoretto (in restauro a Venezia), i sei grandi teleri con le storie di Mosè dei fratelli Guardi e di Francesco Fontebasso e la pala di Vincenzo Guarana, collocata sull’Altare Maggiore. Sono opere ritornate al loro originale splendore e che rappresentano un “segno” concreto della presenza di Dio fra i fedeli aiutandoli a ricordare che la chiesa è il luogo accogliente dove i cristiani si ritrovano per lodare il Signore, ascoltare la sua Parola, pregare, ricevere i doni dei Sacramenti.
“L’arte educa, sviluppa un senso di appartenenza, unisce le persone – ha evidenziato il parroco di Selva don Angelo Rossi - ed è al tempo stesso uno strumento del pensiero, un linguaggio universale, un modo di comunicare attraverso il tempo e tra le generazioni. Così come una società povera ha trovato nell’arte un aspetto di progresso e di elevazione, tanto più ora, in una società smarrita e secolarizzata, l’arte può servire a riappropriarci degli imprescindibili valori umani, etici e cristiani”.
 

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